A che punto siamo con l'indipendenza per Scozia e Catalogna

Sui volti di queste due donne la bandiera catalana, Estelada (a sinistra) e quella scozzese, Saltire: siamo in una manifestazione di sostegno alla causa catalana a Glasgow
Sui volti di queste due donne la bandiera catalana, Estelada (a sinistra) e quella scozzese, Saltire: siamo in una manifestazione di sostegno alla causa catalana a Glasgow Diritti d'autore ANDY BUCHANAN/AFP or licensors
Di David Walsh
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Il 2021 sarà un anno decisivo per entrambi i movimenti. A febbraio ha votato Barcellona, a maggio tocca alla Scozia. Fotografia dello stato di salute dei movimenti indipendentisti, piagati da scandali e divisioni intestine.

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Sia l'Estelada, la bandiera indipendentista catalana, che la Croce di sant'Andrea (o Saltire), vengono quasi sempre sventolate assieme nelle manifestazioni indipendentiste di Barcellona ed Edimburgo.

Tale è la vicinanza tra i due movimenti che i paragoni tra Scozia e Catalogna si sono sprecati, negli ultimi anni.

Questa settimana,l'ex leader catalano Carles Puigdemont - a cui è appena stata revocata l'immunità parlamentare a Bruxelles - ha ammesso ad Euronews di sostenere tutti i movimenti di autodeterminazione in Europa. "Nel Regno Unito, ci ispira molto il caso della Scozia".

**Il 2021 sarà un anno decisivo per entrambi i movimenti, alle prese con elezioni (si è già votato in Catalogna, si andrà alle urne in Scozia a maggio). **

Gli schieramenti indipendentisti sono piagati da scandali politici, lotte intestine e visioni opposte su come ottenere la tanto agognata determinazione, ma imparano gli uni dagli errori degli altri. 

Vediamo come sta andando la causa indipendentista in entrambi i luoghi.

Faide scozzesi

Dopo aver perso il referendum del 2014 sull'indipendenza, il Partito Nazionale Scozzese (SNP) ha lavorato alacremente per consolidare il sostegno politico e cercare di mantenere al primo posto dell'agenda politica la questione del ruolo della Scozia nel Regno Unito.

Eppure, nonostante sia sul punto di conquistare la quarta storica vittoria elettorale consecutiva, e nonostante sia riuscito a rendere l'indipendenza l'opzione privilegiata tra gli scozzesi, l'SNP restituisce un'immagine di sé alquanto malconcia. Ammaccato non tanto dai suoi quasi 14 anni al potere, ma dalle diverse lotte interne al partito.

Negli ultimi mesi è venuta alla ribalta una polemica interna su questioni come la riforma del Gender Recognition Act (sui diritti di donne e transgender), ma anche sul sostegno all'ex leader Alex Salmond, assolto nel 2020 dalle accuse di aggressione sessuale che sarebbero avvenute durante il mandato da primo ministro.

Il momento è decisivo, e rischia di minare una macchina politica ben oliata e compatta, i ranghi serrati da un rigido codice di condotta ideato per prevenire ogni tipo di slealtà nei confronti del partito o dei suoi obiettivi.

Andy Buchanan/AFP
Nicola Sturgeon (SNP) appena eletta nel novembre 2014 alla conferenza annuale del partito assieme al vecchio leader, Alex SalmondAndy Buchanan/AFP

"Non penso che né lo spirito di unità che si respirava prima, quando tutto era controllato dall'alto, né le attuali divisioni siano molto salutari per il partito", ha detto a Euronews Kirsty Hughes, ex direttrice dello Scottish Centre on European Relations (SCER).

"Penso che un sano dibattito sui diritti dei trans e delle donne sia un bene, ma non è quello che sta succedendo. Perché è al centro della scena? Dove sono i tipici conflitti di partito sulla politica economica, o sulla sinistra contrapposta alla destra? Dovremmo avere un dibattito sull'indipendenza e sul rientro nell'Unione europea o nel suo spazio economico... tutto ciò non sembra molto sano, politicamente".

La vendetta di Salmond

A parte le differenti posizioni ideologiche sulle politiche di governo, l'SNP è lacerato dalla faida tra Salmond e la sua ex protetta, l'attuale leader Nicola Sturgeon. 

Sturgeon respinge le accuse di aver sviato il Parlamento scozzese in merito alle indagini sui presunti illeciti del suo ex capo. 

