Lavoro forzato, profitti mai così alti: 218 miliardi di euro all'anno

Presentazione del rapporto 2024 "Profitti e povertà: l'economia del lavoro forzato"
Presentazione del rapporto 2024 "Profitti e povertà: l'economia del lavoro forzato" Diritti d'autore UNTV vía EBU
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Di Ilaria Cicinelli
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Preoccupano i dati emersi nel nuovo rapporto dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Oil): I profitti derivanti dal lavoro forzato e dallo sfruttamento dei lavoratori, un fenomeno in aumento, hanno raggiunto cifre da record con ricavi per 218 miliardi di euro all'anno

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I profitti illegali derivanti dal lavoro forzato non sono mai stati così alti. Hanno raggiunto i 218 miliardi di euro all'anno, un aumento del 37 per cento in meno di un decennio, secondo un rapporto delle Nazioni Unite. 

L'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil) ha pubblicato la seconda edizione di "Profitti e povertà: l'economia del lavoro forzato".

Lo sfruttamento del lavoro sottrae posti di lavoro ai lavoratori regolari e consente ai datori di lavoro di non pagare le tasse. All'epoca della prima edizione, nel 2014, i profitti derivanti dal lavoro forzato erano stimati in 138 miliardi di euro all'anno.

Tre quarti dei profitti dallo sfruttamento sessuale

Il rapporto, lanciato in concomitanza con una conferenza stampa a Bruxelles dall'Oil, afferma che lo sfruttamento sessuale è responsabile di tre quarti dei profitti, più di due terzi (73 per cento) del totale dei profitti illegali, nonostante rappresenti solo il 27 per cento del numero totale di vittime del lavoro forzato.

Questi numeri si spiegano con l’enorme differenza nei profitti per vittima tra lo sfruttamento sessuale commerciale e altre forme di sfruttamento del lavoro: profitti in media di 25.124 euro per vittima per il primo contro i 3.399 euro a vittima per il secondo.

Il secondo settore con i maggiori profitti annuali illegali derivanti dal lavoro forzato è l’industria, con circa 32 miliardi di euro, seguito dai servizi (19 miliardi di euro circa), dall’agricoltura (4,6 miliardi di euro) e dal lavoro domestico (2,3 miliardi di euro). Questi profitti illegali sono i salari che appartengono di diritto ai lavoratori ma che invece rimangono nelle mani dei loro sfruttatori a causa delle loro pratiche coercitive.

Si stima che trafficanti e criminali guadagnino quasi 10mila euro per vittima.

Introiti dal lavoro forzato superano i ricavi di Microsoft

Intervenendo al lancio del rapporto, il deputato tedesco al Parlamento europeo Bernd Lange ha affermato che il lavoro forzato ha un "grave impatto economico", mentre la direttrice del dipartimento Condizioni di lavoro e uguaglianza dell'Oil Manuela Tomei ha definito "osceni" i 218 miliardi di proventi.

"È l'equivalente del Pil di Paesi come la Lettonia o la Croazia. Supera persino i ricavi di gigantesche aziende tecnologiche come Microsoft o Samsung", ha aggiunto Tomei. "Dietro queste cifre sbalorditive, c'è la sofferenza umana. Ci sono persone che sono intrappolate in un ciclo di abusi, sottoposte a diverse forme di coercizione che rendono impossibile per loro sfuggire a lavori che hanno intrapreso contro la loro volontà".

Più della metà dei lavoratori sfruttati in Asia

L'Oil definisce il lavoro forzato come un lavoro imposto contro la volontà del dipendente, con la minaccia di punizioni e ripercussioni per il lavoratore. Può verificarsi in qualsiasi fase dell'impiego: durante il reclutamento, nelle condizioni di vita associate al lavoro o costringendo le persone a rimanere in un posto di lavoro quando vogliono lasciarlo.

Secondo le stime, nel 2021 circa 27,6 milioni di persone sono state costrette al lavoro forzato, con un aumento del 10 per cento rispetto agli ultimi cinque anni. La zona Asia-Pacifico ospitava più della metà dei lavoratori sfruttati, mentre l'Africa, le Americhe e l'Europa e l'Asia centrale rappresentano ciascuna circa il 13-14 per cento.

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