Ungheria, Orban conquista il quarto mandato consecutivo

Budapest, Ungheria, 15 marzo 2022: un comizio di Viktor Orban
Budapest, Ungheria, 15 marzo 2022: un comizio di Viktor Orban Diritti d'autore Anna Szilagyi/Copyright 2022. The Associated Press. All rights reserved.
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Orban ha infine conquistato anche la maggioranza dei due terzi della camera, che consente di cambiare la costituzione

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Viktor Orbán ha ormai conquistato il quarto mandato consecutivo, garantendosi infine la maggioranza dei due terzi della camera necessaria a cambiare la costituzione.

La coalizione ultraconservatrice d'Orbán ha superato il 54% delle preferenze.

La cordata d'opposizione , dal canto suo, avrebbe il 35% , mentre il Movimento per la Patria, sigla d'estrema destra che ha raccolto parecchi elettori scontenti da Jobbik, sarebbe entrata in parlamento con un 6,34%.

Con questi dati, 135 seggi andrebbero alla coalizione di Orbán (Fidesz-KDNP); 57 alla compagine sotto la quale si sono riuniti 6 partiti d'opposizione, 7 all'estrema destra.

Vittoria "lunare"

Rivendicando la vittoria davanti ai suoi elettori, il premier ultraconservatore non ha lesinato stoccate verso la Commissione europea , con cui si trova ormai in aperto contrasto per via di politiche ritenute lesive delle minoranze e dello stato di diritto.

"E' una vittoria così grande che si può vederla dalla luna - ha detto - e di certo riusciranno a vederla da Bruxelles ".

Orbán a dichiarato che questa tornata sarà ricordata perché la maggioranza ha dovuto affrontare il più grande "vento contrario" di sempre: tra i suoi oppositori, il Premier ha elencato anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky . "Abbiamo combattuto forze imponenti: la sinistra ungherese, la sinistra internazionale, i burocrati di Bruxelles, tutte le organizzazioni dell'impero Soros, i media mainstream internazionali e infine anche il presidente ucraino. Non ho mai avuto così tanti avversari", ha detto Orban.

"Come è possibile che abbiamo vinto più di sempre, proprio quando tutti erano uniti contro di noi?", ha domandato retoricamente, con una stoccata ai sei partiti di opposizione che si sono uniti sotto un unico leader nella speranza di ottenere abbastanza voti per spodestare il premier, saldo al potere da oltre un decennio.

Il fattore guerra

Favorito alle urne e in carica da ben 12 anni, Orbán si è trovato in una posizione molto delicata con l'invasione russa dell'Ucraina: mentre i suoi detrattori, infatti, lo accusavano di essere più vicino al Cremlino che a Bruxelles, il Premier in carica è stato tra i più restii ad aderire alle sanzioni internazionali verso il governo di Vladimir Putin.

Negli ultimi 12 anni, in effetti, la politica e le alleanze di Orban sono cambiate parecchio: mentre crescevano i contrasti con Bruxelles, il Premier ha stabilito forti legami con autocrati come Putin o il presidente cinese Xi Jinping.

Ma la guerra, in realtà, come alcuni analisti avevano del resto ipotizzato, ha finito per rafforzare il sostegno a Fidesz, compattando l'elettorato verso il candidato uscente, come spesso capita in questo genere di situazioni.

L'opposizione allargata che non ha funzionato

Orbàn si è trovato di fronte a una coalizione di partiti appartenenti a uno spettro politico molto ampio che, per tentare di scalzarlo, sono stati costretti a presentare una candidatura comune: il mutato sistema elettorale ha portato ad un'unione di strani compagni di letto, con sigle di centrodestra come Jobbik unite ai Verdi o ai liberali in un'unica lista.

In realtà, però, la strategia del "fronte di sfondamento" non ha funzionato, finendo anzi, per certi versi, per indebolire i consensi dei singoli partiti : è quanto accaduto, ad esempio, con gli elettori delusi da Jobbik - ex formazione di estrema destra ormai assestata su posizioni molto più concilianti - che si sono rivolti a una formazione assai più radicale, quella del "Movimento per la Patria (MiHazánk), l'unico peraltro a dar voce a posizioni no-vax.

Ma per l'opposizione, l'elezione non è un fallimento totale, e potrebbe essere l'inizio di un processo costruttivo.

Ma per il momento il leader Peter Marki Zay - finito alla guida dell'ampia compagine dopo la vittoria delle primarie - ha espresso amarezza, dichiarando che non è stata "l'onestà e l'onore, ma la propaganda" a consegnare questa ennesima tornata a Fidesz.

Quarantanovenne, padre di sette figli, portatore di istanze cristiane e conservatrici, Marki-Zay si era rivelato una sorpresa alle amministrative del 2018, quando - in corsa come indipendente per la poltrona di sindaco - sbaragliò Fidesz in una delle sue roccaforti, la cittadina di Hódmezővásárhely . Ma questa volta Marki Zay non ce l'ha fatta neanche nel suo collegio elettorale.

L'opposizione incassa il boicottaggio sul referendum omofobo proposto da Orban

Il referendum confermativo sulla legge anti LGBT, approvata lo scorso giugno, non ha raggiunto il quorum del 50%, fermandosi al 44. La legge, che rimarrà comunque in vigore, limita i corsi di educazione sessuale nelle scuole, oltre a vietare gli interventi di riassegnazione di genere per i minori e la "promozione" dell'omosessualità in tv ed altre piattaforme multimediali.

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 Nonostante l'alto numero di schede invalide, tutti e quattro i quesiti proposti dal governo di Orban hanno ricevuto "No" come risposta con più del 92% di preferenze. Lo stesso accadde nel 2016, quando, in un referendum governativo che chiedeva se i cittadini fossero d'accordo sull'accoglienza di immigrati senza una previa approvazione in parlamento, il "No" vinse con il 98%, ma il referendum venne ritenuto invalido. E proprio in previsione di questa vittoria schiacciante, le associazioni ungheresi per i diritti civili hanno orchestrato con successo il boicottaggio del voto: il 20% delle schede sono risultate invalide. 

Le domande sulle legge anti LGBT sono state costruite in modo tale da rendere difficile opporsi alla legge: "Sei d'accordo con eventi che danno informazioni sull'orientamento sessuale dei minori in istituti di istruzione pubblica, senza il consenso dei genitori?". O ancora: "Supporti la promozione di trattamenti di riassegnazione di genere ai minori?". 

Il Consiglio europeo ha definito i quesiti ambigui e fraintendibili. Il governo ungherese, che ha spinto i cittadini a votare no, ha cavalcato la consolidata retorica di difesa dei valori cristiani nazionalisti dal tentativo dell'Unione europea di diffondere idee pericolose concernenti la sessualità. La legge sottoposta a referendum era già costata all'Ungheria una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea.

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La nostra copertura della notte elettorale, minuto per minuto

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