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Consiglio europeo: l'incognita dei 27 leader sugli accordi delle nomine

António Costa e Ursula von der Leyen
António Costa e Ursula von der Leyen Diritti d'autore European Union.
Diritti d'autore European Union.
Di Jorge Liboreiro
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

Il vertice di due giorni a Bruxelles si concentrerà sulle principali nomine e cariche dell'Ue, sull'agenda strategica per i prossimi cinque anni, sul sostegno militare all'Ucraina e sulla guerra tra Israele e Hamas

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I 27 leader dell'Unione europea si riuniranno giovedì e venerdì per il Consiglio europeo durante il quale dovranno decidere le nomine più importanti per i prossimi cinque anni.

I nomi sul tavolo sono ormai noti: Ursula von der Leyen come presidente della Commissione europea, António Costa come presidente del Consiglio europeo e Kaja Kallas come Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

Il trio è stato messo insieme sulla base delle comprovate credenziali politiche sul palcoscenico europeo ma anche per la mancanza di alternative credibili.

Dopo un tentativo fallito la scorsa settimana, i sei negoziatori dei principali partiti centristi, il polacco Donald Tusk, il greco Kyriakos Mitsotakis, il tedesco Olaf Scholz, lo spagnolo Pedro Sánchez, il francese Emmanuel Macron e l'olandese Mark Rutte, hanno discusso all'inizio della settimana e hanno riconfermato la possibilità dei tre.

In particolare il Partito Popolare Europeo (Ppe) di centro-destra, vincitore delle elezioni, ha rinunciato a chiedere che uno dei suoi membri sostituisse Costa nel Consiglio europeo dopo il mandato di due anni e mezzo. Questa richiesta ha irritato i socialisti, che hanno puntato proprio sull''ex primo ministro portoghese nonostante i problemi giudiziari.

Ciò significa che il Ppe manterrà il controllo della Commissione e i socialisti prenderanno le redini del Consiglio. Nel frattempo l'Alto rappresentante andrà ai liberali di Renew Europe, che hanno registrato ingenti perdite alle elezioni.

Per la Kallas l'incarico è una rivincita dopo essere stata messa da parte per diventare il prossimo segretario generale della Nato a causa della sua posizione nei confronti della Russia. Lo stesso motivo era stato inizialmente invocato contro la sua possibile candidatura ad Alto Rappresentante ma le preoccupazioni sono gradualmente scomparse. La geografia l'ha in qualche modo aiutata: i leader dei Paesi dell'Europa dell'est hanno insistito sul fatto che una delle tre posizioni dovesse andare a uno di loro, facendo della Kallas la candidata ideale.

L'accordo deve però essere approvato dai 27 così come un'agenda strategica che definisca le principali priorità per il prossimo mandato. Se dovessero essere nominate, von der Leyen e Kallas dovranno sottoporsi a un'audizione pubblica e a un voto di conferma al Parlamento europeo.

La posizione di Giorgia Meloni

La decisione sui vertici viene presa a maggioranza qualificata, ovvero da 20 Stati membri che rappresentino almeno il 65 per cento della popolazione del blocco. In questo caso Ppe, socialisti e liberali, che occupano la maggior parte dei seggi in Consiglio.

Uno dei voti chiave sarà senza dubbio quello di Giorgia Meloni.

La premier italiana, co-fondatrice del gruppo di destra dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), è stata esclusa dai colloqui tra i tre partiti centristi. Mitsotakis avrebbe avuto il compito di informare la Meloni sull'esito della riunione congiunta ma, secondo il quotidiano La Stampa, non avrebbe mai risposto al telefono.

La premier italiana Giorgia Meloni
La premier italiana Giorgia Meloni Unione europea, 2024

"Nessun autentico democratico che creda nella sovranità popolare può in cuor suo ritenere accettabile che in Europa si tentasse di trattare sugli incarichi di vertice ancora prima che si andasse alle urne", ha dichiarato mercoledì Meloni alla Camera.

La bozza di accordo, ha detto, scavalca la logica del consenso perché non include quelli della parte politica opposta e quelli delle nazioni considerate troppo piccole per essere degne di sedersi ai tavoli che contano.

Anche il ceco Petr Fiala, altro membro di Ecr, e l'ungherese Viktor Orbán, non appartenente ad alcun gruppo, hanno espresso il loro malcontento e sollecitato una maggiore coinvolgimento nei negoziati. Orbán si oppone a von der Leyen, che ha parzialmente congelato i fondi per la ripresa e la coesione del Paese in risposta al suo continuo regresso democratico, ma non ha obiezioni nei confronti di Costa e Kallas.

L'agenda del Consiglio europeo

Diplomatici e funzionari riconoscono la necessità di una discussione adeguata tra tutti i leader per evitare l'impressione di un accordo preconfezionato. L'aspettativa è che venga raggiunto uno giovedì, mentre il presidente francese Macron è ansioso di tornare in Francia per riprendere la campagna elettorale in vista del primo turno delle elezioni legislative anticipate di domenica, da lui stesso indette dopo la sconfitta del suo partito alle elezioni europee.

"Vogliamo avere un vicepresidente nella Commissione europea. Un commissario forte che promuova buone politiche a favore dell'industria e dell'agricoltura", ha dichiarato il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani.

Meloni potrebbe utilizzare l'incontro di giovedì per presentare le sue richieste a von der Leyen su base bilaterale.

Oltre alle cariche più importanti il vertice di due giorni affronterà altre questioni in agenda, come il sostegno militare all'Ucraina, la situazione in Georgia e la guerra tra Israele e Hamas, con particolare attenzione al Libano.

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Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky farà una breve apparizione di persona al Consiglio per firmare gli impegni di sicurezza tra l'Ue e l'Ucraina.

Il vertice segnerà l'ultimo intervento di Mark Rutte dopo 14 anni ininterrotti come primo ministro olandese prima della sua nuova carica da segretario generale della Nato.

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