In Europa si diffonde terapia priva di fondamento scientifico per "invertire" aborto farmacologico

Il farmaco abortivo RU-486 fotografato nel 2010 negli Stati Uniti: la prima pillola è mifepristone, la seconda è misoprostol
Il farmaco abortivo RU-486 fotografato nel 2010 negli Stati Uniti: la prima pillola è mifepristone, la seconda è misoprostol Diritti d'autore Charlie Neibergall/AP2010
Di Lillo Montalto MonellaSandrine Amiel, Lauren Chadwick
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Prescrizioni per una terapia "senza fondamento scientifico" spacciata come antidoto all'aborto farmacologico: ecco come l'ultradestra cattolica americana si serve di medici europei per promuovere un trattamento pericoloso.

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Ci sono medici in Europa, Italia inclusa, che prescrivono una terapia controversa, ritenuta pericolosa dagli esperti e priva di fondamento scientifico, spacciata come antidoto all'aborto.

Lo denuncia OpenDemocracy, una piattaforma mediatica globale, che ha condotto un'inchiesta in quattro continenti e diversi Paesi europei tra i quali appunto Italia, Lituania, Romania, Portogallo, Spagna, Regno Unito, Belgio, Croazia, Germania ed Ucraina.

Al centro dell'inchiesta c'è il cosiddetto trattamento di "inversione dell'aborto farmacologico" effettuato con la pillola abortiva. Un trattamento che, denuncia OpenDemocracy, si sta rapidamente diffondendo sotto traccia, all'insaputa delle autorità di regolamentazione sanitaria.

Si tratta di una terapia ormonale a base di progesterone ritenuta efficace da un gruppo dell'ultradestra cristiana americana chiamato Heartbeat international. Heartbeat gestisce un call center in grado di mettere in comunicazione donne di tutto il mondo con medici disposti a prescrivere la cosiddetta “inversione” della RU486, la pillola abortiva.

Il problema, come scrive l'associazione professionale dei medici specializzati in ostetricia e ginecologia negli Stati Uniti, è che il trattamento "non è supportato dalla scienza e non soddisfa gli standard clinici".

Dello stesso avviso è la dottoressa Elsa Viora, presidente dell'Associazione Ostetrici Ginecologici Ospedalieri Italiani e membro del direttivo della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia: "Se ci atteniamo ai dati scientifici, non ci sono dati che facciano pensare che la terapia col progesterone possa cambiare il decorso clinico dopo l’assunzione del farmaco RU-486", dice Viora ad Euronews.

Uno studio su questa terapia ormonale del 2019 è stato interrotto negli Stati Uniti dopo che un quarto dei pazienti ha sperimentato gravi emorragie.

Come funziona l'aborto farmacologico con la pillola RU486

Le donne che vogliono effettuare un'interruzione di gravidanza possono optare per due metodi sicuri ed efficaci: quello farmacologico, con la pillola RU486, e quello chirurgico, a seconda della situazione personale.

Il primo è disponibile in Italia dal 2009 e può essere utilizzato nelle prime settimane di gravidanza, mentre l’aspirazione viene eseguita generalmente dopo la 7° settimana

La procedura con RU486, che si può effettuare in Italia ora anche senza ricovero obbligatorio e fino alla nona settimana, comporta l'assunzione di due pillole fino a 48 ore di distanza.

La prima, il mifepristone, blocca l'ormone progesterone che gioca un ruolo importante nella gravidanza. La seconda, misoprostol, provoca crampi, sanguinamento e serve a svuotare l'utero. È un metodo che si è dimostrato efficace nel 94-98% dei casi.

Cosa sostengono gli attivisti anti-abortisti

Gli attivisti anti-abortisti sostengono che è possibile "invertire" la procedura di aborto farmacologico dopo aver preso la prima pillola grazie all'assunzione di massicce dosi di progesterone.

