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"Sono ottimista, sconfiggeremo il virus", lo afferma il virologo Palù

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Diritti d'autore Il Professor Giorgio Palù
Di Paolo Alberto Valenti
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Intervista al Professor Giorgio Palù, Past President della Società Europea di Virologia, sulla gestazione dei vaccini e la loro messa in opera

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Il virologo di Padova Giorgio Palù, Past President della Società Europea di Virologia, ha evidenziato la capacità del vaccino di indurre una adeguata risposta immunitaria, con la produzione di anticorpi neutralizzanti in grado di contrastare il coronavirus. Si tratta di dati positivi che spiegano come il vaccino possa funzionare, commenta Palù, professore emerito dell'Università di Padova. 

È bene però ricordare che se anche questo vaccino fosse disponibile per novembre, "da noi non verrebbe comunque somministrato su larga scala, cioè a tutti. Sarà infatti dato prima ai soggetti più a rischio, come medici e infermieri, in via sperimentale, come fatto con il vaccino per Ebola".

Sempre più armi contro il coronavirus

"Il virus sarà sconfitto sia da un vaccino che da un farmaco perché anche per i vaccini notiamo che nel mondo ce ne sono ormai 150, 160 di progetti di vaccini - di cui 35 sono già andati in fase clinica - ma ci sono già milioni di molecole che vengono testate contro SarsCov-2 e abbiamo già evidenze di lavori pubblicati e potremo avere nuovi farmaci specifici attivi che potranno funzionare. Come per farmaci anche per i vaccini bisognerà prima passare dalla sperimentazione sull'animale poi servirà una fase clinica e quindi non saranno subito disponibili": prosegue Palù.

Le forze armate cinesi sono già state vaccinate

Ma i russi hanno dichiarato che inizieranno le vaccinazioni da ottobre, hanno battuto tutti col loro vaccino?

"Non solo i russi, gli americani, la compagnia Moderna di Boston, sei settimane dopo che era stata pubblicata la prima sequenza del genoma del virus, aveva già allestito un vaccino e questo vaccino è già stato sperimentato sull'uomo, le forze armate cinesi sono già state vaccinate con un vaccino sperimentale. La gente deve sapere che questi vaccini verranno usati solo su base sperimentale come è stato adoperato il vaccino per Ebola in Africa Occidentale, nella Repubblica democratica del Congo. Sono vaccini che non hanno ancora superato tutte le fasi cliniche. La fase 3 va fatta su decine di migliaia di soggetti e oggi questa è iniziata per due vaccini nei paesi dove l'endemia è maggiore, cioè dove il virus si sta diffondendo di più quindi il Sud-america".

La dinamica dei vaccini e delle terapie

"Qui non è tanto il fatto di arrivare primi, perché già si è arrivati sull'uomo, molto rapidamente mai in precedenza si era verificata questa accelerazione per un vaccino ma adesso bisogna vedere quale di questi vaccini funzionino e quanto durerà l'immunità indotta da questi vaccini, se ci sarà bisogno di una combinazione di vaccini e non sappiamo neanche se ci sarà bisogno di anticorpi e se ci sarà bisogno di una risposta cellulo-mediata".

Professore allora avremo un vaccino analogo a quello dell'influenza stagionale che ogni anno deve essere rinnovato?

"Questo virus muta dalle 5 alle 10 volte meno del virus dell'influenza e del virus dell' Hiv quindi è più stabile. È possibile che un vaccino sia in grado di avere una copertura di tipo universale, per questo motivo, ma non lo sappiamo ancora, sappiamo che questo virus sta mutando a un tasso meno veloce del virus dell'influenza e dell' Hiv però non abbiamo evidenza di quanto forte sia l'immunizzazione garantita dal vaccino e bisognerà poi confrontarla con i virus verificando anche in tutti e due gli emisferi del mondo. All'inizio il virus si è diffuso da est ad ovest ma adesso si diffonde da nord a sud e quindi bisognerà provarlo più avanti anche contro i nuovi virus emergenti".

Da virologo si sente ottimista sulla sconfitta del virus?

"Un virus così che è diventato pandemico, il primo coronavirus pandemico, che è un virus a diffusione aerea e quindi simile al virus dell'influenza, ai coronavirus del raffreddore che ogni anno ci si presentano con stagionalità, ebbene penso che questo virus che ha una mortalità molto più bassa dei coronavirus della Sars e della Mers (la Mers aveva una mortalità del 35, 36 % la Sars del 10% e si sono estinti anche per questo) quindi il Sars-CoV-2 ha tutto l'interesse a permanere a lungo con la specie umana, essendo pandemico avendo una mortalità relativamente bassa ma ben più alta di quella dell'influenza, e quindi, certo, dovremo convivere con questo virus e anche lui ha interesse a non uccidere l'ospite come tutti i virus che sono parassiti obbligati. Quindi questo fattore più il fatto che avremo presto farmaci o vaccini mi fa essere ottimista".

Che risposta si è dato, come virologo, al fatto che la grande fiammata del contagio ci sia stata in Lombardia e non in altre zone del territorio nazionale?

"In quel momento l'Italia del nord era la più colpita, si è acceso in Lombardia e contemporaneamente in Veneto ma la Lombardia a differenza del Veneto ha una realtà antropologica diversa, una costituzione di tipo metropolitano con grandi centri urbani mentre il Veneto ha una popolazione più diffusa con piccole città, piccoli insediamenti campestri e villaggi, quindi in Lombardia si poteva diffondere di più ma soprattutto la Lombardia ha ricoverato quasi tutti i casi positivi facendoli passare per il pronto soccorso quindi si era dimenticata la lezione che ci aveva dato la Sars-CoV-1 del 2002 cioè che questo è un virus Superspreader che si diffonde soprattutto in terreno nosocomiale. In Lombardia sono state ricoverate troppe persone, gli ospedali sono diventati centri di diffusione epidemica perché si sono contaminati medici e infermieri, non c'era la disponibilità di respiratori ma neanche di mascherine, nella prima fase, quindi c'è stato un focolaio immenso in Lombardia dove sono stati sottovalutati i rischi dell'epidemia che è stata trattata dal punto di vista clinico (in Lombardia la sanità è molto privatizzata) ed è anche valutata una sanità di eccellenza per la sua prontezza di risposta clinica, questo approccio di tipo clinico, assistenziale non era l'approccio da utilizzare.

La salvezza del Veneto

"Il Veneto ha utilizzato un altro approccio che è stato quello di public health perché ha dei presidi territoriali diffusi sul territorio, i medici di medicina generale; così molti dei pazienti sono stati tenuti a casa in isolamento, non hanno intasato né pronto soccorsi né gli ospedali. Da noi e in Veneto la Regione ha subito predisposto non solo i pronto soccorsi ad hoc con tendopoli, ha subito smobilitato il primo focolaio che era nell'Ospedale di Schiavonia, ha chiuso l'ospedale nel giro di 48 ore, ha attivato delle degenze covid specifiche con pronto soccorsi covid con ospedali covid mentre la Lombardia, che ha commesso qualche errore, è stata colpita di più ma va detto che è anche il Nord produttivo che ha rapporti con la Cina visto che molte delle realtà industriali lombardo-venete sono dislocate in Cina, quindi lì ci sono stati i contatti mentre il centro sud del Paese è stato salvaguardato da minor contatti e poi quando si è imposto il lockdown per fortuna lo si è imposto su tutto il territorio nazionale salvaguardando in misura maggiore quelle regioni che erano meno colpite"

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