Migranti climatici europei: in fuga dalla "grande palla di fuoco" che minaccia il Portogallo

La disperazione dei residenti di Pedrógão Grande davanti all'incendio del 2017
La disperazione dei residenti di Pedrógão Grande davanti all'incendio del 2017 Diritti d'autore Miguel Riopa/AFP
Diritti d'autore Miguel Riopa/AFP
Di Francisco Marques
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Julie e Chris sono sopravvissuti al mega incendio di tre anni fa che ha devastato il Portogallo centrale. Ma ora gettano la spugna: si trasferiscono sulla costa. Troppo calore e troppi rischi di altri roghi. Il cambiamento climatico li obbliga alla fuga.

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Quest'articolo fa parte dell'inchiesta esclusiva a puntate Europe's Climate Migrants.

"Un'enorme palla di fuoco è venuta giù dalla collina ed è piombata sulla casa”.

Julie, pensionata britannica che aveva deciso di trascorrere gli anni d’oro in Portogallo, ricorda così quel terribile incendio di tre anni fa. Quel rogo che ha trasformato il tranquillo paesino dell’entroterra portoghese, Mosteiro, in un inferno e ha cambiato per sempre la sua vita e quella del compagno Chris, costringendoli a migrare. 

"È stato terribile, non dimenticherò mai quel suono".
Il rumore del fuoco.

La 62enne ricorda di aver fatto appena in tempo ad afferrare l’asino prima di riuscire a mettersi in salvo. Il suo partner, Chris Nilton, è uscito di casa poco dopo con i due cani. Si stavano lasciando alle spalle la villetta dei sogni, terminata appena 18 mesi prima.

"Avevo 19 alberi di ulivo in giardino, bruciavano tutti come candele e le cime scoppiavano a 6 metri di altezza", ricorda Chris, 72 anni. “Le ceneri stavano colpendo me e il cane. Ero solo in pantaloncini, a petto nudo, con gli infradito. Sentivo tutti questi pezzi di legno ardente che mi colpivano".

In pochi secondi, immersi nel fumo denso e nell’ululare del vento, Chris e Julie si perdono però di vista. Lui si dirige verso il fiume, spegnendosi le fiammelle sui capelli e facendo lo stesso con il suo cane durante la corsa.

"Mi sono buttato nel fiume e mi sono immerso completamente perché mi stava andando a fuoco la testa", dice Chris "Sono rimasto lì penso per cinque minuti. Poi ho pensato che avrei dovuto fare ritorno sulla collina per cercare Julie, capire dove diavolo fosse finita”.

Foto: Walter Tengler - Euronews
Chris e Julie Nilton riguardano al cellulare alcune immagini della tragedia di tre anni faFoto: Walter Tengler - Euronews

Chris e Julie sono due sopravvissuti degli incendi di Pedrógão Grande del 17 giugno 2017, esattamente tre anni fa. 

Ancora traumatizzati dall'esperienza, hanno deciso ora di fare le valigie e trasferirsi sulla costa, alla ricerca di un clima più mite, senza l’incubo di nuovi incendi.

Le fiamme di quel giorno hanno ucciso 66 persone, 30 delle quali intrappolate in auto mentre cercavano la salvezza lungo una strada provinciale. Altre 17 sono morte nelle vicinanze, cercando di fuggire a piedi.

"Abbiamo amici a Nodeirinho, sappiamo che molte persone sono morte lì", ha detto Julie. "E la nostra vicina, la moglie di Carlos, ha perso in un solo colpo la sorella e tre nipoti cercando di scappare dall'incendio in macchina. Sono tutti morti".

PATRICIA DE MELO MOREIRA / AFP
La strada nazonale EN236-1 il 18 giugno 2017. Qui sono morte 47 persone arse nelle loro autoPATRICIA DE MELO MOREIRA / AFP

Un nuovo tipo di mega incendio

Il Portogallo è un paese che ha dovuto suo malgrado abituarsi agli incendi boschivi. Ma quello che ha colpito Pedrógão Grande, tre anni fa, è stato il primo del suo genere in Europa, secondo il World Wide Fund for Nature (WWF) spagnolo.

Nel giugno 2017, per la prima volta alle nostre latitudini, il Portogallo ha subito un nuovo tipo di incendio", sconosciuto fino a quel giorno dalla comunità scientifica: "un mega incendio di sesta generazione chiaramente legato al cambiamento globale", ha scritto il WWF in un rapporto.

"Estremo, incontrollabile e letale. Un tipo di incendio che si è ripetuto di nuovo nello stesso anno in Portogallo, ma anche in Spagna, e un anno dopo in Grecia”.

