Covid: viaggio in una terapia intensiva della regione più colpita di Francia

Covid: viaggio in una terapia intensiva della regione più colpita di Francia
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Di Guillaume Petit
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Abbiamo visitato il reparto dove arrivano i casi più gravi di un ospedale lionese. Molti pazienti sono già stati trasferiti in altre regioni, per evitare il collasso

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Sempre più pazienti e sempre meno letti disponibili. In due mesi, Laurent Argaud, responsabile del reparto di terapia intensiva dell'ospedale Edouard Herriot di Lione ha visto peggiorare la situazione. Nella regione, più del 90% dei letti di terapia intensiva sono ora occupati, per lo più da pazienti Covid.

Questa seconda ondata sta colpendo più duramente della prima. Per evitare la saturazione, gli ospedali non hanno altra scelta che trasferire i pazienti.

"Temiamo di arrivare al punto da essere costretti a scegliere i pazienti, in base a età o situazione fisica, cosa che sicuramente non vogliamo fare", racconta ai nostri microfoni Argaud. "I trasferimenti dei pazienti sono una soluzione, per soddisfare l'aumento della richiesta di letti in terapia intensiva. Ci permette di prenderci cura dei nuovi pazienti".

Ma questi trasferimenti rimangono difficili per le famiglie. "C'è un aspetto che a volte rende la decisione un po' più facile: ai parenti non sarebbe comunque permesso visitare i pazienti", prosegue il medico. "Ma anche se non vengono in ospedale, sono abituati a parlare con i medici al telefono, quindi è ancora molto destabilizzante per le famiglie".

Il lockdown "light" alla francese non aiuta

Per evitare trasferimenti, Anne-Claire Lukaszewicz, responsabile del reparto di terapia intensiva chirurgica, si occupa di trovare i letti in altri reparti della struttura. Ma negli ultimi giorni questa missione si è rivelata complicata. "Durante il primo lockdown, che era più severo, c'erano meno pazienti non Covid che venivano al pronto soccorso", spiega. "Ma questo nuovo confinamento è meno severo, quindi ci sono ancora incidenti. E' molto difficile soddisfare le richieste, sia per il Covid-19 che per gli altri pazienti".

Gli ospedali si rivolgono anche al personale di altre strutture sanitarie private, dove la domanda è inferiore. Molti di loro non hanno mai o quasi mai lavorato in unità di terapia intensiva. Quest'infermiera, che vuole restare anonima, lavorava nell'esercito, ad esempio: "Mancano il personale e i letti. E oggi siamo ancora più consapevoli dell'impatto dei tagli dei posti letto, che va avanti da anni qui. Formare troppo rapidamente gli operatori sanitari può avere molteplici conseguenze: sullo stato psicologico degli infermieri, ma anche sui pazienti. Si suppone che ricevano un'assistenza uguale e di alta qualità, ma a volte, purtroppo, non è così".

Il numero di nuovi casi nella regione continua a crescere, il che significa che la situazione peggiorerà tra un paio di settimane. La regione dell'Alvernia Rodano Alpi, che conta 8 milioni di abitanti, è la più colpita del Paese. Ed è ancora troppo presto per vedere l'impatto delle nuove misure, attuate a metà ottobre. Dato che questo nuovo lockdown è meno rigoroso del primo, avrà lo stesso impatto per rallentare il numero di pazienti che arrivano in ospedale?

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