Heartbeat International afferma di poter mettere in contatto quelle donne "che hanno preso la prima dose della pillola abortiva [ma che ci hanno ripensato] con una rete di professionisti medici addestrati a somministrare il protocollo di inversione della pillola abortiva".

Gli attivisti dell'ultradestra cristiana americana dicono di aver aiutato oltre 2mila donne, e che la percentuale di successo si attesta al 64-68%.

Si tratta di un metodo utilizzato per la prima volta da tale George Delgado in uno studio con sei donne, quattro delle quali hanno portato a termine la gravidanza.

Delgado figura come "medical advisor" della hotline Abortion Pill Rescue ma, come scrivono Daily Beast e The Guardian, per anni ha millantato false affiliazioni a prestigiose scuole mediche e non ha alcuna certificazione per operare nel settore medico pubblico. La sua unica affiliazione ospedaliera è con la sua clinica privata, dal nome evocativo: Culture of Life Family Services.

Euronews ha contattato la Onlus Pro Vita & Famiglia che a gennaio ha pubblicato un articolo insistendo sulla "speranza che il bambino si possa salvare grazie alla procedura di inversione dell'aborto farmacologico".

Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia, dice a Euronews che "se possiamo pubblicizzare [questo metodo], lo facciamo. Si discute tanto di autodeterminazione, ma non se ne parla quasi per nulla. Così non si dà alle donne la possibilità di scegliere fino in fondo. Penso che bisogna avere il diritto di conoscere questa possibilità".

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Circa i forti dubbi sulla validità scientifica del trattamento, Ruiu risponde che "il ginecologo che vorrà farlo, dovrebbe poterla prescrivere avendo in mano tutta la cartella clinica della paziente, così come fa quando prescrive la pillola anticoncezionale o abortiva.

Francesca Romana Poleggi, direttore editoriale della rivista legata alla Onlus, conferma a Euronews che questa pratica "arriva dall'America, dove hanno una discreta percentuale di successo".

"Suppongo che se una si recasse al policlinico Gemelli, dove tutti sono obiettori di coscienza, e dicesse di essersi pentita, potrebbe ricevere [questa terapia]".

Poleggi sostiene che sia necessario consultare non solo le associazioni di categoria (ginecologi) favorevoli all'aborto, ma anche quelle anti-abortiste. "Bisogna sentire tutte le campane, leggere tutti gli studi. Quando si parla di aborto, la scienza è molto ideologica e la medicina è accecata dall'ideologia".

Abbiamo scritto al Gemelli, struttura privata cattolica, ma non abbiamo ottenuto risposta al momento di scrivere.

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I problemi del trattamento con il progesterone

La professoressa Lesley Regan, a capo del dipartimento di ostetricia e ginecologia dell'Imperial College di Londra, indica ad Euronews che "vengono fornite false informazioni alle donne".

Il trattamento non solo "non è efficace, ma presenta un alto rischio di emorragie anormali, con conseguenti pericoli e problemi. Non è una questione di legalità", continua la dottoressa. "Il progesterone è disponibile su prescrizione. Se viene prescritto da un medico, non si può impedire la somministrazione perché di per sé non è un farmaco pericoloso. Tuttavia, usato in questo contesto, non è efficace e quindi andrebbe scoraggiato".

Mitchell D Creinin, a capo dell'équipe di ricerca americana che si è occupata dello studio, fa un paragone con le paure che circondano il vaccino AstraZeneca dopo i pochi casi di trombosi emersi in Europa - senza alcun legame causa-effetto dimostrato scientificamente con il vaccino. "Questo trattamento ha una valutazione di sicurezza ed efficacia addirittura minore, ma viene spacciato come grandioso. Una cosa senza senso".

Melissa Upreti, relatrice speciale per il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite contro la discriminazione delle donne, si è detta preoccupata: "la vita delle donne è messa in pericolo da disinformazione e pratiche dannose".