"Il cambiamento climatico sta accelerando e intensificando il verificarsi di grandi incendi ad un ritmo più rapido rispetto a quanto inizialmente previsto: siamo passati da non avere questo tipo di incendi ad assistere ai tre incendi più grandi della storia europea in soli due anni, e per di più nella stessa regione".

Etienne Bartholomeu - Euronews
Le fiamme si sono dirette ad ovest da Valongo fino a NodeirinhoEtienne Bartholomeu - Euronews

La stagione degli incendi in Portogallo si estende tradizionalmente da giugno a settembre.

Ma nel 2017 le alte temperature estive e le scarse precipitazioni, nella primavera e nell’inverno precedenti, hanno contribuito al verificarsi di circa 2.500 incendi in aprile e 3.000 in ottobre. 

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Un indicatore di come il cambiamento climatico stia ampliando inesorabilmente questa finestra temporale.

A giugno, un'ondata di calore ed una siccità prolungata, che hanno seccato la vegetazione della foresta, hanno creato un vero e proprio microclima favorevole al propagarsi delle fiamme. Venti forti e imprevedibili le hanno alimentate.

Julie ricorda che le era stato suggerito di spruzzare acqua sul tetto e sulla vegetazione intorno al perimetro della proprietà. Una strategia di solito efficace per fermare la propagazione dell'incendio.

Ma questo incendio è stato diverso.

"Niente avrebbe potuto fermarlo", si dice sicura Julie, a tre anni di distanza. “E’ arrivato nel villaggio e da qui si è mosso verso Nodeirinho (5 km a ovest), in sette o forse otto minuti. Tanto andava veloce. Era terrificante, non ne dimenticherò mai il rumore. Quel suono per me è stata la cosa peggiore, seguita ovviamente dal calore”.

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Alle 21, un paio d'ore dopo la fuga di Chris e Julie da casa propria, il fuoco aveva raggiunto la sua velocità di punta e si spostava a a 5,3 km/h.

"Questa [velocità] lo ha reso un incendio completamente incontrollato, quasi impossibile da domare, trasformandolo in una vera e propria catastrofe”, indica Rui Barreira, tecnico forestale, alimentare e faunistico dell'Associazione per la Natura del Portogallo (ANP).

"Questi incendi sono stati caratterizzati dall'alta velocità di propagazione, cosa che può essere collegata solamente al cambiamento climatico", dice Barreira.

Ci è voluta una settimana per domare le fiamme. A quel punto, avevano già bruciato quasi 500 chilometri quadrati di terreno, un'area grande più o meno come l’Andorra.

Francisco LEONG / AFP
I nuovi roghi dell'ottobre 2017, le fiamme sospinte dall'uragano OpheliaFrancisco LEONG / AFP

Quattro mesi dopo, in ottobre, la tragedia si è ripetuta.

Un'ondata di calore di fine estate (fuori stagione) ha intensificato la siccità. Combinata con i venti dell'uragano Ofelia, ha contribuito ad alimentare un secondo mega incendio nel Portogallo centrale, questa volta a circa 50 chilometri a nord di Pedrógão Grande. Le vittime sono state 51.

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Se il 2017 è stato un anno eccezionale, è pur vero che il Portogallo è il paese mediterraneo più colpito dagli incendi boschivi negli ultimi tre decenni, secondo il WWF.

"Il Portogallo è uno dei Paesi più colpiti dal cambiamento climatico", ha detto il capo dell'Unione Europea Ursula von der Leyen. "La perdita di coste, gli uragani, le inondazioni e gli orribili incendi boschivi hanno già avuto un costo molto alto".

“Ci trasferiamo a causa del cambiamento climatico”

Nonostante l'incendio abbia rovinato la loro casa dei sogni, Chris e Julie avevano inizialmente deciso di rimanere nella regione. 

Ma la costante ansia e la paura di un altro incendio ha fatto cambiare loro idea.

"Quando accendo un fuoco sento l'odore del fumo e mi riporta tutto indietro", ha detto Chris.

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"È una cosa che non si dimentica mai, l'odore del fumo ci terrorizza", ha aggiunto Julie. "Abbiamo deciso di dire addio al Portogallo centrale ed andare sulla costa, dove la temperatura sarà più bassa e più costante. Ci stiamo trasferendo a causa del cambiamento climatico".

Chris e Julie non sono soli. 

Secondo Barreira, dopo gli incendi, tanti ex residenti che si erano trasferiti in città sono tornati a Pedrógão Grande per prendere i genitori e portarli via. La regione non è più sicura, dicevano. Ma è difficile farsi un'idea precisa di quanti abbiano deciso di andarsene e quanti abbiano deciso di rimanere dopo i roghi di tre anni fa.

