Europee 2019, 550 liste ai blocchi di partenza: in quale Paese si presentano più partiti?

Europee 2019, 550 liste ai blocchi di partenza: in quale Paese si presentano più partiti?
Diritti d'autore Un uomo accanto alle urne elettorali a Thessaloniki, Grecia. REUTERS/Alexandros Avramidis
Di Alice TideyVincente Coste
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Quali le conseguenze politiche di un parlamento europeo più frammentato in cui potrebbero arrivare almeno 50 formazioni euroscettiche? Un'analista ritiene che i gruppi tradizionali dovranno imparare a "lavorare in coalizioni tematiche" che vadano al di là delle tradizionali alleanze.

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Per queste elezioni europee si presentano ai blocchi di partenza circa 550 liste sparse tra i vari Paesi della Ue mentre gli elettori, sempre più disillusi, sfogliano la margherita per decidere chi voteranno. Ma soprattutto: se voteranno o meno.

Affluenza in calo costante: perché così poche persone votano alle elezioni europee?

Forse la cosa non soprenderà, dato che manda la delegazione di europarlamentari più folta a Bruxelles/Strasburgo, ma è la Germania lo Stato in cui corrono più partiti in assoluto con 41 liste. Ciononostante, la Repubblica Ceca, che elegge 21 deputati, vanta ben 39 raggruppamenti politici iscritti ufficialmente all'agone elettorale. Un numero maggiore rispetto a quello di Francia (34), Italia (18) e Regno Unito (27), il Paese che elegge più parlamentari dopo la Germania.

Per Susi Dennison, analista di politica estera al Consiglio Europeo sulle Relazioni Estere (ECFR), l'alto numero di liste mostra che "la politica europea sembra essere molto più caratterizzata dal forte senso di frammentazione e rottura del sistema. Vediamo che le persone non si sentono più rigidamente legate ad un partito, ma sono disposte a provare delle novità a causa del livello di disillusione rispetto al sistema politico".

Il paradosso della UE

Un'indagine condotta in 14 Stati membri dell'UE e pubblicata la scorsa settimana dall'ECFR rileva come i tre quarti degli intervistati ritengano ormai in frantumi il sistema politico del proprio paese, o quello europeo o entrambi. Dennison si aspetta che circa un terzo del prossimo parlamento dell'UE sarà composto da eurodeputati antieuropeisti, per un totale di almeno 50 partiti papabili per una possibile alleanza. Un paradosso, ha sottolineato, visto che recenti sondaggi (Eurobarometer e Pew Research) rilevano come l'opinione sulla UE sia sostanzialmente positiva.

Eppure, l'ECFR ha rilevato nei giorni scorsi come in 14 Stati membri (ad eccezione della Spagna) la maggior parte degli intervistati ritenga che la UE andrà in frantumi entro i prossimi due decenni. "Si osserva che gli elettori scorgono ancora valore nel progetto europeo e nell'identità europea in un mondo in cui le comunità locali stanno cambiando, in cui l'impatto della globalizzazione rende i cittadini incerti; ma questo sentimento è giustapposto alla percezione che il nazionalismo e la divisione all'interno della UE stia diventando una minaccia. A tal punto che, secondo loro, la Ue potrebbe cessare di esistere", ha spiegato Dennison.

Un diverso tipo di dinamica parlamentare molto "più pragmatica"

I partiti anti-UE, ha proseguito, stanno capitalizzando sul fattore paura pur riconoscendo al tempo stesso che gli elettori non odiano l'Unione europea. Chi chiedeva un referendum sull'adesione del proprio Paese ha fatto marcia indietro.

"Si parla invece di cambiare l'Europa e di un'Europa di buon senso oppure si propongono come il partito del cambiamento. Stanno capitalizzando sull'ottimismo, sul fatto che esista un futuro migliore all'interno di un'Europa diversa, e dicono di essere i soli a poter offrire una soluzione alla paura e allo stress per il futuro", conclude Dennison.

Se i gruppi parlamentari tradizionali risulteranno indeboliti da un numero crescente di eurodeputati anti-UE, il processo decisionale potrebbe diventare "molto più pragmatico", dato che il Partito Popolare Europeo (PPE) e il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) dovranno "lavorare in una coalizione tematica per far passare le decisioni". I partiti principali potrebbero, quindi, dover trovarsi a lavorare in gruppi alternativi. "Dopo queste elezioni, è importante che i partiti mainstream comprendano la diversità all'interno del gruppo antieuropeo e cerchino aree in cui lavorare insieme".

La scheda di voto ungherese
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