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Dodici Stati Ue: "Acceleriamo sull'adesione di Ucraina e Moldova prima della presidenza di turno ungherese"

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la sua omologa moldava Maia Sandu
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la sua omologa moldava Maia Sandu Diritti d'autore Dario Pignatelli
Diritti d'autore Dario Pignatelli
Di Mared Gwyn JonesJorge Liboreiro
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

I dodici governi in questione sperano che si possano avviare le procedure di adesione prima che cominci il periodo di presidenza ungherese del Consiglio europeo, che potrebbe lasciare tutto in sospeso per sei mesi

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I ministri di dodici Paesi membri hanno chiesto un'accelerazione nelle procedure per l'adesione all'Unione di Ucraina e Moldova. L'idea è di avviare il processo entro la fine di giugno, prima cioè che il governo ungherese di Viktor Orbán assuma la presidenza semestrale di turno del Consiglio europeo. In una lettera indirizzata al ministro degli Esteri belga Hadja Lahbib, il cui governo è l'attuale presidente di turno, i ministri hanno spiegato che accelerare il processo di adesione di Kiev e Chișinău "rafforzerebbe il morale e promuoverebbe il lavoro sulle riforme in questi Paesi".

Secondo fonti diplomatiche, l'iniziativa - i cui contorni sono stati illustrati da Euroactiv - è stata guidata dalla Repubblica Ceca. La lettera è stata poi firmata anche dai ministri degli Esteri o degli Affari europei di Svezia, Estonia, Finlandia, Portogallo, Lettonia, Polonia, Lituania, Germania, Slovenia, Romania e Slovacchia. Inoltre, pur non figurando nell'elenco, la Francia si è impegnata a "fare tutto il possibile" per "organizzare la prima conferenza intergovernativa entro la fine del mese", secondo una fonte dell'Eliseo.

Le dodici capitali vogliono che gli Stati membri adottino i quadri negoziali - ovvero la road map per i colloqui di adesione - e che diano così il via ai negoziati, convocando le prime conferenze con entrambi i Paesi entro, appunto, la fine del mese. Entrambi i passaggi richiedono il via libera unanime di tutti i 27 Stati membri dell'UE, ma secondo i fonti diplomatiche, proprio l'Ungheria si starebbe opponendo.

Per Ucraina e Moldova la necessità di operare profonde riforme

Un ok di principio ai colloqui di adesione con l'Ucraina e la Moldova era però arrivato nello scorso mese di dicembre: in quell'occasione l'Ungheria si era astenuta. Ma il primo ministro Orbán si è sempre opposto a un rapido avanzamento dell'adesione dell'Ucraina, motivando la propria posizione con le preoccupazioni per i livelli di corruzione nel Paese e la mancanza di misure per proteggere i diritti della minoranza ungherese nella regione di confine della Transcarpazia.

I Paesi che aspirano ad entrare nell'Ue devono in effetti attuare una serie di riforme, tra cui alcune giudiziarie, costituzionali ed economiche, prima di poter essere considerati sufficientemente allineati con il diritto europeo. Il processo è notoriamente lungo e, in media, ha richiesto circa un decennio ai Paesi che hanno chiesto di aderire. L'apertura dei negoziati è dunque solo una delle tappe di una lunga serie di passi, che richiedono tutti il sostegno unanime degli attuali membri dell'Ue.

Poiché il governo di Orbán assumerà la presidenza del Consiglio dell'Ue a partire da luglio - conferendogli il potere di stabilire l'ordine del giorno e di presiedere le riunioni - i ministri temono che le procedure possano arenarsi nel semestre ungherese. Il tutto in un contesto in cui crescono le tensioni nei confronti del governo di Budapest, che continua a porre il veto su decisioni-chiave in materia di aiuti militari a Kiev.

È tempo di andare avanti

I dodici ministri insistono però sul fatto che, visti i "risultati raggiunti e gli sforzi di riforma in corso sia in Ucraina che in Moldavia", è ora "di andare avanti. Per portare avanti un processo di allargamento credibile, l'UE dovrebbe fornire benefici tangibili alle popolazioni dei rispettivi Paesi", si legge nella lettera, in cui si fa riferimento al concetto di integrazione graduale alle politiche e ai programmi dell'UE prima di concedere ai Paesi candidati l'adesione a pieno titolo.

Il concetto è sostenuto in una proposta congiunta franco-tedesca presentata nello scorso settembre, in cui l'energia, il mercato unico e la sicurezza vengono indicati come potenziali aree politiche in cui i Paesi candidati potrebbero essere integrati prima di diventare membri dell'UE. I leader comunitari, come il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel, hanno spinto per un'accelerazione del processo di adesione, invitando l'UE stessa ad adoperarsi in questo senso, e a prepararsi all'allargamento entro la fine di questo decennio.

Il nodo dell'impatto economico dell'ingresso dell'Ucraina

Michel ha già descritto l'allargamento come un imperativo geopolitico, affermando che l'Ue deve diventare più grande o rischia di trovarsi di fronte a una "nuova cortina di ferro" lungo il suo fianco orientale. Ma i critici, Orbán in testa, hanno avvertito che l'eventuale ingresso dell'Ucraina - Paese colpito dalla guerra il cui Pil pro capite è tre volte inferiore a quello della Bulgaria, la più piccola economia dell'Ue - destabilizzerebbe l'Unione e significherebbe che molti Paesi dell'Ue, oggi beneficiari netti, diventerebbero contribuenti netti.

Gli esperti stimanoche la potenziale adesione dell'Ucraina all'UE potrebbe avere un impatto tra i 110 e i 136 miliardi di euro sul bilancio settennale europeo: qualcosa come 0,1/0,13 per cento del prodotto interno lordo dell'Unione.

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