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"I am not a virus", artista contro la sinofobia da coronavirus alla Madrid Fashion Week

"I am not a virus", artista contro la sinofobia da coronavirus alla Madrid Fashion Week
Diritti d'autore L'artista e DJ 29enne, Putochinomaricón, suona a Madrid nell'aprile 2019. PIERRE-PHILIPPE MARCOU / AFP
Diritti d'autore L'artista e DJ 29enne, Putochinomaricón, suona a Madrid nell'aprile 2019. PIERRE-PHILIPPE MARCOU / AFP
Di Lillo Montalto Monella
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Putochinomaricón, violinista e architatto nato a Taiwan ma arrivato in Spagna quando aveva 11 mesi, è noto per le sue performance electropop e per le sue denunce contro l'intolleranza nei confronti della comunità LGBTI

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Un artista spagnolo figlio di immigrati taiwanesi, nome d'arte Putochinomaricón (in spagnolo, ironicamente, un'offesa nei confronti degli orientali), ha sfilato alla Madrid Fashion Week con una scritta sul corpo, "I am not a virus" per accendere i riflettori sull'ondata di sinofobia e razzismo che sta colpendo la comunità cinese nei giorni dell'epidemia del coronavirus. 

Chenta Tsai Tseng, il suo vero nome, ha pubblicato su Instagram foto e storia della sua performance, scrivendo: "Il dibattito sul virus sta assumendo connotazioni razziali che riguardano la comunità asiatica, già vittima di razzismo. Ho voluto cogliere l'occasione per inviare tutto il mio sostegno alle sorelle discriminate". L'attivista, che è anche scrittore e musicista, ha segnalato i collettivi che possono aiutare chi è vittima di razzismo e discriminazione.

Putochinomaricón, violinista e architatto nato a Taiwan ma arrivato in Spagna quando aveva 11 mesi, è noto per le sue performance electropop e per le sue denunce contro l'intolleranza nei confronti della comunità LGBTI. 

Anche Italia e Francia non sono immuni da episodi di ordinario razzismo nei confronti delle comunità asiatiche. Clienti che si rifiutano di farsi servire da personale asiatico, cinesi estromessi da mezzi pubblici di trasporto e i loro figli presi in giro. E poi quei cartelli scritti in cinese: "vietato l'ingresso", come quello che è comparso fuori da un bar a Roma. Secondo Marco Wong, presidente onorario di Associna, il coronavirus è solo un "alibi" che nasconde sentimenti preesistenti che ora emergono senza filtri. Durante l'epidemia di Sars fu lo stesso.

Oltralpe, sui social network francesi, sono apparsi tanti messaggi con hashtag #JeNeSuisPasUnVirus. Si tratta di testimonianze della comunità asiatica stanca di essere additata come responsabile della diffusione del coronavirus. "La connessione tra una persona asiatica e il coronavirus è una riproduzione completa di quel modello che associa gli omosessuali al virus dell'AIDS. Un modello completamente stigmatizzante e razzista", ha detto a Euronews la sociologa Ya-Han Chuang.

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