Euronews ha parlato con i siriani delle loro esperienze di ritorno in patria dopo anni da rifugiati e dei fattori che li hanno spinti a partire. Alcuni erano entusiasti di restare, mentre altri erano diffidenti sul futuro del Paese.
"È un periodo incredibile, non ho mai sperimentato la stessa libertà, la libertà di parola", ha dichiarato Osama Mufdi, scuotendo la testa incredulo.
L'imprenditore siriano ha parlato con Euronews dal suo nuovissimo ufficio a Damasco, città da cui è stato costretto a fuggire poco più di dieci anni fa.
Ora è uno del milione e più di siriani che è tornato nel Paese dopo la caduta del dittatore Bashar al-Assad, dopo quasi 14 anni di guerra civile.
Quasi 7 milioni di siriani hanno lasciato il Paese dal 2011. La maggior parte si è diretta verso i Paesi limitrofi, ma oltre 1 milione è andato in Europa.
Ora, con le nuove autorità che governano da Damasco sotto il presidente ad interim Ahmed al-Sharaa, molti stanno valutando se tornare.
Il ritorno in Siria "un sogno"
Alla fine del 2024, la Siria sembrava essere caduta in una situazione di stallo, con un mosaico di milizie che controllavano parte del Paese e il presidente Bashar al-Assad - successore del padre Hafez nel 2000 - che manteneva il controllo sulla capitale e su circa il 70 per cento del territorio della Siria.
"Avevamo raggiunto un punto di rassegnazione. Sentivamo che il regime siriano non sarebbe mai caduto, che avevamo perso per sempre", racconta Mufdi scuotendo la testa.
All'epoca l'imprenditore viveva a Liverpool, nel Regno Unito, e non vedeva l'ora di tornare nel suo Paese. Tutto è sembrato cambiare l'8 dicembre 2024 quando, dopo un'offensiva guidata da una milizia islamista chiamata Hayat Tahrir al-Sham ha rovesciato gli al-Assad .
Mufdi è riuscito a prenotare un volo per tornare in Siria ed è rientrato a Damasco pochi giorni dopo la caduta del regime.
Non è stato l'unico. Kefah Ali Deeb è un'attivista per i diritti umani, artista e scrittrice siriana che è stata imprigionata più volte dal regime durante la rivoluzione. Come Mufdi, è fuggita dalla Siria nel 2014, finendo a Berlino.
"Dopo la caduta di al-Assad, ho prenotato un biglietto e sono tornata subito indietro. Ho pensato: posso tornare indietro e non mi tratterranno al confine", ha detto Deeb a Euroenews. "Sono rimasta una settimana a Damasco. Per me è stato come un sogno".
Will Todman, capo del personale del Dipartimento di geopolitica e politica estera del Centro di studi strategici e internazionali, è tornato di recente dalla Siria.
Todman ha raccontato a Euronews di avere incontrato altre persone come Mufdi e Ali Deeb, persone oggi con doppia cittadinanza e con i mezzi economici per recarsi inizialmente in Siria alla caduta del regime.
"Sono tornati per valutare la situazione. Ho parlato con alcuni che hanno deciso di investire in nuove attività e di trasferire le loro famiglie in Siria. Tuttavia, la maggior parte di loro mantiene la capacità di andarsene se la situazione dovesse peggiorare", spiega Todman.
Mentre Mufdi si è trasferito definitivamente in Siria per aprire un'associazione di beneficenza e nuovi progetti commerciali, Ali Deeb è tornata presto in Germania, dove è rimasta.
Avrebbe voluto tornare a viverci ma, ha detto a Euronews, "è diventato molto complicato per me", con un bambino piccolo. Anche il marito siriano era reticente all'idea di tornare. "Mi ha detto di rallentare. Vediamo come vanno le cose. Come sarà la situazione? Ora è tutto caotico", ricorda la donna.
Siria: infrastrutture distrutte e società in conflitto
Gran parte della Siria è stata distrutta. Più di un terzo degli ospedali del Paese è fuori uso, mentre milioni di bambini non possono accedere all'istruzione.
Inoltre, centinaia di migliaia di case sono state ridotte in macerie. La Banca Mondiale stima che la sola riparazione dei danni fisici costerà oltre 90 miliardi di euro. Anni di sanzioni internazionali e corruzione interna poi hanno lasciato le finanze siriane a pezzi.
Sono fattori che impediscono a molti siriani di trasferirsi, ha dichiarato a Euronews Mohamad Harastani che ha contribuito alla creazione di una ong che sostiene i siriani che rientrano nel Paese, chiamata Syria Meets Europe.
