Colombia, ambientalisti indigeni nel mirino

Celia Umenza, leader indigena
Celia Umenza, leader indigena Diritti d'autore AFP
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La ledaer Celia Umenza: "Continuare la lotta per rispettare i caduti". Nel Cauca lo scontro è con i produttori di canna da zucchero

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Continua a crescere in Colombia il numero degli attivisti che si battono per i diritti della terra uccisi nel contesto della violenza politica. Per il secondo anno di fila il paese risulta essere il più pericoloso per la vita e la sicurezza dei militanti ecologisti. Secondo l'ONG Global Witness, nel 2020 in tutto il mondo sono stati uccisi almeno 227 ambientalisti, 65 dei quali in Colombia, ovvero quasi un terzo del totale.

Celia Umenza sa fin troppo bene cosa signfichi vivere sotto minaccia. È sopravvissuta a tre tentativi di assassinio, fa parte della Guardia Indigena e si batte in difesa dei contadini contro le multinazionali. La sua lotta si svolge nel dipartimento del Cauca, nel sud-ovest del paese, dove la battaglia è contro i grandi produttori di canna da zucchero, il cui comportamento viene giudicato "irresponsabile": la monocoltura produce danni ambientali e getta sul lastrico i produttori agricoli locali.

Pur davanti al massacro degli attivisti, per Celia la lotta non deve finire, proprio per rispettare la memoria dei caduti. "Abbiamo raccolto l'eredità di tante donne che hanno perso la vita, di tanti uomini che sono morti. La lotta non finisce perché qualcuno muore. La lotta deve continuare".

Secondo il rapporto della Ong almeno 34 omicidi di difensori dell'ambiente colombiani sono collegati agli interessi dell'industria mineraria e dell'agrobusiness, settori sempre più infiltrati e condizionati dai gruppi paramilitari.

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