Salmond ha accusato la sua succeditrice, ex alleata ed amica intima - al pari di altre figure di alto livello nell'SNP e nel governo scozzese - di essere coinvolta in uno "sforzo deliberato, prolungato, maligno e concertato" per offuscare la sua reputazione al punto da cercare di mandarlo in galera. 

Sulla scia del processo, è stata istituita un'inchiesta indipendente per valutare nuovamente il caso. 

Il governo scozzese ha ammesso irregolarità nell'indagine interna sugli addebiti a Salmond - reo, secondo le accuse, di aver speso oltre 600mila sterline (denaro pubblico) in fatture legali.

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Comparsa davanti al comitato di inchiesta per rispondere a domande sulle violazioni del codice ministeriale - un insieme di regole che delineano gli standard di condotta che i ministri devono rispettare - Sturgeon ora sta lottando per la sopravvivenza politica, con l'opposizione che chiede le sue dimissioni. 

Niente la può costringere a lasciare l'incarico, ma se le accuse sulla gestione dell'indagine si riveleranno fondate, per lei sarà difficile resistere alle pressioni. 

Tra Covid, Brexit e indipendenza, l'SNP prenderà certamente la sua bella fetta di voti
Kirsty Hughes
Commentatore politico

La popolarità di Nicola Sturgeon

Negli ultimi sei anni, Sturgeon si è costruita una solida reputazione internazionale sulle basi di una leadership competente, e la sua stella sembra ancora allo zenit. 

La sua gestione della pandemia di coronavirus - che ha anche contribuito a rimettere all'ordine del giorno il ruolo della Scozia nell'Unione europea - è stata molto apprezzata tra i suoi sostenitori. Secondo recenti sondaggi, è di gran lunga più popolare sia del primo ministro britannico Boris Johnson che dello stesso Salmond.

Ma questo non vuol dire che non esistano detrattori e che non ci siano ferventi sostenitori dell'indipendenza, costretti a turarsi il naso e votare per lei, alle urne. "Anche se sei stufo dell'SNP ma vorresti l'indipendenza, è un dato di fatto che l'SNP sia la strada maestra verso quell'obiettivo", spiega la commentatrice scozzese Hughes.

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L'SNP porta 48 dei 59 deputati scozzesi a Westminster. 

Se i sondaggi che prevedono una vittoria a valanga nelle elezioni di maggio si rivelassero azzeccati, il partito continuerebbe occupare una posizione inattaccabile nel panorama politico scozzese, null'affatto logorato dai suoi 14 anni al potere.

Jeff J Mitchell/AFP
Nicola Sturgeon giura al processo Salmond il 3 marzo 2021Jeff J Mitchell/AFP

In un sondaggio Ipsos MORI pubblicato il 25 febbraio, circa il 52% degli elettori intervistati ha dichiarato che probabilmente voterà SNP a maggio. La formazione di Sturgeon è in vantaggio di 29 punti sui conservatori scozzesi, il principale partito di opposizione.

"Si potrebbe pensare che i travagli interni dell'SNP potrebbero far diminuire i consensi, ma non ne sono così sicura", continua Hughes. "Tra Covid, Brexit e indipendenza, l'SNP prenderà certamente la sua bella fetta di voti".

Tuttavia, nonostante metà degli scozzesi intenda rinnovare la sua fiducia al partito, lo stesso sondaggio Ipsos Mori indica che il 36% dei rispondenti guarda con meno favore alla formazione politica dopo l'affaire Salmond.

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In un altro sondaggio Survation, condotto per il giornale Sunday Mail lo scorso 25 febbraio - alla vigilia della testimonianza di Salmond nell'inchiesta che lo coinvolge - si vede che allo stesso tempo sta crescendo il sostegno all'unione con Londra - per la prima volta da oltre 22 sondaggi consecutivi. 

Nello stesso sondaggio, la maggioranza ha indicato che l'SNP è al governo per troppo tempo.

Devono ancora essere pubblicate le medie ponderate dopo le apparizioni di Salmond e Sturgeon davanti alle commissioni di inchiesta, ma è chiaro che le fortune dell'SNP e del movimento indipendentista continuano ad essere inesorabilmente sovrapposte.

Vittoria elettorale a sorpresa

Prevedendo lo scontato successo dell'SNP nelle prossime elezioni in Scozia, i catalani sono andati a loro volta a votare il 14 febbraio scorso per decidere del futuro della regione autonoma.  

Il voto è arrivato a più di tre anni dal contestato referendum dell'ottobre 2017, quando Barcellona dichiarò unilateralmente l'indipendenza dalla Spagna. 

