Al centro dei colloqui la revisione del piano di pace da presentare agli Stati Uniti. L’Italia punta a fare da mediatore tra Usa e Ue, Calovini (Fdi) parla del ruolo “più pragmatico dell’Italia” rispetto agli alleati europei. Per l'esperto, con il bilaterale il governo ha provato a "smarcarsi"
Poche ore dopo gli incontri di Londra e Bruxelles, martedì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha incontrato Giorgia Meloni a Roma, in un momento molto delicato per il percorso di pace in Ucraina e per il sostegno europeo a Kiev.
Al centro dei colloqui la revisione del piano di pace dopo i confronti avuti nella capitale britannica.
A Londra gli alleati europei avevano già chiesto una maggiore convergenza tra Stati Uniti, Unione europea e Ucraina per arrivare a un accordo che metta fine all’invasione russa.
Un punto condiviso da Zelensky e Meloni, in una fase in cui gli Stati Uniti sembrano voler accelerare sulle trattative pur mostrandosi più tiepidi rispetto alle posizioni europee, anche alla luce della nuova strategia di sicurezza, in cui Washington critica duramente l’Ue su vari fronti.
Prima del bilaterale, Zelensky ha dichiarato ai giornalisti italiani: “Mi fido di Giorgia Meloni, ci aiuterà.” Un segnale che conferma il ruolo sempre più centrale che Roma potrebbe giocare.
L’Italia, quindi da un lato mantiene saldo l'impegno a sostenere Kiev fino alla raggiungimento della pace, dall'altro come ha più volte ribadito la presidente del Consiglio, il rapporto con la Casa Bianca, resta un punto fermo dell’azione di governo.
Il ruolo dell’Italia tra Washington e Bruxelles
Secondo Giangiacomo Calovini, capogruppo Fdi in commissione Esteri alla camera, Roma potrebbe assumere un ruolo decisivo nella fase attuale della trattativa internazionale.
“Il governo Meloni ha avuto un ruolo importante finora e lo avrà ancora di più. Potrebbe essere l’unico Paese in grado di coordinare i rapporti tra Washington e Bruxelles dopo le dichiarazioni di Trump.”
Un ruolo, spiega Calovini, reso possibile anche dalla credibilità che la presidente del Consiglio ha costruito negli Stati Uniti negli ultimi mesi.
“Credo che Meloni abbia già mediato in passato: sul tema dell’Alleanza Atlantica, sulla Nato, e persino sui dazi commerciali - pur essendo un dossier europeo. È riconosciuto che goda di una credibilità importante a Washington e alla Casa Bianca. In un momento complesso come questo, questa credibilità potrebbe diventare determinante.”
Le critiche all’Unione europea e la postura italiana
La nuova strategia di sicurezza americana, che dipinge l’Europa come debole e irrilevante, trova eco anche nelle considerazioni di Calovini sul quadro politico continentale:
“Che l’Europa non goda di un momento ottimale lo dicono i sondaggi, basta guardare cosa succede a Parigi, Londra e Berlino.”
Calovini difende però la linea italiana, più pragmatica rispetto a quella di alcuni partner europei che hanno assunto posizioni più aggressive a favore di Kiev senza arrivare a risultati concreti: “La nostra posizione di vicinanza a Kiev, ha detto, è quella più perseguibile. Non possiamo sacrificare l’alleanza con Washington, ma non vogliamo voltare le spalle all’Ucraina.”
Il fronte interno e le divisioni nella maggioranza
Pur riconoscendo sensibilità diverse all’interno della coalizione, soprattutto sulle tempistiche del sostegno militare - con Matteo Salvini più scettico sul prolungarsi dell’invio di armi - Calovini respinge l’idea di divisioni sostanziali: “La maggioranza ha sempre votato in modo compatto e continuerà a farlo.”
All’estero, afferma, l’Italia gode di una credibilità che la visita di Zelensky contribuisce a rafforzare: “Zelensky stesso riconosce la credibilità dell’Italia venendo oggi a Roma dopo Londra e Bruxelles.”
Per Calovini, la pace resta l’obiettivo finale, ma può essere raggiunta solo attraverso la deterrenza: “Siamo convinti che la pace si ottenga anche con l’invio di armi, che abbiamo sempre sostenuto in questi anni.”
L’Italia e la volontà di smarcarsi dagli alleati europei
Sul ruolo dell’Italia e l’importanza dell’incontro tra Zelensky e Meloni a Roma in una fase così importante della trattativa di pace, abbiamo anche sentito Raffaele Marchetti, direttore del Centro Studi per gli Affari Internazionali e Strategici della Luiss di Roma.
“L’Italia ha voluto dimostrare che è un attore rilevante ma non del tutto allineato agli europei per tornare a quel ruolo che si era ritagliata un po' di tempo fa di pontiere tra gli europei e l’America.
Se la Meloni fosse andata a Londra avrebbe avuto meno visibilità, è come se volesse dire che gli europei si sono incontrati e che adesso sta a lei aiutarli a parlare con Trump”.
“Vuole offrire un asse alternativo nei rapporti con Washington”, sottolinea Marchetti.
Meloni, secondo il docente, non voleva associarsi agli alleati europei: ”Anche la lettura del National Security Strategy di qualche giorno fa lo dice chiaramente gli europei hanno un’immagine pessima e questa immagine è legata a come si stanno comportando sull’Ucraina”.
L’invito a Palazzo Chigi legato alla visita al Papa
Un altro punto che vale la pena sottolineare, secondo Marchetti è il fatto che il bilaterale con Meloni sia legato alla visita del presidente ucraino in Vaticano.
“Meloni ha fatto venire Zelensky sfruttando anche la visita al Papa, non so se fosse stata da sola, se Zelensky sarebbe andato. Facendo così Meloni ha dimostrato di stare ancora in partita. Il rapporto tra i due è buono”.
Marchetti però fa una distinzione su come la presidente del Consiglio voglia proporsi e su come stiano realmente le cose. “Quello che Meloni può ottenere è davvero limitato. La stessa cosa vale per gli europei”.