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Iran, come il regime cerca di sfruttare la guerra con Israele a suo favore

Una donna con un'immagine della Guida Suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei
Una donna con un'immagine della Guida Suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei Diritti d'autore  Vahid Salemi/Copyright 2025 The AP. All rights reserved
Diritti d'autore Vahid Salemi/Copyright 2025 The AP. All rights reserved
Di Euronews
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Con la guerra tra Iran e Israele entra nella seconda settimana, ci si chiede se il regime la riuscirà a sfruttare per consolidare il proprio potere o se, al contrario, indebolirà le autorità a vantaggio delle opposizioni

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La leadership dell'Iran spera di sfruttare il conflitto con Israele come un'opportunità. L'obiettivo delle autorità di Teheran è di rafforzare la retorica nazionalista e mantenere così il potere. Il susseguirsi dei fatti dimostra però che questa guerra può rappresentare un'arma a doppio taglio: da un lato può portare a una mobilitazione popolare; dall'altro rivela una fragilità interna.

L'attacco da parte di Tel Aviv, dunque, si rivelerà più probabilmente uno strumento utile per indebolire l'opposizione, o sarà invece l'attuale governo a pagarne il prezzo?

Un regime coeso di fronte a un'opposizione frammentata

Non è la prima volta che le autorità iraniane affrontano tensioni. Negli ultimi anni la prova più dura dopo l'omicidio della giovane Mahsa Amini, avvenuto nel settembre 2022 mentre era sotto la custodia della "polizia morale". L'incidente ha portato a una delle più grandi ondate di proteste dalla Rivoluzione islamica del 1979, che ha coinvolto ampi segmenti sociali, tra cui donne, studenti e sindacalisti, e si è diffusa in varie province iraniane, comprese le aree più remote.

Nonostante la dura repressione con cui le autorità hanno affrontato il movimento, che hanno provocato centinaia di morti e migliaia di detenuti, secondo le organizzazioni internazionali che difendono i diritti umani, il regime ha dimostrato di saper contenere l'ondata, approfittando della frammentazione dell'opposizione e della sua incapacità di formare un'alternativa politica coerente.

L'elezione di Pazhakshian: una scelta eterodossa per l'Iran

L'elezione di Masoud Pazhkashian a presidente nel giugno 2025 ha rappresentato una relativa sorpresa all'interno degli equilibri iraniani: si tratta infatti di un esponente politico che non appartiene alla ristretta cerchia dei conservatori fedeli alla Guida suprema. Pazhkashian è un medico riformista di origine azero-curda, noto per le sue posizioni critiche durante il suo mandato parlamentare, che si è presentato anche come un elemento utile per assorbire parte del risentimento popolare, o almeno presentare un volto più flessibile da parte delle autorità, sia nei confronti degli iraniani che degli interlocutori esteri. Senza al contempo compromettere il nucleo del potere nelle mani delle Guardie rivoluzionarie.

Tuttavia, il margine di manovra di Pazhakshian rimane limitato alla luce della complessa struttura di potere, nella quale istituzioni non elette, in particolare il Consiglio dei Guardiani e le Guardie Rivoluzionarie, controllano le vere articolazioni dello Stato.

Problemi economici in Iran, il peso delle sanzioni

Le sanzioni occidentali, soprattutto quelle statunitensi, hanno esercitato una forte pressione sull'economia iraniana da quando Washington si è ritirata dall'accordo nucleare nel 2018. Gli iraniani soffrono di alti tassi di disoccupazione e inflazione, del crollo del valore della moneta locale e del declino dei servizi sanitari e scolastici, soprattutto nelle regioni più remote.

La situazione è peggiorata con l'intensificarsi del confronto militare con Israele, che accresce le prospettive di una più profonda recessione economica, mentre il valore della moneta ha perso il 15 per cento in sole due settimane, secondo quanto riportato da centri economici indipendenti.

La presa del Corpo delle guardie della rivoluzione su un Paese multietnico

Il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica svolge un ruolo centrale nella vita politica, economica e militare del Paese, ma è anche diventato uno strumento di repressione fondamentale per il regime per controllare l'interno, soprattutto nelle aree a maggioranza curda o beluci, che sono teatro di continue tensioni.

Organizzazioni internazionali per i diritti umani come Human Rights Watch e Amnesty International hanno criticato i metodi utilizzati dalle Guardie della rivoluzione per reprimere le proteste, citando l'uso di munizioni vere, torture e arresti arbitrari, in un Paese che già soffre di divisioni sociali ed etniche che minacciano la sua unità interna in ogni potenziale vuoto politico.

L'identità nazionale, ovvero come trasformare le minacce esterne in una leva di coesione interna

Parallelamente alle pressioni interne e alle crescenti sfide alla sicurezza, il regime iraniano scommette sulla mobilitazione popolare basata su un'idea di identità nazionale particolarmente radicata nella mentalità persiana, soprattutto in contesti di guerra o di pressioni internazionali.

Di recente le autorità hanno spiegato che "qualsiasi percezione di un popolo iraniano che si arrende o accetta una pace imposta rappresenta un'illusione e una fantasia". E che al contrario la popolazione "continuerà a difendere le proprie convinzioni e la propria identità nazionale sotto la guida della Guida suprema".

L'Iran vede le posizioni del presidente degli Stati Uniti sul Medio Oriente un esempio di incomprensione della solidità dell'interno iraniano, così come dello status dell'autorità religiosa. Per questo le parole di Donald Trump sono state giudicate prive di razionalità e lungimiranza.

Tale linguaggio fa parte di una strategia ideologica che cerca di trasformare le minacce esterne in una leva di coesione interna, soprattutto alla luce dell'ampia diversità nazionale ed etnica che rappresenta una sfida permanente rispetto alla centralizzazione del potere a Teheran.

La guerra con Israele è un test interno per l'Iran

Nonostante l'attenzione del regime sul fronte esterno, nelle ultime settimane si è agito anche sul territorio iraniano. Secondo quanto riferito dai mezzi d'informazione governativi, le autorità hanno annunciato lo smantellamento di reti di "agenti" di Israele e degli Stati Uniti, compresi gruppi attivi a Teheran, Shiraz e Isfahan.

È interessante notare come queste presenze siano state possibili nonostante gli sforzi dell'Iran, il che pone seri interrogativi sulla capacità dei servizi di sicurezza di controllare il territorio, nonché sulla portata della penetrazione dell'intelligence israeliana, soprattutto dopo l'assassinio di figure di alto livello all'interno dell'Iran negli ultimi anni.

La guerra in corso con Israele non rappresenta dunque solo un confronto militare esterno, ma un test interno per il regime iraniano in un momento critico della sua storia. Mentre il regime cerca di esportare un'immagine di fermezza e unità, le sfide come le crisi economiche, le divisioni sociali e le violazioni della sicurezza minacciano la sua coesione dall'interno.

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