Olha Kuryshko, rappresentante permanente del presidente ucraino in Crimea, ha dichiarato a Euronews che la Russia replica la sua strategia anche in altri territori occupati
Ucraina e Russia si incontrano a Istanbul per nuovi colloqui, ma resta aperta la domanda cruciale: queste discussioni porteranno davvero a un progresso significativo o, addirittura, a un accordo di pace?
La Russia sembra irremovibile sulle sue richieste massimaliste, giudicate irrealistiche non solo da Kiev, ma anche dalla maggior parte della comunità internazionale. Da parte sua, uno degli obiettivi principali dell’Ucraina è mostrare chiaramente all’amministrazione statunitense che il vero ostacolo a un cessate il fuoco non è Kiev, bensì il Cremlino.
La Crimea, punto di rottura
Ma al centro dello stallo diplomatico c’è una questione che appare irrisolvibile: la Crimea. Un tema che, per entrambe le parti, è di importanza cruciale ma sul quale non potrà mai esserci un punto di incontro.
A guidare la delegazione russa a Istanbul è Vladimir Medinsky, assistente personale di Vladimir Putin, considerato uno dei principali ideologi dell’invasione su larga scala dell’Ucraina e promotore dell’annessione della Crimea nel 2014.
Per Kiev, la sua presenza non è casuale ma rappresenta la continuità della politica russa di aggressione e occupazione. Lo afferma anche Olha Kuryshko, rappresentante permanente del presidente ucraino in Crimea, che in un’intervista a Euronews rilasciata a Bruxelles, durante la Prima settimana della Crimea al Parlamento europeo, ha denunciato come la composizione della delegazione di Mosca sia un chiaro segnale dell’intenzione di proseguire sulla strada della forza.
L’Europa e la resistenza invisibile
Kuryshko sottolinea che la politica russa in Crimea non si è mai fermata e che molti degli attuali leader del Cremlino hanno sostenuto e favorito l’occupazione non solo della penisola, ma anche di altri territori ucraini. L’evento a Bruxelles punta a mantenere alta l’attenzione delle istituzioni europee su quanto accade in Crimea, dove da undici anni la vita dei residenti è diventata sempre più difficile e pericolosa.
La resistenza interna, spesso invisibile, è costante ma rischiosa: chi si oppone anche solo con un gesto simbolico, come un “like” o una condivisione sui social, può essere arrestato o perseguito. Per questo, secondo Kuryshko, è fondamentale che l’Europa continui a offrire un sostegno chiaro e coerente, facendo sentire ai cittadini sotto occupazione che non sono soli.
“La resistenza è sempre una comunicazione a doppio senso”, afferma, spiegando che quando qualcuno si espone in Crimea, lo fa anche per lanciare un messaggio al mondo: vogliamo restare parte dell’Ucraina. E più forte è la presenza militare e politica di Kiev nella penisola, più forte è anche la resistenza. Al contrario, quando l’attività militare ucraina rallenta, la popolazione si espone a maggiori rischi e si riduce la possibilità di opporsi all'occupazione.
Umerov, simbolo del ritorno
Anche il capo della delegazione ucraina a Istanbul ha un significato simbolico forte. Zelensky ha nominato il ministro della Difesa Rustem Umerov, di origine tartara di Crimea, come rappresentante ufficiale. Umerov è nato a Samarcanda, in Uzbekistan, in esilio, dopo che le autorità sovietiche deportarono 200.000 tatari dalla Crimea. La sua famiglia poté fare ritorno solo nel 1991, dopo il crollo dell’Unione Sovietica.
La sua nomina manda un segnale chiaro: l’Ucraina non dimentica le deportazioni e rivendica il diritto della Crimea di restare parte integrante del Paese. Per Kuryshko, ciò che sta facendo oggi la Russia è una forma sistematica di “colonizzazione”. Non è la prima volta, sottolinea: la Crimea ha già vissuto occupazioni simili.
Stavolta, però, Mosca ha intensificato le strategie, creando condizioni insostenibili per gli ucraini e trasferendo forzatamente cittadini russi nella penisola. Una manovra che poi viene usata per giustificare l’occupazione: “La Russia afferma che la popolazione della Crimea è a maggioranza russa, ma è frutto di una politica deliberata”.
Una generazione cresciuta sotto occupazione
Undici anni di occupazione sono tanti, prosegue Kuryshko. “Pensate a un bambino nato nel 2014: oggi ha 11 anni. È cresciuto con un’identità modellata dall’occupazione russa. Anche in Ucraina, ci sono bambini che non hanno mai conosciuto la Crimea prima del 2014”.
Secondo la rappresentante ucraina, la Russia non ha intenzione di rinunciare a quei territori: ha investito troppo e ha usato la Crimea come laboratorio per le sue politiche.
Dopo l’inizio dell’invasione su larga scala nel 2022, le stesse tecniche sono state applicate e accelerate in altri territori: dalla riforma dell’educazione all’uso obbligato dei libri di testo russi, fino alla distribuzione forzata di passaporti. “Erano pronti, si erano già esercitati in Crimea”, conclude Kuryshko.
La memoria dei tatari deportati
Domenica 18 maggio ricorre un anniversario particolarmente doloroso: la deportazione del primo gruppo di tatari di Crimea in Asia centrale nel 1944, ordinata dalle autorità sovietiche. In vista della ricorrenza, il parlamento ucraino ha rivolto un appello ai governi e parlamenti di tutto il mondo affinché riconoscano quella deportazione come un atto di genocidio.
Un gesto simbolico, ma anche politico, che lega passato e presente in una delle battaglie più complesse e drammatiche della storia ucraina recente.