Serbia, i primi funerali delle vittime delle due sparatorie. Il governo rivede le leggi sulle armi

Sparatoria in una scuola
Sparatoria in una scuola Diritti d'autore Milos Miskov/AP
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Di Debora Gandini
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Il governo aveva deliberato, qualche giorno fa, una serie di misure per inasprire i controlli sul possesso di armi e aggravare le pene

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Ancora lutto nazionale in Serbia dopo la strage avvenuta presso la scuola elementare "Vladislav Ribnikar" di Belgrado e dopo l’omicidio di massa in villaggi circostanti nell'area di Smederevo e Mladenovac. Due sparatorie avvenuto in uno solo giorno che hanno fatto 17 morti, tra cui quattro studenti. Diversi i feriti ancora ricoverati in ospedale.

Mentre si sono tenuti i funerali di alcune delle vittime, il paese è sotto choc. Dolore e incredulità tra la gente.

Per la Serbia una sparatoria in una scuola come quella di mercoledì non si era mai verificata prima. L'ultima è stata nel 2013, quando un veterano di guerra ha ucciso 13 persone.

Ad uccidere questa volta sono stati un ragazzo di 13 anni che ha aperto il fuoco sui suoi compagni, uccidendo sette ragazze, un ragazzo e una guardia scolastica. Il giorno dopo, un ventenne ha aperto il fuoco all’impazzata in due villaggi della Serbia centrale, uccidendo otto persone. 

Il killer, dopo il massacro ha bloccato un tassista a Mladenovac e sotto la minaccia di una pistola gli ha intimato di condurlo a Vinjista. Nella città il ragazzo si è nascosto dallo zio e del nonno ed è stato infine rintracciato e arrestato nei pressi di Kragujevac, una città industriale vicina, a circa 150 km a sud di Belgrado. Nella casa dello zio e del nonno, che sono stati arrestati dalla polizia serba, sono state trovate alcune bombe, un fucile automatico e munizioni.

La reazione del Presidente Aleksandar Vucic

Bratislav Gašić, ministro degli Interni, ha definito gli attacchi "un atto di terrorismo". Il capo dell'agenzia di intelligence BIA, Aleksandar Vulin, e il ministro della Salute Danica Grujičić hanno visitato i feriti in ospedale, constatando che alcuni versano in gravi condizioni. Tra le vittime di Malo Orasje, secondo alcune testimonianze, vi sarebbero un agente di poli

Un fenomeno allarmante che ha portato il presidente serbo Aleksandar Vucic a proclamare un piano di disarmo su larga scala per eliminare le centinaia di migliaia di armi presenti nel Paese. Porteremo a termine un disarmo della Serbia". All'inizio della settimana il presidente Vucic ha detto che ci sono più di 760.000 armi da fuoco registrate nel Paese, che conta circa 6,8 milioni di abitanti. Il possesso di armi da fuoco è elevato in Serbia, dove i poligoni di tiro sono popolari ma sono necessari permessi speciali per possedere armi da fuoco.

Il piano mira a rimuovere centinaia di migliaia di armi dalla popolazione e includerà una revisione massiccia delle armi registrate: per i cacciatori vi saranno controlli e verifiche periodiche, ogni sei mesi e ogni anno, con esami medici e test psichiatrici e antidroga.

Meno armi e leggi più severe

Il governo aveva deliberato, qualche giorno fa, una serie di misure per inasprire i controlli sul possesso di armi e aggravare le pene: "Tutti coloro che sono in possesso di armi saranno sottoposti a controlli. Raddoppieremo le pene, e poi vedremo chi acquisterà ancora armi", ha affermato il presidente. Nei prossimi sei mesi, ha affermato, verranno assunti altre migliaia di poliziotti, in modo che in ogni scuola ve ne sia uno: "A Belgrado vi sono 331 scuole, e in esse vi saranno 331 poliziotti". Per tutte le altre misure, ha osservato, sono stati già stanziati 25 milioni di euro.

Da una ricerca pubblicata negli ultimi giorni è emerso che la Serbia è al terzo posto al mondo, dopo Usa e Montenegro, per incidenza di armi su cento abitanti - oltre 39 su cento civili sono armati. Tassi molto elevati in fatto di possesso di armi si registrano anche negli altri Paesi della ex Jugoslavia - Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord - evidente risultato dalla gran quantità di armi e munizioni rimaste in circolazione nella regione dopo i conflitti armati degli anni Novanta. 

Risorse addizionali per questo articolo • ANSA

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