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Gli indipendentisti volevano aprire il vaso di Pandora, suscitando la reazione del governo spagnolo. Madrid non ha perso tempo e ha sospeso l'autonomia della regione, imprigionando i leader rimasti sul suolo spagnolo e portandoli alla sbarra con l'accusa di sedizione.

"In un sistema di partiti molto, molto frammentato, è davvero difficile dire con certezza chi vince le elezioni", indica a Euronews Marc Sanjaume, professore di scienze politiche all'Universitat Oberta de Catalunya di Barcellona.

Manu Fernandez/Associated Press
Manifestazione di sostegno ai separatisti in prigione in piazza Sant Jaume a Barcellona il 2 maggio 2018Manu Fernandez/Associated Press

Il Partito Socialista della Catalogna (PSC) - la branca catalana del PSOE al potere in Spagna, il cui candidato principale era l'ex ministro della salute del paese Salvador Illa - ha vinto il voto popolare e i seggi in parlamento. Una notevole inversione di tendenza per un partito che in Catalogna non se la passava bene da quando aveva lasciato il potere nel 2010. 

Guardando al quadro complessivo, tuttavia, sono stati i partiti pro-indipendenza i vincitori della tornata elettorale, sottolinea Sanjaume.

"È stata una vittoria dei partiti indipendentisti. Penso che molte persone si siano dette che, dopo la gestione della pandemia e gli eventi del 2017, coi leader in prigione e in esilio, l'indipendenza fosse ormai archiviata, così come l'idea di sostenere i partiti indipendentisti".

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Anche se non è stato il massacro di San Valentino previsto dai commentatori, il relativo successo indipendentista potrebbe essere una vittoria di pirro.

Se da un lato i partiti pro-indipendenza hanno aumentato i seggi all'assemblea locale, guadagnando una maggioranza più ampia con 74 deputati, rispetto a tre anni fa hanno perso in totale 600mila voti tra Esquerra Republicana de Catalunya e Insieme per la Catalogna (Junts per Catalunya, o Junts).

Questo calo potrebbe essere visto come una critica alla leadership di entrambi i partiti. 

Il leader di Junts, Carles Puigdemont, ex presidente della Regione che ha organizzato il referendum del 2017, vive in esilio a Bruxelles da europarlamentare, mentre quello di ERC, Oriol Junqueras, all'epoca vicepresidente, sta scontando una condanna a 13 anni di carcere.

L'affluenza alle urne è scesa dal 79% delle elezioni del 2017 al 51%: un calo che può essere solo in parte spiegato dalle ansie che circondano l'attuale crisi sanitaria (oltre 10.600 le vittime catalane del Covid-19).

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Successo dei "gradualisti"

A preoccupare i partiti indipendentisti catalani è però soprattutto il sostegno alla causa, che sta progressivamente vacillando. 

Un sondaggio di ottobre del Centre d'Estudis d'Opinió, un istituto di ricerca sotto gli auspici del governo catalano, mostra che il sostegno per l'indipendenza è sceso al 45,5%. 

Il 46,3% dei catalani si dice contrario alla separazione da Madrid.

È probabilmente su questa base che il PSC di Illa è riuscito a fare una vigorosa campagna elettorale, puntando sul messaggio di superamento delle turbolenze socio-politiche degli ultimi tre anni. Una campagna che alla fine ha portato i suoi frutti.

"Parlavano costantemente di passant pàgina, 'voltare pagina'. Ma credo che voltare pagina sia anche un errore. Non possiamo ignorare la questione costituzionale, qui in Catalogna", continua Sanjaume.

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I dati dei sondaggi sono fuorvianti, sostiene. "I sondaggi dicono che il sostegno all'indipendenza è più basso, ma dicono anche che è estremamente tenue il sostegno all'attuale forma costituzionale spagnola, alla costituzione stessa e alla monarchia".

Se da un lato il malcontento popolare nei confronti di Madrid è una forza che unisce sia i sostenitori pro che quelli anti-indipendenza, la frammentarietà della mappa elettorale catalana fa sì che non si possa trovare un punto di sintesi.

Penso che tutti i movimenti indipendentisti nel mondo ad un certo punto affrontino questo dibattito. È esattamente lo stesso che si è avuto in Québec negli anni novanta, quello tra "gradualisti" e integralisti
Marc Sanjaume
Professore di politica, Universitat Oberta de Catalunya

In Scozia tutte le speranze per raggiungere l'indipendenza poggiano sulle spalle dell'SNP, mentre in Catalogna c'è una pletora di partiti separatisti che si contengono l'elettorato su tutto lo spettro politico. 

