Bonifica pontina, che fine hanno fatto le baracche di Mussolini?

Bonifica pontina, che fine hanno fatto le baracche di Mussolini?
Di Paolo Alberto Valenti
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La storiografia ufficiale ha sempre ricordato l'epopea della bonifica delle Paludi Pontine a sud di Roma ma la bonifica del litorale fra Terracina e Sperlonga è stata dimenticata nonostante sia stata un'impresa forse migliore della grande operazione propagandistica del fascismo

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La bonifica dell’Agro Pontino (zona costiera del basso Lazio)? Un lavoro di secoli in cui si esercitarono tanto gli antichi romani quanto i papi e infine il fascismo. Esiste persino un disegno di Leonardo Da Vinci sul prosciugamento delle paludi pontine nella biblioteca reale dei Windsor in Inghilterra.

La “battaglia del grano”, tanto celebrata dalla propaganda fascista, che riuscì a esibirla anche a livello internazionale (come se l’Italia fosse stata sempre terzo mondo), resta solo il più spettacolare ricordo di una dura lotta fra l’uomo e le zone malariche che hanno afflitto anche altre porzioni dimenticate del Paese come la Maremma o le valli di Comacchio.

Le foto cartolinizzate di Mussolini in mezzo ai contadini

La vecchia e rara fotografia cartolinizzata del 1933 (Archivio Sturani), che illustra questa pagina, è quella di un Mussolini che in pieno relax si aggiusta "le sue cose" fra le contadine della zona di Littoria (con questo nome era stata fondata dal fascismo la futura città laziale di Latina) quando appunto il duce interpretava (per la cinepresa) il ruolo del condottiero totale capace di trasformarsi in contadino mietitore.

La bonifica di Salto di Fondi

Pochissimi invece ricordano la bonifica del litorale fra Terracina e Sperlonga che narra forse una storia altrettanto dura ma meno retorica e forse più felice e umana dell’insieme della bonifica fascista. Una storia iniziata prima della bonifica del duce.

Ancor oggi percorrendo la via Pontina per giungere a Latina e Terracina ci si accorge che passata quest’ultima, le antiche case coloniche sono ancora quasi intatte, immutabili e da poderi di campagna sono diventate dagli anni Settanta in avanti residence estivi, agriturismi o ville ben diverse dai poderi/baracche che la fascista Opera Nazionale Combattenti consegnò ai coloni scesi dall'Italia del nord est.

L'antico proprietario terriero dell’area, il compianto Marchese Bisleti, fin dagli anni Venti fece costruire nella zona del Salto di Fondi casali in pietra dalle mura spesse mezzo metro per ospitare i suoi volenterosi contadini anche loro spesso provenienti da Veneto e Friuli.

“I pionieri del salto di Fondi” (patrocinato fra gli altri dalla Città di Fondi, dalla Regione Veneto e dalla Fondazione Fidapa) è il libro documento che con passione e amore Rosa Maiorino, dedica alla storia di una comunità che ha sofferto come le famiglie approdate negli anni Trenta nelle diverse migliaia di ettari che circondavano Littoria al seguito della colonizzazione fascista. La città di Littoria era stata inaugurata da Benito Mussolini il 18 dicembre 1932 a circa un anno dall’inizio dei lavori di recupero dei territori: la posa della prima pietra risale al 30 giugno 1932.

Le campagne di Fondi

La piana di Fondi era stata nei secoli snodo fra il Lazio e la Campania Felix. Lungo la via Appia dopo il Pisco Montano (pinnacolo di roccia sottostante il tempio di Giove), simbolo di Terracina, mentre si piega verso l’interno, nelle campagne un tempo infestate dai briganti, si apre lo specchio dolcissimo del lago di Fondi che come un fiordo (senza rocce o montagne perimetrali) si adagia con diversi rami fra la duna e l'entroterra.

I fondatori: la famiglia Cristini. E poi i Lovisetto, i Semenzato, i Nogarotto

I primissimi pionieri furono la famiglia Cristini che, originaria del frosinate, accettò di vivere in una zona del tutto inesplorata a Salto di Fondi, all’Isola del Salto, grandissima, selvaggia, non coltivata, con un bosco impenetrabile, rifugio di rettili e cinghiali.

Poi seguirono gli altri, le famiglie diventate l’anima dei luoghi come i Lovisetto, i Nogarotto, i Semenzato, eroi di un’arcadia dimenticata perchè 25 o 30 poderi non bastano a riempire la storia e a muovere la macchina della propaganda.

Un benefattore dimenicato

Il loro datore di lavoro, il Bisleti, è stato sempre ricordato non come un padrone ma come un benefattore, probabilmente distaccato dalla dimensione politica della sua epoca. L’ironia della sorte ha fatto sì che la sua dimora restasse per lungo tempo del tutto diroccata e dimenticata anche se passando sulla via Flacca nell’aera di Sant’Anastasia la si nota ancora per le sue forme gentilizie.

Cinecittà si fermò a Terracina

L’eco di quell’epopea risale al documentario "I piccoli artigiani del duce" (realizzato a Cinecittà) un autentico capolavoro televisivo messo in onda più volte anche dall'emittente franco-tedesca Arte. Le sorprendenti interviste che lo compongono - fatte ad anziani contadini di Borgo Piave nell'agro Pontino - hanno rivelato la fascinazione e l'orrore per la maggiore tragedia collettiva vissuta dagli italiani nel Novecento.

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La piana di Fondi invece resta tanto vicina quanto lontana dal fragore della storiografia ufficiale, forse perché da sempre è una zona di confine, quindi un po' speciale, esclusiva come la sua storia.

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