Da Gerusalemme capitale indivisa alle colonie agli investimenti, un piano complesso e indigesto

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Gerusalemme capitale indivisa di Israele, uno Stato palestinese disarmato e a sovranità limitata, con un territorio spezzettato e collegamenti difficili, pur in presenza di investimenti da Europa e USA... Ecco il piano che non piace ai Palestinesi

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Un titolo che evoca un futuro di pace e prosperità, un tono rassicurante, e ottanta pagine fitte di grafici e tabelle: così la Casa Bianca stravolge il quadro di riferimento che dagli accordi di Oslo del 1993 ha accompagnato tutte le analisi del conflitto israelo-palestinese.

La "visione" di Trump - e di suo genero Jared Kouchner, al quale si deve in gran parte questo lavoro - chiude d'imperio ogni dibattito sui punti che dividono Israele e ANP e promette, in cambio di una sostanziale rinuncia dei palestinesi alle loro aspirazioni, una sorta di piano Marshall da 50 miliardi di dollari.

Il documento della Casa Bianca riconosce Gerusalemme come "capitale indivisibile" di Israele, ridisegna i confini legittimando le colonie sorte abusivamente e mette una pietra tombale sul diritto al ritorno dei palestinesi cacciati al momento della fondazione dello stato ebraico.

Per i palestinesi, a cui si riconosce il diritto a migliori condizioni di vita materiale, resta la concessione di uno stato a macchia di leopardo, una capitale "a est di Gerusalemme", e una entità statale disarmata e non sovrana, in modo da non costituire una minaccia per la sicurezza di Israele.

Per bilanciare quella che molti vedono come una corsa in avanti sul terreno politico, il Piano Trump punta a raccogliere consenso facendo leva sugli scenari di un potenziale sviluppo economico della regione, innescato grazie a un piano straordinario di costruzione delle infrastrutture di base e a azioni per sviluppare l'iniziativa economica privata.

Perché questo accada, il presidente Usa pone condizioni: i palestinesi dovranno riconoscere lo stato d'Israele, rinunciare alle aspirazioni di uno stato con Gerusalemme Est capitale e chiudere i conti con Hamas, al governo di Gaza dopo regolari elezioni e definita "organizzazione terroristica".

Washington parla di enorme opportunità storica. Ma dalla comunità internazionale e dalle Nazioni Unite arrivano anche segnali di inquietudine.

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