Attivisti manifestano a Dubai per un maggiore impegno contro il riscaldamento climatico. Dito puntato contro i conflitti d'interesse alla Cop28. Greenpeace denuncia il rischio di 360mila decessi entro fine secolo. Ambientalisti sul grattacielo dell'Eni a Roma
Attivisti per l'ambiente sono tornati a scagliarsi martedì contro la Cop28 tanto a Dubai, la sede che sta ospitando il summit, quanto a Roma.
Da giorni gli ambientalisti presenti al vertice, apertosi il 30 novembre alla presenza di leader mondiali e in programma fino al 12 dicembre, hanno organizzato varie iniziative in zone dedicate nel sito della Cop28.
Uno dei punti cruciali della conferenza è che si adottino rapidamente misure per l'eliminazione graduale dei combustibili fossili.
"I progressi sono molto lenti e sappiamo tutti che c'è un enorme conflitto di interessi. E possiamo anche vedere come le voci di protesta vengano soppresse" dice Ina Maria Shikongo, attivista per il clima arrivata dalla Namibia.
Il consenso comune tra gli esperti è che, per raggiungere gli obiettivi posti dagli Accordi di Parigi per limitare il riscaldamento del pianeta entro soli due gradi di aumento rispetto all'era preindustriale, sia necessario fermare da subito la creazione di nuovi giacimenti di carbone, gas e petrolio.
La Cop28 è stata attorniata dalle polemiche sin dall'inaugurazione negli Emirati ArabiUniti, a causa della figura del suo presidente, Sultan Ahmad Al Jaber, che è ministro dell'Industria ma anche presidente della compagnia petrolifera emiratina.
A novembre, durante un forum on line alla vigilia della Cop28, Al Jaber aveva sostenuto che non esistono prove scientifiche per ritenere che la rinuncia agli idrocarburi produrrebbe un contenimento della temperatura del pianeta.
Lunedì il ministro emiratino ha corretto il tiro, affermando che il suo pensiero è stato travisato e di essere "concentrato come un laser" sugli obiettivi della lotta al cambiamento climatico.
Dagli Emirati all'Italia
Martedì mattina gli attivisti di Greenpeace si sono arrampicati sulla sede dell'Eni a Roma, per protestare contro le morti potenzialmente legate ai cambiamenti climatici.
La divisione olandese dell'ong ambientalista ha appena pubblicato, in concomitanza con la Cop28, una ricerca che attribuisce all'inquinamento causato da nove aziende europee del settore petrolifero e del gas la possibile morte di 360 mila persone entro la fine del secolo.
Questo a causa dei gas serra immessi nell'atmosfera, solo nel 2022 si legge nello studio, da Shell, BP, TotalEnergies, Equinor, Repsol, Eni, OMV, Orlen e Wintershall Dea.
Secondo il rapporto e uno studio precedente dedicato da Greenpeace all'Italia, l'ENI potrebbe causare 27 mila decessi prematuri per via delle ondate di calore, di freddo estremo e delle altre alterazioni del clima causate dal riscaldamento globale.