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Referendum lavoro e cittadinanza, il quorum non c'è: affluenza al 30,6 per cento

In un seggio elettorale a Roma vengono consegnate le schede per votare i referendum sulla cittadinanza e sulle tutele dei lavoratori (Cecilia Fabiano/LaPresse via AP)
In un seggio elettorale a Roma vengono consegnate le schede per votare i referendum sulla cittadinanza e sulle tutele dei lavoratori (Cecilia Fabiano/LaPresse via AP) Diritti d'autore  AP Photo
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Di Euronews
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Il quorum non è stato raggiunto per nessuno dei cinque quesiti su cittadinanza e lavoro. Chiusi i seggi alle 15 in tutta Italia, l'affluenza ferma al 30,6 per cento

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I cinque quesiti su lavoro e cittadinanza non hanno raggiunto il quorum del 50 per cento necessario per sancire la validità del referendum.

Il dato sull'affluenza, sulla base dei dati relativi a tutte le 61.591 sezioni in Italia è di 30,60 per cento.

Alla chiusura dei seggi alle 15 di lunedì 9 giugno, ha preso il via lo spoglio sia per le cinque schede referendarie che per le elezioni amministrative: diversi Comuni sono andati al ballottaggio mentre sette al primo turno in Sardegna.

Per i referendum sul lavoro avanti il "Sì", intorno all'85 per cento su tutti e quattro i quesiti. Sì in vantaggio anche per il quesito numero 5 sulla cittadinanza, al 60 per cento. Nel particolare: 86,67 per cento per il primo quesito, 84,88 per il secondo, 86,70 per il terzo, 85,17 e 63,69 rispettivamente per gli ultimi due quesiti.

A prescindere dall'esito, i referendum abrogativi non avranno effetto: come condizione necessaria vi è il fatto che debba votare almeno il 50 per cento + 1 degli aventi diritto (quorum).

Il dettaglio dei cinque quesiti referendari

Quesito n. 1 - Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione

Stampato su scheda verde chiaro, il primo quesito riguardava il cosiddetto Jobs Act e chiede di votare l’abrogazione o meno la parte della legge che contiene la disciplina sui licenziamenti previsti dal contratto a tutele crescenti, introdotto nel 2015 e già oggetto di varie sentenze e interpretazioni della magistratura.

Se avesse vinto il "Sì" si sarebbe permesso il reintegro del lavoratore licenziato illegittimamente, che a causa della cancellazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori oggi non ne ha diritto.

Con il "No" questa parte del Jobs Act rimane invariata e il reintegro del dipendente in azienda può avvenire solo quando c'è stato un licenziamento discriminatorio, per ragioni legate a idee politiche o religiose, durante la maternità o il congedo matrimoniale o viene intimato solo verbalmente, oppure per licenziamento disciplinare ingiustificato. Negli altri casi resta valido l'indennizzo economico.

Quesito n. 2 - Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale

Stampato su scheda arancione, il secondo quesito riguardava l'indennità di licenziamento illegittimo dei dipendenti nelle piccole imprese, che attualmente non può superare le sei mensilità.

Se avesse vinto il "Sì", il limite sarebbe stato rimosso e il risarcimento sarebbe potuto essere più consistente. Con il "No" resta l'indennità di massimo sei mesi.

Quesito n. 3 - Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi

Stampato su scheda grigia, il terzo quesito riguardava ancora il Jobs Act del 2015, ma in questo caso tratta i contratti a tempo determinato, modificati poi dal governo Conte e successivamente dall'attuale governo Meloni con il decreto del Lavoro. Si propone di reintrodurre l’obbligo di indicare il motivo per cui si intende utilizzare tale contratto e non uno più lungo, anche per i contratti di lavoro inferiori a 12 mesi, per garantire una maggiore tutela ai lavoratori precari.

Se avesse vinto il "Sì" si sarebbe reintrodotta la causale per i contratti di lavoro sotto i 12 mesi. Con il "No" la normativa rimane quella vigente, che esclude per i rinnovi e per le proroghe l'esigenza delle causali per i contratti fino a 12 mesi e ha introdotto nuove causali per i contratti tra i 12 e i 24 mesi, tra cui quella per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti in assenza della previsione contrattuale, che è possibile stipulare fino a fine anno.

Quesito n. 4 - Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione

Stampato su scheda rosso rubino, il quarto quesito riguardava il cosiddetto Testo unico del 2008 e intende ampliare la responsabilità dell’azienda che commissiona un appalto, che attualmente riguarda solo i rischi generici, per includere gli infortuni legati specificamente al tipo di lavoro svolto. alle morti nei cantieri edili.

Il referendum puntava all'abrogazione della norma che esclude la responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni e incidenti di questo tipo. Se avesse vinto il "Sì" sarebbe passata la responsabilità di tutti per infortuni e incidenti del lavoratore. Con il "No" le responsabilità del committente restano limitate.

Quesito n. 5 - Cittadinanza italiana – Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana

Stampato su scheda gialla, il quinto e ultimo quesito riguardava l'ottenimento della cittadinanza italiana agli stranieri. Propone di dimezzare il periodo di residenza legale in Italia, fissato dall'art.9 della legge 91 del 1992, dopo il quale un cittadino extra-Ue ha diritto di presentare richiesta di cittadinanza italiana.

Se avesse vinto il "Sì" il periodo di residenza richiesto sarebbe passato da 10 a 5 anni. Con il "No" resta il requisito minimo attuale.

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