Piantare un albero per compensare le emissioni del vostro volo serve davvero a qualcosa?

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Foto: Marie Jamet Diritti d'autore Euronews
Di Elena Kaniadakis
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“Vuoi donare 2€ per ridurre le emissioni di anidride carbonica del tuo volo?”. La pratica è chiamata in inglese "carbon offset". Quello che non tutti sanno è che si tratta di una misura poco efficace o addirittura inutile.

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Avete presente quando prenotate un biglietto aereo, e appare una schermata che dice: “Vuoi donare 2€ per ridurre le emissioni di anidride carbonica del tuo volo?”.

Si tratta di una strategia di diverse compagnie aeree per “compensare” l’inquinamento prodotto attraverso una piccola donazione dei passeggeri. I soldi vengono devoluti a varie associazioni che finanziano progetti sul campo a sostegno dell’ambiente.

La pratica è chiamata in inglese "carbon offset". Quello che non tutti sanno è che, secondo gli esperti intervistati, si tratta di una misura poco efficace, se non addirittura inutile. 

Carbon offset: cos'è?

Con la pratica del "carbon offset" possiamo mettere nel carrello un volo per Parigi e intanto "piantare un albero" in Nicaragua.

Per compensare l’emissione di anidride carbonica prodotta da un servizio, in questo caso il volo, il responsabile dell’inquinamento investe in un progetto che limiti la produzione di anidride carbonica in un altro contesto, spesso chiedendo al consumatore-viaggiatore una spesa aggiuntiva.

La pratica non è molto in uso tra le compagnie aeree, nonostante il settore sia tra quelli che più contribuisce alle emissioni di CO2: è stata adottata finora da circa 30 delle 294 compagnie aeree che fanno parte di IATA (International Air Transport Association).

Un’inchiesta della BBC ha messo in evidenza come, delle 28 compagnie aeree più grandi al mondo per numero di passeggeri, meno della metà offra programmi di carbon offset.

Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, quello aereo è uno dei mezzi di trasporto più inquinanti: volare, infatti, produce 285 grammi di CO2 a passeggero per ogni chilometro percorso, a fronte dei circa 50 prodotti da un viaggiatore che percorre in macchina la stessa lunghezza.

Come ricorda la ong Transport&Environment, dal 2013 le emissioni del trasporto aereo in Europa sono aumentate del 26%, a differenza di quanto è avvenuto in altri settori.

Cosa fanno alcune delle compagnie più importanti in Italia?

Delle cinque compagnie aeree più importanti in Italia per traffico di passeggeri (Ryanair-Alitalia-Easyjet-Vueling-Lufthansa), sono tre (Ryanair, Easyjet e Lufthansa) a prevedere interventi di “compensazione” dell’inquinamento prodotto dal volo su richiesta del passeggero. Ma nessuno di questi è destinato al territorio italiano.

Molti progetti hanno a che fare con il rimboschimento, anche se piantare alberi non è l’unica iniziativa: Easyjet, per esempio, dichiara di finanziare pannelli solari in India; Ryanair distribuisce invece cucine a basso consumo energetico in Uganda.

Euronews ha contatto le associazioni che si occupano di rimboschimento e ricevono i fondi delle compagnie per chiedere a che punto siano i progetti.

Ryanair vuole rinverdire l’Algarve

Sulla pagina di acquisto del viaggio Ryanair, la compagnia irlandese propone di finanziare due realtà: First Climate, la stessa a cui si affida anche Easyjet, e a Renature Monchique, un progetto coordinato dall’associazione portoghese Geota per rinverdire l’area di Monchique, in Algarve, devastata da un incendio nel 2018. Geota, contattata da Euronews, ha spiegato: “L’anno scorso sono state piantate più di 60mila piante native, come querce e corbezzoli, per ripristinare l’habitat forestale. Entro il 2021 ne pianteremo altre 75mila”.

Per quanto riguarda la fotosintesi delle piante, Geota spiega: “Per arrivare a lavorare a pieno ritmo, le piante hanno bisogno di raggiungere l’età adulta: si tratta di un tempo che va dai 10 ai 20 anni per le nostre piante”.

Lufthansa pianta alberi in Nicaragua

La compagnia tedesca finanzia l’ong Myclimate, che nella provincia di San Juan de Limay e Somoto, in Nicaragua, pianta nuovi alberi con il sostegno della popolazione locale.

Contattato da Euronews, Myclimate spiega attraverso il suo portavoce che “le piante sono autoctone. La durata del progetto è di 50 anni e finora sono stati piantati più di cinque milioni di alberi”.

“Ci vogliono circa 7 anni perché un albero catturi una tonnellata di anidride carbonica” spiega Myclimate, aggiungendo che “la parte essenziale del progetto non è piantare alberi ma la loro manutenzione”.