"L’interruzione della gravidanza è sempre una scelta dolorosa per la donna. Si tratta di una decisione che va discussa prima – la legge prevede la possibilità di indicare soluzioni che possano aiutare a superare le difficoltà del momento – ma, una volta che è stata presa, diventa difficile pensare di cambiare improvvisamente decisione", continua la dottoressa Elsa Viora. "In Italia non abbiamo riscontrato l'utilizzo di questa 'terapia'. Ognuno di noi conosce racconti aneddotici di donne che, dopo l’assunzione della prima compressa, hanno cambiato idea. Gli esiti sono vari, ma non abbiamo dati nazionali che indichino quante persone ci abbiano ripensato".

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Il modulo fornito dal call center ultracattolico

In alcuni paesi, tra cui il Regno Unito, il call center americano è stato promosso da gruppi antiabortisti sui social media.

In Canada la hotline viene pubblicizzata alle fermate degli autobus.

Heartbeat International conta su una rete globale di "centri gravidanza di crisi" che possono indirizzare le donne verso questo trattamento.

Chiamando il call center, si viene assistiti da un'infermiera. Alle donne viene richiesto di firmare un modulo di consenso e, successivamente, vengono messe in contatto con dei medici locali per la prescrizione.

Euronews ha potuto visionare la liberatoria. La paziente accetta formalmente di ricevere il trattamento e si impegna a non ritenere Heartbeat International responsabile in sede legale di qualsivoglia esito nefasto. Sul modulo si legge che la paziente deve cercare "immediatamente cure mediche d'emergenza" in caso di "forti emorragie, svenimenti, forti dolori addominali".

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L'indagine openDemocracy sotto copertura

Le giornaliste di openDemocracy si sono finte donne in gravidanza che già avevano iniziato le procedure di aborto farmacologico. Dopo la chiamata con il call center, sono state messe in contatto con medici di base di diversi Paesi europei disposti a prescrivere il farmaco.

La reporter che si è occupata dell'Italia ha ricevuto da un ginecologo italiano una mail con i nomi e le istruzioni per il dosaggio. Le veniva suggerito di ricorrere alla prescrizione online da parte di un medico di famiglia.

In Spagna, la giornalista ha ricevuto via posta elettronica la prescrizione da un medico locale che le ha assicurato che il farmaco non aveva rischi, e che le avrebbe fatto "molto bene". Una situazione che si è ripetuta anche in Romania e Portogallo.

In Croazia, Belgio e Germania, infermiere americane hanno inviato per email le istruzioni da portare in un ospedale per ottenere una prescrizione.

Nel Regno Unito, il medico contattato da openDemocracy ha affermato che almeno 100 donne avrebbero provato il trattamento.

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Una pratica nuova in Europa che va regolamentata

L'aborto è un diritto per tutte le donne europee ma non a Malta, dove è illegale.

In Polonia, il diritto all'interruzione di gravidanza è stato fortemente limitato di recente. Una sentenza della Corte Costituzionale lo ha reso illegale anche in case di grave deterioramento del feto. Una decisione che ha fatto scendere per le strade milioni di cittadini in protesta.

I sostenitori dei diritti delle donne chiedono ai governi di approfondire le indagini e regolamentare questa pratica.

"È fondamentale che i governi facciano di più per regolare e limitare la diffusione di tali iniziative", afferma Mina Barling, direttrice affari esterni della International Planned Parenthood Federation (IPPF).

Un esperto statunitense ha fatto notare che la pratica sia ancora nuova in molti Paesi europei, il che significa che governi e organi di regolamentazione medica non hanno ancora messo in atto misure di salvaguardia adeguate.

La deputata britannica Munira Wilson, portavoce liberaldemocratica, ha definito la terapia con il progesterone "assolutamente inaccettabile" quanto usata in questo contesto. "Le autorità di regolamentazione devono indagare con urgenza e porre fine a questa pratica dannosa".

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