Dina Duarte, presidente dell'Associazione delle vittime di Pedrógão Grande (AVIPG), stima che se ne siano andate poche decine di persone, soprattutto stranieri.

Tra coloro che hanno deciso di rimanere c'è la coppia olandese formata da Peter e Marion de Ruite, residenti a Salaborda Velha, a due chilometri da Mosteiro. Casa loro, tre camere da letto, è andata distrutta nell'incendio. Hanno trascorso un anno in una roulotte vicino alle macerie della loro villetta.

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MAFALDA GOMES/ JORNAL i
Marion e Peter de Ruite sono stati costretti a vivere un anno tra la tenda e la roulotte accanto ai resti della casa bruciataMAFALDA GOMES/ JORNAL i

"La tragedia riguarda più le persone che sono morte piuttosto che le case distrutte", dice Peter, arrivato in Portogallo 15 anni fa.

Il caldo e l'aridità degli ultimi anni avevano spinto la coppia a considerare un trasferimento, ma alla fine hanno cambiato idea.

"Se me ne vado, lascerei una regione che potrebbe essere molto bella se solo ci lavorassimo tutti insieme", aggiunge Peter. "Non dovrei abbandonarla. Penso che dovremmo cercare di renderla un posto migliore".

L'emigrazione da queste parti è un problema annoso che risale a ben prima del 2017. Sono soprattutto i giovani ad andarsene in cerca di lavoro nelle grandi città portoghesi. Nella sola Pedrógão Grande, la popolazione si è ridotta del 20% tra il 2001 e il 2016 e per ogni 100 giovani ci sono 284 anziani.

"Il forte spopolamento e l'invecchiamento della popolazione, soprattutto delle zone rurali dell'interno e delle montagne, hanno costretto all'abbandono di tutte le attività agricole tradizionali", scrive il WWF. "Così la vegetazione naturale, la vegetazione arbustiva, ma anche le piantagioni monocolturali (eucalipti e pini) hanno colonizzato il paesaggio. Questo ne aumenta la combustibilità e l'infiammabilità".

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Per alcuni il problema è anche la presenza di grandi estensioni di eucalipto, mentre per altri lo è piuttosto l'assenza di politiche forestali.

Nel 2009, due ricercatori americani, Mark Beighley e Albert C. Hyde, hanno sollevato la questione in un rapporto sulla strategia di difesa del Portogallo contro gli incendi boschivi. Prevedono che entro il prossimo decennio gli incendi boschivi potrebbero distruggere un'altra area di 500mila ettari, come già successo nel 2017.

Armando Franca/Copyright 2017 The Associated Press. All rights reserved.
Giovani eucalipti crescono mentre sullo sfondo si leva una nuvola di fumo a causa di un altro rogo nell'agosto 2017. Siamo sulla strada che collega Abrantes a Vila de Rei.Armando Franca/Copyright 2017 The Associated Press. All rights reserved.

L'anno dopo i due studiosi hanno indicato che i problemi individuati 10 anni prima non erano cambiati di una virgola: l'alta percentuale di terreni forestali non gestiti, l'aumento di materiale infiammabile, l'elevato numero di roghi (spontanei e non) e il cambiamento climatico.

"Dopo il catastrofico anno di incendi del Portogallo, il 2017, resta da vedere se il problema verrà considerato come una vera priorità nazionale o meno", si legge nel loro rapporto.

Julie ha i suoi dubbi e pensa che il governo non abbia fatto abbastanza. "So che, da quando ci sono stati gli incendi, la gente ha venduto i terreni che ora sono di nuovo coltivati a eucalipto. Anche se mi rendo conto che si tratta di un buon affare per delle persone che hanno bisogno di guadagnarsi da vivere, la cosa deve essere gestita in modo adeguato".

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"L'eucalipto può abbeverarsi molto in profondità, e la falda acquifera sta scendendo. L'estate scorsa, con temperature record, il nostro piccolo fiume si è prosciugato. Questo la dice lunga sul cambiamento climatico. Ed è triste. Mi rende molto triste".

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La casa di Chris e Julie Jennings a Mosteiro dopo i roghi del 2017Euronews

Chris e Julie si sentono di fatto migranti climatici.

"Avevamo scelto questo posto perché ci ricordava il Lake District: era verde, c'erano alberi e ombra. Era semplicemente bellissimo". 

"Ma guardatelo ora... è un luogo desolato, ce ne stiamo andando a causa del cambiamento climatico. Perché è per colpa del cambiamento climatico che gli incendi oggi sono così".

L'inchiesta transnazionale Europe's Climate Migrants è stata realizzata grazie al supporto di:
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