Ognuno di essi ha un'idea opposta sul modo migliore per raggiungere l'obiettivo comune.

ERC ha ottenuto più voti e seggi degli altri partiti pro-indipendenza e sembra che i "gradualisti" abbiano per ora preso il sopravvento.

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"Tutti guardano ai sondaggi e sanno che non è il momento di spingere per l'indipendenza a breve termine", afferma Sanjaume. "Quindi, la strategia di ERC sembra essere simile a quella dell'SNP, quando nel 2007 Alex Salmond vinse le elezioni in Scozia senza essere forza maggioritaria".

Il pragmatismo di ERC è stridente per altri partiti come Junts, la forza separatista dominante in Catalogna fino al mese scorso.

Francisco Seco/Associated Press
In attesa di sapere i risultati del referendum sull'indipendenza a Barcellona nell'ottobre 2017Francisco Seco/Associated Press

"[Quelli di Junts] sono abituati a governare. Sono abituati a stare nelle istituzioni. Sono stati storicamente al potere in Catalogna", spiega Sanjaume. "C'è sempre il pregiudizio che ERC non abbia leadership naturale in Catalogna, e che questo ruolo dovrebbe essere assolto da Junts". 

Il fatto che ERC stia sostenendo il governo di minoranza di sinistra a Madrid non aiuta, in Catalogna: molti pensano che la formazione politica sotto sotto non voglia il bene dei catalani, o che non sia radicale abbastanza sulla questione indipendentista. 

"[Junts] non ha fiducia in un governo ERC perché li considerano come traditori", continua l'analista. 

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Lo "specchio scozzese"

ERC, tuttavia, riconosce che il sostegno all'indipendenza poggia in gran parte sull'appoggio della classe operaia. Prendendo esempio dai governi SNP sotto Salmond e Sturgeon, sa che la sola promessa di indipendenza non è sufficiente per conquistare il sostegno alla causa, ed è consapevole che il governo catalano debba offrire un'alternativa tangibile al sistema attuale.

Pensano: "Non saremo mai indipendenti se non avremo un approccio progressista o di sinistra all'indipendenza. Se non immaginiamo la nostra repubblica come una sorta di stato sociale più profondo, sul quale possiamo proiettare le nostre idee", dice Sanjaume.

Questo approccio è in netto contrasto con quanto visto in Catalogna nel decennio precedente, dove i successivi governi secessionisti di Barcellona hanno impegnato aggressivamente il governo centrale di Madrid in quella che è diventata una guerra di logoramento.

"Penso che tutti i movimenti indipendentisti nel mondo ad un certo punto affrontino questo dibattito", aggiunge Sanjaume. "Esattamente lo stesso dibattito avuto in Québec negli anni novanta, tra  gradualisti e integralisti".

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**Se ERC sta ora cercando ispirazione nel cosiddetto "specchio scozzese", le varie fazioni all'interno dell'SNP guardano più seriamente alle ultime mosse catalane. **

Nel 2014, il referendum sull'indipendenza in Scozia è stato il risultato di un negoziato tra governo scozzese e britannico noto come come "Sezione 30". A differenza del 2012, quando i termini furono concordati tra le due parti, l'attuale governo britannico sotto Johnson ha escluso di accettare qualsiasi richiesta del genere nel prossimo futuro.

In tutta risposta, l'SNP ha annunciato a gennaio un piano in 11 punti che stabilisce una "tabella di marcia verso l'indipendenza". 

L'essenza del piano è quella di assicurarsi una maggioranza alle elezioni di maggio, dimostrando così un mandato per l'indipendenza e legiferando in vista di un secondo referendum. 

Spetterebbe poi al governo britannico accettare la richiesta di referendum, sulla base della "sezione 30", o fare come ha fatto Madrid, portando la sfida nelle aule dei tribunali. 

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Sturgeon ha comunque escluso categoricamente l'organizzazione di un referendum unilaterale in stile Catalogna, senza basi legali.

"Penso che la leadership dell'SNP abbia la testa molto dura, sanno che tutto dovrà essere fatto nella completa legalità", conclude Hughes. "Quindi, nonostante tutte le loro simpatie e legami con la Catalogna, hanno intenzione di differenziarsi da Barcellona, nel modo più educato e gentile possibile".

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