Coronavirus, ora sono gli stranieri in Cina a temere episodi di xenofobia

Virus Outbreak China
Virus Outbreak China Diritti d'autore Andy Wong/Copyright 2020 The Associated Press. All rights reserved
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Di Laura Llach
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"In Cina gli stranieri hanno sempre goduto di uno status superiore. Questo ha contribuito ad aumentare la rabbia dei cinesi", ci dice il responsabile della comunità cinese a Madrid

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"Meglio non avvicinarsi agli stranieri", si è sentita dire qualche giorno Eva dalla suocera cinese. 

Eva, spagnola (ci chiede di poter restare anonima) vive nel paese asiatico da cui è partita la pandemia di Covid-19. Ha un fidanzato cinese da due anni e mai prima d'ora aveva udito nulla del genere. 

Il coronavirus non è stato ancora eradicato in Cina e nelle ultime settimane è montata la paura dell'ondata di contagi "di ritorno". Ora è la comunità cinese ad essere diffidente nei confronti degli stranieri. Una situazione che ricorda quella vissuta in altri Paesi qualche mese fa, quando il virus si è diffuso per la prima volta oltre i confini dell'Hubei.

Questa non è la Cina

Sui social network il terreno per la xenofobia è fertile. "Sono tanti i post in cui si legge: 'Straniero, tornatene nel tuo Paese'. Ma questa non è la Cina", aggiunge Eva. 

Il numero di casi di discriminazione nei confronti dei residenti con passaporto diverso è aumentato da quando il numero di contagi importati ha superato quello della popolazione locale.

"Conosco una coppia a Shanghai che aveva una donna delle pulizie cinese sotto contratto. Quando gli altri clienti hanno scoperto che lavorava in casa di alcuni stranieri, è stata licenziata. Ci sono casi di vicini che si conoscono da molto tempo e che non vogliono nemmeno condividere l'ascensore con uno straniero".

In Cina, in una situazione come questa, ci si sente impotenti
Eva
Spagnola in Cina

Altre volte, continua Eva, sono i vicini stessi a chiamare la polizia per far controllare le famiglie di stranieri che vivono nell'edificio. Quando arrivano, chiedono loro i documenti e controllano il loro stato di salute. "In una situazione come questa, in Cina ci si sente impotenti".

Notizie come l'aggressione di un africano, che ha morso e picchiato un'infermiera cinese per sfuggire alla quarantena in un ospedale della provincia di Canton, si diffondono a macchia d'olio.

"Quando i cittadini cinesi vedono queste immagini, si arrabbiano e questo influisce sul sentimento di una società che ha già sofferto abbastanza. Si diffonde facilmente sui social network e alimenta un movimento impossibile da controllare", dice Dawei Ding, vicepresidente dell'associazione dei cinesi in Spagna.

Alcuni stranieri che vivono nel paese denunciano come le campagne di odio sui social network siano ora "passate" nella vita reale.

Un cocktail pericoloso

Agli occhi del portavoce della comunità cinese, nulla giustifica questi atti. Potrebbero esserci dei casi estremi, assicura, ma non crede che il trattamento discriminatorio sia la norma. "Al contrario, in Cina gli stranieri hanno sempre goduto di uno status superiore. Questo ha contribuito ad aumentare la rabbia dei cinesi", dice Dawei.

Anche Yuting Li, coordinatore del settore cinese di una società spagnola basata nel Canton, è d'accordo su questo punto. "Gli stranieri sono pagati di più anche se fanno lo stesso lavoro. In molte università, l'alloggio per gli studenti provenienti dall'estero è migliore di quello degli stessi cinesi e hanno a disposizione più borse di studio. È una cosa che dà molto fastidio alla società cinese".

Entrambi affermano che la combinazione di questo "status superiore" e le notizie sugli stranieri che aggrediscono i cittadini per scappare dalla quarantena creano "un cocktail Molotov difficile da contenere".

Yuting ci racconta di amici suoi a cui è stato rifiutato l'ingresso al ristorante o in palestre per il solo fatto di essere stranieri.  

Nella capitale cinese, Camilo Burgos, uno studente spagnolo, indica che dall'inizio della quarantena cerca di non uscire di casa se non per comprare da mangiare, molto rapidamente. Per questo motivo non ha assistito ad alcun episodio di razzismo. "Forse c'è, non lo nego. In un Paese di 1.300 milioni di persone, suppongo che episodi di questo tipo ci saranno sempre, ma non penso siano la regola."

"La Cina non è un Paese che tende a discriminare, anzi. Se ci sono state situazioni di tensione con gli stranieri, è stato a causa di gesti, diventati virali sulle reti sociali, e che hanno scatenato la rabbia popolare", dice lo studente.

Anche Carlos González, che vive nella provincia di Canton da gennaio, non ha subito alcun trattamento discriminatorio ma ammette che, quando dice di essere spagnolo, i suoi interlocutori tendono a preoccuparsi.

Nella sua provincia stanno prendendo più precauzioni: "Testano la maggior parte degli stranieri che vivono qui, possono fermarci alle stazioni della metropolitana per chiederci informazioni sul nostro stato di salute o se abbiamo visitato Wuhan negli ultimi 14 giorni. C'è un po' di nervosismo e vogliono prevenire un'altra ondata di contagi".

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