"Un medico che ora lavora in un ospedale in Germania, se chiudesse tutto e tornasse in Siria, dove lavorerebbe? Quanto sarà pagato? Dove metterà i suoi figli?", chiede Harastani.
Todman aggiunge che spesso questa sensazione è reciproca. "Molti siriani con cui ho parlato hanno detto che non vogliono che molti rifugiati tornino, perché i servizi pubblici sono già sovraccarichi e gli alloggi sono insufficienti", spiega l'esperto.
Non è solo una questione di soldi. Ali Deeb, l'attivista e scrittrice riparata a Berlino, era anche preoccupata di quanto sarebbe stata libera come donna, scrittrice e attivista.
Il passato jihadista sunnita di molti membri delle nuove autorità ha causato un allarme diffuso, per le donne e per le minoranze. Pur essendo laica, Deeb è originaria della minoranza alawita, una propaggine dell'Islam sciita da cui proviene anche la famiglia al-Assad.
Deeb ha ricordato le violenze scoppiate nel marzo di quest'anno nei quartieri alawiti della provincia costiera di Latakia, dove è nata. I gruppi alawiti sostengono che le forze affiliate al governo hanno compiuto attacchi mirati contro di loro.
Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede nel Regno Unito, sono stati uccisi oltre 1600 civili in quegli scontri.
A luglio, scontri analoghi sono scoppiati nella provincia meridionale di Suweyda, dove la maggioranza della popolazione appartiene alla minoranza drusa, un'altra propaggine sciita. Sono state segnalate 1200 vittime.
Il presidente ad interim al-Sharaa ha promesso di chiedere conto a chiunque abbia colpito civili in entrambi i casi, ma il suo impegno è stato accolto con scetticismo dai leader alawiti e drusi. Euronews ha contattato le autorità siriane per un commento senza ricevere riscontro.
Il risorgere di scontri etnici in Siria hanno scioccato molti, inclusa Ali Deeb che non si dice però sorpresa. "È molto difficile che un dittatore come Bashar Al-Assad, con tutte le ramificazioni che aveva il regime, cada senza sangue".
In effetti questi ultimi episodi di violenza settaria hanno influenzato la demografia di coloro che tornano. "Le minoranze sono nervose per il ritorno, e quando il nuovo governo ha preso il potere, c'è stato un grande flusso di alawiti verso il Libano", spiega ancora Todman.
"Non si può lasciare il Paese in eredità a qualcun altro"
Anche molti siriani in Europa stanno trovando poca consolazione nella loro nuova vita, mentre i Paesi Ue irrigidiscono le loro posizioni sulla migrazione e sullo status di rifugiato.
All'inizio di quest'anno il governo di Copenaghen, guidato dai socialdemocratici, ha iniziato a offrire ai siriani fino a 27mila euro per tornare in Siria. La Danimarca è stata anche il primo Paese dell'UE a dichiarare "sicure" alcune parti della Siria dopo la caduta di al-Assad, provocando un ripensamento a livello europeo sullo status di rifugiato dei siriani.
Anche il governo laburista del Regno Unito ha recentemente modificato la politica sui rifugiati a lungo termine, consentendo di revocare la protezione internazionale una volta che i Paesi sono considerati sicuri.
Anche la Germania, che ha accolto oltre 1 milione di siriani durante la guerra, ha irrigidito la sua posizione. All'inizio di questo mese, il cancelliere Friedrich Merz ha dichiarato che per i siriani "non ci sono più motivi per chiedere asilo in Germania, e quindi possiamo anche iniziare con i rimpatri".
Tornato a Damasco, Mufdi è sembrato ottimista e si è concentrato sui fattori di attrazione di un Paese che, a suo dire, offre opportunità a chi torna indietro.
Con l'abolizione delle sanzioni e il rilancio delle relazioni diplomatiche di Damasco con Usa e Ue, Mufdi ha detto di essere al lavoro per restaurare le proprietà immobiliari per quello che spera sia un mercato globale in crescita.
L'imprenditore ha sottolineato l'apertura delle autorità nei confronti di coloro che tornano e che vogliono avviare un'attività. "Si ha accesso diretto a qualsiasi ministro. Si bussa alla porta e si entra. Basta dire ciò che si vuole discutere e si ottiene ciò che si vuole da loro", dice Mufdi.
Sebbene abbia mantenuto forti legami con il Regno Unito, l'imprenditore non si guarda indietro e ha incoraggiato altri rifugiati siriani a fare come lui.
"Penso che tutti debbano tornare quando possono. Si stanno perdendo tante cose, si stanno perdendo la ricostruzione del Paese", conclude, "non si può lasciare il Paese a qualcun altro".