Sembra ribaltarsi la corsa alle presidenziali negli Stati Uniti. Sondaggi e media premiano Kamala Harris. La campagna repubblicana parla di infatuazione che finirà. Rimane che Trump non ha ancora le contromosse nè un nomignolo per Harris
Mancano 82 giorni alle elezioni presidenziali che decideranno il nuovo presidente statunitense e la corsa per Donald Trump si fa sempre più complicata.
I sondaggi indicano che la vicepresidente e candidata per i democratici Kamala Harris è in vantaggio sul tycoon, principalmente perché viene considerata più “onesta”, “disciplinata” e “impegnata per la democrazia”, secondo un sondaggio condotto dall'Associated Press con il Centro per la ricerca sugli affari pubblici (Norc).
Harris sarebbe in testa in sette Stati chiave per l’elezione. L’unico dove Trump mantiene ancora un vantaggio sarebbe il Nevada e anche lì si sarebbe assottigliato, mentre poche settimane fa era nettamente avanti a Biden in tutti questi Stati.
Le difficoltà di Donald Trump e dei repubblicani
Da quando il presidente Joe Biden ha deciso di ritirare la sua candidatura e lasciare il posto a Harris, Trump non è riuscito ad adattare la sua strategia alla nuova concorrenza. Il repubblicano era sempre stato un passo avanti a Biden, sia dal punto di vista dei sondaggi che nella strategia comunicativa, a maggior ragione dopo il disastroso confronto televisivo di giugno.
In attesa che anche Harris e Trump si “affrontino” sul piccolo schermo il 10 settembre, il repubblicano si trova a rincorrere nei sondaggi, soprattutto perché aveva basato la sua campagna contro un avversario totalmente diverso dalla vicepresidente.
Lo testimonia il fatto che non abbia ancora trovato un soprannome efficace per Harris, come invece aveva fatto con Biden definendolo Crooked o Sleepy Joe. Il nomignolo “Laughing Kamala”, riferito al fatto che la vicepresidente ride spesso, non ha avuto la stessa efficacia.
Finora Trump ha attaccato l’avversaria soprattutto sulle idee politiche. “Harris è una radicale di San Francisco, è più a sinistra di Bernie Sanders: sarà peggio di Biden”, ha detto recentemente il candidato repubblicano in un’intervista su X a Elon Musk.
L’altro elemento è l’età anagrafica. Joe Biden è quattro anni più vecchio di Donald Trump, mentre Kamala Harris è più giovane di 18 anni. E adesso è il tycoon il più anziano candidato alla Casa Bianca di sempre, un’altra carta a sua favore bruciata dal ritiro del Presidente statunitense.
I temi forti di Trump e i punti deboli di Harris
Di sicuro Trump ha dei temi che gli permettono di mantenersi su una linea di galleggiamento in attesa di trovare le contromosse comunicative per la marea Harris. I suoi argomenti forti sono l’economia e l’immigrazione, ma anche qui il divario si sta assottigliando. "Gli altri paesi prendono tutti i loro cattivi, tutte le persone non produttive e li mandano nel nostro Paese. Se vincono (i democratici) arriveranno 50-60 milioni di persone da tutto il mondo. Siamo travolti già oggi. Con me avremo la maggiore deportazione della nostra storia”, ha detto Trump sempre a Elon Musk.
Dall’altro lato, anche Kamala Harris ha le sue difficoltà. La vicepresidente porta il peso delle difficoltà comunicative del suo presidente, che non le ha di certo lasciato un compito facile. Dal punto di vista mediatico, Harris non ha ancora rilasciato un’intervista e il primo vero esame della sua corsa sarà proprio il dibattito televisivo del 10 settembre.
Copertura mediatica che intanto arriverà la prossima settimana. Dal 19 al 22 agosto infatti ci sarà la convention del partito democratico a Chicago, dove Kamala Harris e il suo vice e governatore del Minnesota Tim Walz saranno i protagonisti indiscussi. All’incontro saranno presenti anche Joe Biden, gli ex presidenti Barack Obama e Bill Clinton e l'ex candidata alla presidenza Hillary Clinton.