Il quesito propone di dimezzare da dieci a cinque anni la residenza necessaria per richiedere la cittadinanza italiana. A Euronews le ragioni del "Sì" e del "No"
Tra i cinque referendum abrogativi su cui gli italiani sono chiamati a esprimersi l’8 e il 9 giugno figura anche quello relativo alla cittadinanza, che propone di ridurre da dieci a cinque anni il periodo minimo di residenza regolare per poterla richiedere.
Euronews ha intervistato Riccardo Magi, segretario di +Europa, tra i promotori e sostenitori del referendum, e Maria Chiara Fazio, vicepresidente di Noi Moderati parte della maggioranza di governo, contraria.
Come si acquisisce la cittadinanza italiana
Prima delle ragioni a confronto è d'obbligo fare un passo indietro normativo per capire come si acquisisce la cittadinanza in Italia.
Lo status è regolato dalla legge n. 91 del 1992, che ne stabilisce le modalità e i requisiti per l’acquisizione. Per gli stranieri il principale canale è la naturalizzazione, che può avvenire dopo un periodo di dieci anni di residenza legale e continuativa nel Paese.
Oltre al requisito della durata della residenza, la legge prevede che il richiedente dimostri di essere integrato nella società, possieda un reddito minimo, non abbia precedenti penali e conosca adeguatamente la lingua italiana.
La cittadinanza può essere acquisita anche per matrimonio con un cittadino italiano, con tempi ridotti (due anni di residenza in Italia o tre se si risiede all'estero, con riduzioni se la coppia ha figli), oppure per jure sanguinis, ossia per nascita da genitori italiani.
Diversamente da altri Paesi, in Italia nascere sul territorio nazionale da genitori stranieri, lo ius soli, non garantisce automaticamente la cittadinanza: il minore può richiederla solo al compimento del diciottesimo anno di età, a condizione che abbia vissuto legalmente e senza interruzioni in Italia fin dalla nascita.
La legge ha creato una zona grigia per centinaia di migliaia di persone nate in Italia da genitori stranieri - o arrivate nel Paese da piccole - che dopo anni hanno ancora ottenuto la cittadinanza.
+Europa: “Sì per una legge più giusta”
Secondo il segretario di +Europa Riccardo Magi, il referendum rappresenta una spinta per modificare una normativa risalente al 1992 che definisce “vecchia e ingiusta” e che è ancora in piedi perché governi e parlamenti che si sono succeduti negli ultimi anni non hanno avuto la volontà politica di cambiare.
La proposta referendaria è ragionevole, sostiene Magi, perché riduce solo il requisito temporale di residenza - da dieci a cinque anni - lasciando invariati gli altri requisiti: reddito minimo, regolarità del soggiorno, assenza di precedenti penali, conoscenza della lingua italiana.
Magi sottolinea che l'attuale legge costringe “centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi nati o cresciuti in Italia a vivere da stranieri in quello che è anche il loro Paese”. La modifica avrebbe effetti positivi indiretti su molti di questi minori nati o residenti in Italia, a cui verrebbe trasmessa la cittadinanza da almeno un genitore neoitaliano.
L'ex segretario nazionale dei Radicali Italiani contesta anche l’idea che la cittadinanza debba essere basata sull'etnia o sul luogo di nascita. “Chi è radicato, lavora, paga le tasse, studia, deve avere la possibilità di votare e partecipare ai concorsi pubblici. Questa è l’idea liberale di cittadinanza". L’alternativa, sottolinea, è un’idea etnica, escludente.
“Dire Sì al referendum significa scegliere che tipo di Paese e di democrazia vogliamo essere”, conclude Magi, che invita a ritirare tutte le schede referendarie e a votare anche gli altri quesiti, sostenendo quelli su appalti e sicurezza sul lavoro. Sugli altri tre quesiti, invece, +Europa auspica un intervento parlamentare per evitare effetti controproducenti.
Il No di Noi Moderati: la cittadinanza richiede approfondimento
Di opinione completamente diversa Noi Moderati, che ha annunciato il proprio orientamento sui cinque quesiti referendari: sarà un “no” convinto, spiega a Euronews Maria Chiara Fazio, vicepresidente del partito.
"La cittadinanza è il legame più profondo tra lo Stato e l’individuo", sottolinea Fazio. "Non può essere oggetto di una semplificazione referendaria: è un tema che richiede approfondimento, ascolto reciproco e un confronto parlamentare serio".
Fazio difende l’impianto della legge attuale, in vigore da oltre trent'anni, sostenendo che il termine decennale sia "giusto e congruo". Riconosce tuttavia la necessità di intervenire su alcuni aspetti burocratici che, a suo avviso, lasciano molti richiedenti in un limbo.
"Ma un problema amministrativo non si risolve modificando una norma sostanziale: sarebbe come cambiare la sostanza per correggere la forma", spiega la politica.
Secondo Fazio il referendum rischia inoltre di diventare uno strumento "strumentale e ideologico", capace di generare vuoti normativi su temi "troppo importanti e complessi" per essere sottratti al confronto parlamentare. Il ricorso al modello comparatistico europeo, spesso citato da chi sostiene la riforma, non terrebbe conto delle differenze nei flussi migratori tra Italia, Francia e Germania.
Infine, Fazio lascia aperta la porta a un dibattito parlamentare sullo ius scholae: "Se un bambino studia in Italia, cresce in Italia, ha un progetto di vita qui, perché non ragionarci insieme? Ma il luogo adatto per farlo è il Parlamento, non un referendum".
La posizione degli altri partiti politici sulla cittadinanza italiana
Tra i partiti del centrodestra, nessuna forza ha espresso sostegno al quesito sulla cittadinanza. Il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia hanno scelto la via dell’astensione sul tema, dichiarando la loro contrarietà alla proposta di riforma della cittadinanza.
All'opposizione, i partiti del centrosinistra e alcune forze centriste si sono dichiarati favorevoli alla riforma, sebbene con posizioni divergenti sui quesiti referendari a tema lavoro.
Alleanza Verdi-Sinistra, Partito Democratico e Italia Viva sono favorevoli a cambiare la legge sulla cittadinanza, mentre Il Movimento 5 Stelle lascerà libertà di voto. Tuttavia, il presidente del partito Giuseppe Conte ha dichiarato pubblicamente che voterà "sì" al quesito. Azione, pur esprimendo critiche sull'utilizzo dello strumento referendario, ha annunciato di essere favorevole.
I referendum abrogativi dell'8 e 9 giugno
L’8 e il 9 giugno si terranno cinque referendum abrogativi: quattro propongono l’eliminazione – totale o parziale – di alcune norme sul lavoro.
Il referendum di tipo abrogativo, previsto dall’articolo 75 della Costituzione italiana, è uno strumento di democrazia diretta che consente ai cittadini di chiedere la cancellazione totale o parziale di una legge esistente.
Come condizione necessaria vi è il fatto che debba votare almeno il 50 per cento + 1 degli aventi diritto (quorum).
Se vince il Sì (cioè la maggioranza dei votanti si esprime per l’abrogazione della norma), le conseguenze giuridiche sono vincolanti e la parte di legge oggetto del quesito devo essere cancellata.
Se non si raggiunge il quorum, o se vince il No, la legge resta in vigore così com’è. Il tema può comunque tornare all’attenzione del Parlamento.