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Belgio, no al velo islamico al lavoro: legittimo per la Corte di giustizia dell'Unione europea

La Corte di giustizia dell'Unione europea con sede in Lussemburgo
La Corte di giustizia dell'Unione europea con sede in Lussemburgo Diritti d'autore AP
Diritti d'autore AP
Di Gabriele Barbati
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Un'amministrazione pubblica europea può vietare ai dipendenti di indossare simboli religiosi, ma solo se la regola vale per tutto il personale. La sentenza martedì della Corte di Lussemburgo sul caso di un'impiegata di fede musulmana del comune belga di Ans

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Sarà possibile vietare agli impiegati pubblici nell'Unione Europea di indossare visibilmente simboli di credo religioso o filosofico sul posto di lavoro.

La sentenza è stata emanata martedì della Corte di giustizia dell'UE che ha giudicato il caso di una dipendente del comune di Ans, in Belgio, a cui nel 2021 era stato vietato di indossare il velo in ufficio.

Tale provvedimento può essere giustificato dalla volontà di un ente pubblico di stabilire un ambiente completamente neutrale ha motivato la Corte, che ha sede in Lussemburgo. 

I giudici europei hanno specificato tuttavia che una decisione del genere, per non essere discriminatoria, deve applicarsi a tutto il personale e limitarsi allo stretto necessario.

"Ogni Stato membro ha un margine di valutazione della neutralità che desidera promuovere sul luogo di lavoro" ha chiarito il presidente della Corte, Koen Lenaerts.

"Spetta ai tribunali nazionali decidere le controversie in conformità con il quadro europeo della parità di trattamento per tutti in materia di occupazione e di condizioni di lavoro" ha aggiunto il giurista di origine belga.

IL CASO DEL VELO PROIBITO IN BELGIO

La donna, O.P. di fede musulmana, aveva fatto causa al comune di Ans nel maggio 2021 per il divieto impostole di indossare il velo in ufficio.

La donna lamentava una violazione della propria libertà di religione e il fatto che le sue mansioni di capo dell'ufficio appalti non la mettessero comunque in contatto con il pubblico.

La decisione temporanea, presa dal comune nel febbraio di quell'anno, era stata seguita circa due mesi dopo da una modifica del regolamento che vietava manifestazioni e forme di proselitismo ideologico o religioso sul luogo di lavoro al fine di assicurarne la neutralità. 

La dipendente aveva chiesto dunque al Tribunale del lavoro di Liegi di annullare la decisione, ma i giudici avevano ravvisato la necessità di valutarla alla luce delle norme europee e avevano sottoposto il caso alla Corte di giustizia.

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