La compagnia low-cost Easyjet sostiene invece di investire i fondi del carbon offset in progetti locali in Sud America e Africa, per ripristinare il patrimonio forestale, attraverso società come Ecoact e First Climate. Contattate da Euronews le due società non hanno risposto.

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Nonostante le iniziative siano all’apparenza lodevoli, alcuni esperti del settore hanno seri dubbi sull’utilità del carbon offset.


“Il carbon offset è solo un modo per pulirsi la coscienza”

Magdalena Heuwieser, portavoce della rete “Stay grounded” che si batte per limitare l’inquinamento aereo, spiega a Euronews: “Il carbon offset non è altro che una vendita di indulgenze: un modo per pulirsi la coscienza senza intervenire sulle cause del riscaldamento climatico. Spesso paghiamo gli stati del Sud del mondo, che sono tra i meno responsabili della crisi climatica, per fronteggiare le conseguenze del nostro dannoso sistema produttivo”.

Per Paul Peeters, professore in Turismo e trasporto ecosostenibile presso l’Università di Breda, “il concetto stesso di compensazione è ingannevole”. Il professore spiega a Euronews: “Per quanto possano essere ben motivati i progetti di carbon offset, rischiano di illudere il consumatore, gli fanno credere che con un click si possa annullare l’inquinamento prodotto. Materialmente non è così, e il carbon offset non può essere una risposta alla crisi climatica che stiamo vivendo”.

Considerato che il traffico aereo, come sostenuto dalla stessa IATA, prevede un raddoppio dei passeggeri nei prossimi venti anni, gli strumenti discussi per rendere il trasporto aereo più ecosostenibile sono diversi.

“Se l’industria aerea non vuole più inquinare deve smettere di bruciare cherosene”

Dalla sua sede di Tolosa, Airbus progetta di mettere in commercio il primo aeromobile commerciale a idrogeno nel 2035. Nel frattempo, il dibattito ruota attorno ai così detti SAF, ovvero “Sustainable Aviation Fuel”, carburanti “ecosostenibili” destinati all’aviazione, già utilizzati oggi nei voli commerciali ma in quantità ridotte perché molto costosi.

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Come riporta la IATA sul suo sito, infatti, “a dicembre 2019 sono stati effettuati più di 215.000 voli commerciali da 40 compagnie diverse utilizzando SAF, anche se gli attuali volumi prodotti rimangano bassi: meno dell’1% della domanda totale di carburante per aerei”.

Jo Dardenne di Transport&Environment spiega ad Euronews : “Se l’industria aerea vuole diventare meno inquinante ha una sola possibilità: smettere di bruciare cherosene. Per questo bisogna investire su altri tipi di combustili, meno inquinanti, come i combustibili sintetici o gli “electric fuel”.

Aumentare la ricerca e la produzione di questi combustibili, tuttavia, ha un costo. Dardenne commenta: “Il loro costo oggi è alto, ma bisogna rapportarlo al portafoglio di chi deve pagarlo: le compagnie aeree europee hanno ricevuto complessivamente dai governi un salvataggio di 32 miliardi di euro a seguito del covid19. Sono le stesse compagnie che per anni hanno beneficiato di massicce agevolazioni fiscali e che non pagano le tasse sul cherosene”.

Ted S. Warren/AP
Paula Swedeen, specialista del Washington Environmental Council, in posa nel 2015 nella foresta Mount Rainier National Park piantata col contributo di aziende come MicrosoftTed S. Warren/AP

L’1% più ricco del mondo inquina il doppio della metà più povera del pianeta

Il salvataggio doveva essere, secondo Transport&Environment, un’occasione per imporre politiche meno inquinanti alle compagnie. Ma come spiega il monitoraggio della Ong, nella quasi totalità dei casi non è stata imposta nessuna condizione di questo tipo. “I governi devono smettere di buttare i soldi in salvataggi senza una visione chiara sull’industria aeronautica del futuro. Il trasporto aereo, per essere sostenibile, non può tornare a ciò che era prima della pandemia” afferma Dardenne.

Per Stay Grounded, tuttavia, “chiedere a una compagnia aerea di diventare ecosostenibile è come chiedere a una centrale a carbone di non inquinare più”.

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Per questo, secondo la rete di attivisti, lo strumento più efficace, oggi, è la tassazione.

“L’ultimo rapporto di Oxfam spiega come le emissioni di carbonio dell'1% più ricco del mondo rappresentano più del doppio delle emissioni della metà più povera del pianeta. Gli aerei sono il mezzo di trasporto di una minoranza della popolazione: l'80% di questa non ha mai volato” spiega Magdalena Heuwieser. E aggiunge: “Le misure più efficaci contro l’inquinamento aereo sono quelle che controllano la domanda: attuare una tassa sul cherosene, limitare i voli a corto raggio e promuovere quando possibile un’alternativa ai voli”.

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