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Clima e diritto: la Corte internazionale di giustizia riconosce il dovere degli Stati di agire

Il presidente della Corte Yuji Iwasawa, terzo da destra, parla alla Corte internazionale di giustizia.
Il presidente della Corte Yuji Iwasawa, terzo da destra, parla alla Corte internazionale di giustizia. Diritti d'autore  AP Photo/Peter Dejong
Diritti d'autore AP Photo/Peter Dejong
Di Rosie Frost
Pubblicato il
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La Corte dell'Onu afferma che non agire contro il cambiamento climatico può violare il diritto internazionale. Storico parere che riconosce l’ambiente sano come diritto umano e apre a risarcimenti

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Mercoledì, la Corte internazionale di giustizia (Cig) ha emesso un parere consultivo senza precedenti che ridefinisce il ruolo degli Stati nella crisi climatica. Con oltre 150 richieste da parte di Stati, organizzazioni e società civile, si tratta del caso più grande mai affrontato dalla più alta corte dell'Onu.

Il documento di 133 pagine, pur non essendo giuridicamente vincolante, stabilisce interpretazioni autorevoli del diritto internazionale e potrebbe avere un impatto profondo su futuri processi giudiziari e negoziati sul clima, come la Cop30 in Brasile.

L’ambiente sano è un diritto umano

Nel suo parere, la Cig afferma che un ambiente pulito, sano e sostenibile è un diritto umano, come lo sono l’acqua, il cibo e l’abitazione. I Paesi, in quanto firmatari di trattati sui diritti umani, sono quindi legalmente obbligati ad agire contro i cambiamenti climatici per garantire questi diritti fondamentali.

La Corte ha sottolineato che le responsabilità degli Stati non si limitano all’Accordo di Parigi, ma sono radicate in un insieme più ampio di normative, tra cui il diritto internazionale dei diritti umani, il diritto ambientale e la Carta delle Nazioni Unite. Questo significa che tutti gli Stati, anche quelli non firmatari di specifici trattati sul clima, sono tenuti ad agire.

Inoltre, la qualità dei piani climatici nazionali (Ndc) è rilevante: non basta presentare un piano, deve essere ambizioso, scientificamente fondato e diventare più rigoroso nel tempo.

Gli attivisti manifestano davanti al Palazzo della Pace, che ospita la Corte Internazionale di Giustizia, prima del parere consultivo
Gli attivisti manifestano davanti al Palazzo della Pace, che ospita la Corte Internazionale di Giustizia, prima del parere consultivo AP Photo/Peter Dejong

Non agire è una violazione del diritto

Il presidente della Corte, Iwasawa Yuji, ha dichiarato che la mancata adozione di misure contro le emissioni può costituire una violazione del diritto internazionale. Gli Stati devono anche regolamentare le attività delle imprese, in particolare quelle nel settore dei combustibili fossili, che ricadono sotto la loro giurisdizione.

La Corte ha aperto la strada a richieste di risarcimento da parte degli Stati colpiti dagli effetti del cambiamento climatico. Le nazioni vulnerabili potrebbero citare in giudizio i grandi emettitori – anche per emissioni passate – e ottenere compensazioni finanziarie per i danni subiti.

Secondo Sebastien Duyck, esperto del Centre for international environmental law, "il parere non solo chiarisce la legge, ma crea slancio giuridico, rendendo possibili nuove azioni legali".

Verso una nuova stagione legale e politica sul clima

Il parere della Cig potrebbe diventare uno strumento cruciale di pressione nelle aule di giustizia, nei parlamenti e nei vertici internazionali. Secondo l’avvocata di ClientEarth Lea Main-Klingst, “offre una guida solida ai giudici e un potente argomento per la società civile per esigere più ambizione climatica dai propri governi”.

Con la Cop30 all’orizzonte, il parere rappresenta un punto di svolta nel legare giustizia climatica e diritto internazionale, spingendo i governi verso azioni più incisive, responsabili e giuridicamente obbligate.

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