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Cop26, Cina e Russia grandi assenti. Per Mosca e Pechino transizione green più lenta

Cop26, Cina e Russia grandi assenti. Per Mosca e Pechino transizione green più lenta
Diritti d'autore AFP
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Di Debora Gandini Agenzie:  ANSA
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I presidenti di Russia, Cina e Brasile non partecipano alla COP26. I governi di Mosca e Pechino si dicono disposti a collaborare ma con i loro tempi. Putin fissa il traguardo dell’impatto zero al 2060 e non al 2050

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Lo hanno già ribattezzato il vertice decisivo sul futuro del nostro pianeta. Alla Conferenza sul clima delle Nazioni Unite, in corso a Glasgow, dipenderà il destino dell’umanità, ma al tavolo dei colloqui pesano alcune assenze. I presidenti di paesi come Russia, Cina e Brasile hanno deciso di non partecipare alla COP26 nonostante i governi di Mosca e Pechino siano chiamati a svolgere un ruolo chiave nella lotta ai cambiamenti climatici.

Nel messaggio video inviato al summit il presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato che per puntare a costruire un'economia a emissioni zero entro il 2060, la Russia farà affidamento sulla risorsa degli ecosistemi forestali e sulla loro significativa capacità di assorbire anidride carbonica per produrre ossigeno. Dopo tutto il Paese, ha aggiunto Putin, possiede circa il 20% delle foreste mondiali.

I due giganti in poche parole sembrano riservarsi il diritto di una transizione più lenta. Il presidente Xi Jinping, che non ha mai lasciato la Cina dall'inizio della pandemia, ha inviato solo una lettera. Parole dense di buoni propositi ma senza grandi promesse.

"Secondo quanto ci risulta - ha fatto notare Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri cinese - gli organizzatori della conferenza non hanno fornito la possibilità di partecipare all'evento tramite dei collegamento streaming. Il presidente Xi Jinping ha inviato un discorso scritto al vertice sul clima delle Nazioni Unite che riflette la volontà di Pechino di cooperare con tutti i paese in difesa del clima e per la salvaguardia della Terra.”

Copernicus
Emissioni gas serraCopernicus

Chi frena sulla svolta-Green

Di fatto l'apparente mancanza di entusiasmo da parte di Pechino e Mosca nella lotta ai cambiamenti climatici si inserisce sullo sfondo dei danni causati dalla pandemia alle loro economie. Due sistemi che, in modi diversi, dipendono dall’uso di combustibili fossili.

Nel 2019 le emissioni totali di gas serra avevano raggiunto un nuovo massimo di 59,1 gigatonnellate di CO2 equivalente, con i settori della produzione di energia e dei trasporti responsabili di circa la metà delle emissioni nazionali di gas climalteranti.

Secondo il rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, la Cina era e resta leader mondiale in fatto di emissioni di gas serra, con un ampio margine rispetto alla Russia, quinta, dopo Unione europea e India mentre gli Stati Uniti restano sempre tra i primi posti per quanto riguardo quelle pro-capite.

Monito Onu: "Agire in fretta"

Come si legge nel comunicato del 18 dicembre 2020, in tale data l'UE ha trasmesso all'UNFCCC il proprio NDC, che contiene l'obiettivo aggiornato e rafforzato di ridurre almeno del 55% le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

Secondo il rapporto dell’ONU Climate Change, per i 113 paesi con dati aggiornati, le emissioni dovrebbero diminuire del 12% nel 2030 rispetto al 2010. Un passo importante verso le riduzioni individuate dal gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici che ha stimato che limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5C richiede una riduzione delle emissioni di CO2 del 45% entro il 2030 o una riduzione del 25% entro il 2030 per limitare il riscaldamento a 2C. Se questa scadenza non sarà stabilita le emissioni potranno crescere ancora di più, fino al 16% entro il 2030.

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