L'esercito di Baku avanza. In Nagorno-Karabakh non si fermano gli scontri

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Di Debora Gandini
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L'esercito di Baku avanza. In Nagorno-Karabakh non si fermano gli scontri nonostante gli appelli della diplomazia. In campo ora anche gli USA per cercare di porre un freno alle violenze

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Gli sforzi della diplomazia da una parte e l’escalation di scontri dall’altra. In Nagorno-Karabakh la guerra non si ferma. Il ministro della Difesa azero ha negato l'accusa e accusando a sua volta le forze armene di aver preso di mira le regioni di Terter, Agdam e Agjabedi in Azerbaigian durante la notte.

Secondo le autorità dell’autoproclamata Repubblica del Caucaso i militari azeri avrebbero aperto il fuoco contro centri abitati e numerosi villaggi. Armenia e Azerbaigian si accusano a vicenda di aver violato il cessate il fuoco nel Nagorno-Karabakh. Secondo il presidente russo Vladimir Putin nelle ultime tre settimane i morti sarebbero saliti a quasi 5mila, una stima ben più alta rispetto a quella fornita dalle stime ufficiali che parlava di circa 1000 vittime.

Diplomazia e scontri

Intanto Mosca prosegue nei colloqui con le due parti per cercare di trovare una soluzione. Il Cremlino, in disaccordo con la Turchia, che appoggia l'Azerbaigian, ha chiesto agli Stati Uniti di "lavorare all'unisono" per porre fine al conflitto. Proprio a Washington, il Segretario di Stato, Mike Pompeo, venerdì scorso ha incontrato i ministri degli esteri dei due Paesi. Un cessate il fuoco era stato annunciato il 10 ottobre e poi di nuovo il 18 ottobre, ma gli attacchi sono continuati. E non si fermano. Un cessate il fuoco è stato annunciato il 10 ottobre e poi di nuovo il 18 ottobre, ma gli attacchi non si fermano.

Il territorio Nagorno-Karabakh si trova all'interno dello Stato dell'Azerbaigian ma è controllato dalla minoranza armena, sostenuta dall'Armenia, dal 1994. I nuovi combattimenti, iniziati lo scorso 27 settembre, segnano la ripresa peggiore delle ostilità dalla fine della guerra.

Russia

Il presidente russo Vladimir Putin giovedì dichiarava che stando alle informazioni in suo possesso il conflitto ha fatto in quasi quattro settimane di combattimenti 5.000 vittime, visti anche i trascorsi come presidente del gruppo di Minsk - istituito dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa- per mediare nel conflitto, Putin ha ribadito che Mosca è impegnata per negoziare una tregua duratura. Ha espresso la speranza che gli Stati Uniti lavorino in modo cooperativo per porre fine alle ostilità e mediare una soluzione politica.

Con una base militare in Armenia e un patto di sicurezza che obbliga Mosca a proteggere il suo alleato, Mosca è coinvolta in quello che è un delicato gioco d'equilibrio, cerca infatti di mantenere buoni rapporti con l'Azerbaigian evitando la resa dei conti con la Turchia.

Turchia

La Turchia sostiene invece l'Azerbaigian, che resta un alleato di lunga data `` e sul campo di battaglia e sul tavolo dei negoziati. Sul campo ha aiutato Baku addestrando l'esercito azero e fornendo droni d'attacco e sistemi missilistici a lungo raggio dando così un forte vantaggio sul campo di battaglia.

Non è tutto, funzionari armeni affermano che la Turchia è più che coinvolta nel conflitto e sta inviando mercenari siriani a combattere dalla parte dell'Azerbaigian. La Turchia nega questa circostanza ma attivisti dell'opposizione con sede in Siria l'hanno confermata: la Turchia sta inviando centinaia di combattenti dell'opposizione siriana a combattere in Nagorno-Karabakh.

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