Morto per il coronavirus anche il cacicco Aritana Yawalapitio, uno dei più conosciuti capi indigeni brasiliani
Il Brasile è il secondo Paese al mondo più colpito dal Covid-19 (dopo gli Stati Uniti, ndr.), con oltre 2,8 milioni di persone contagiate e poco meno di 100.000 decessi. E la pandemia non ha certo risparmiato l'Amazzonia.
Secondo APIB (Articulação dos Povos Indígenas do Brasil), l'associazione nazionale che rappresenta le popolazioni indigene brasiliane, almeno 639 membri delle comunità autoctone sono morti (dati aggiornati a questo link). L'isolamento delle popolazioni locali non è sufficiente a tenere lontano il virus, ma è piuttosto un fattore che contribuisce alla vulnerabilità di queste popolazioni.
"Non abbiamo assistenza qui, sono io che faccio questo lavoro per aiutare i nostri parenti", spiega una donna indigena. "Qui ci sono persone con la pressione alta, diabete, che non possono essere ricoverate".
L'importanza dei test
In Brasile, lo stato di Amazonas è uno dei più colpiti dal Covid-19. Lontano dalla capitale Manaus, i sintomi sono spesso trattati con rimedi casalinghi. Non sempre efficaci. "E' molto importante avere i tamponi, perché purtroppo in questi villaggi ci sono ancora persone che non credono che questo virus possa contaminare gli altri", dichiara un'infermiera. "E quando qualcuno si presenta con i sintomi del Covid, almeno possiamo testarlo".
E tra le vittime di questo virus che non guarda in faccia nessuno, c'è anche il cacicco Aritana Yawalapiti, uno dei più importanti capi indigeni dell'Amazzonia, morto questo mercoledì a 71 anni. Aritana Yawalapiti soffriva d’ipertensione ed era stato ricoverato presso un reparto di terapia intensiva, in un ospedale della capitale dello stato di Goias, Goiania.
"Era un grande sostenitore della necessità di preservare e perpetuare la cultura del suo popolo per le generazioni future e un instancabile attivista contro la deforestazione", ha dichiarato la sua famiglia, annunciandone il decesso.