Bologna, 2 agosto 1980: il 43esimo anniversario della strage che ancora divide l'Italia

Il treno su cui è esplosa la bomba il 2 agosto 1980
Il treno su cui è esplosa la bomba il 2 agosto 1980 Diritti d'autore -/AFP
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Di Ilaria Cicinelli
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43 anni fa una bomba squarciava la stazione centrale di Bologna uccidendo 85 persone e ferendone 200. Oggi la commemorazione di uno degli episodi più bui nella storia d'Italia, tra il ricordo e il dolore dei parenti delle vittime. Molte le critiche al governo per le parole controverse della destra

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Commozione e lacrime a Bologna, per il 43esimo anniversario del più grave attentato nella storia della Repubblica italiana, preda a più riprese del terrorismo estremista nei cosiddetti anni di piombo. Il 2 agosto 1980, alle 10.25, esplodeva, nella stazione di Bologna la bomba che spezzò le vite di 85 persone e ne ferì altre 200. 

Il corteo per commemorare le vittime è partito questa mattina poco prima delle 9.00 da piazza Maggiore, per arrivare in piazzale delle Medaglie d'oro, antistante alla stazione, dove in molti hanno espresso la propria solidarietà alle famiglie delle vittime. Per un intero minuto la città è rimasta in silenzio nell'ora esatta in cui la bomba ha squarciato la stazione centrale di Bologna. 

"La ricerca della verità completa è un dovere che non si estingue, a prescindere dal tempo trascorso. È in gioco la credibilità delle istituzioni democratiche" è stato il commento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Anniversario che ancora divide

Ma sono arrivati anche rabbia e sconcerto per le affermazioni di alcuni esponenti del governo che sminuirebbero la matrice neofascista dietro all'attentato, appurata da diverse sentenze e processi. Nel mirino ci sono anche le parole del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, grande assente della giornata: "Il 2 agosto 1980 - ricorda - il terrorismo ha sferrato all'Italia e al suo popolo uno dei suoi colpi più feroci". Nonostante vi siano state condanne definitive per i terroristi di estrema destra dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar) - Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini, tutti e tre a oggi liberi o quasi, nonostante le sentenze del '95 (e del 2007 nel caso di Ciavardini) li inquadrino come gli esecutori materiali della strage, anche se si dichiarano tutt'ora innocenti - Meloni ha scelto di non ricollegare in modo esplicito l'attentato al terrorismo nero. 

“Questo anniversario è carico di speranza, grazie ai processi in corso a Cavallini e Bellini, condannati all’ergastolo in primo grado. Ma anche di inquietudine, per il clima politico e culturale”. Per chi è coinvolto nella ricerca della verità si respira un clima turbolento, pieno di incertezza, che è possibile ritrovare nelle parole di Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei parenti delle vittime della strage che ha parlato questa mattina in Comune, a Bologna. "Il ministro Nordio, dicendo cose false in parlamento, ha cercato di salvare il terrorista Cavallini da una situazione messa male" ha accusato, riferendosi alla controversa norma sui giudici popolari over 65 in Corte d'assise promossa proprio dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio. In funzione di questa legge Cavallini, in appello, avrebbe voluto annullare il processo e la condanna in primo grado sostenendo che la sentenza non sarebbe valida a causa dell'età dei giudici che l'hanno emessa. Una richiesta respinta.

La pista estera

Ha fatto molto discutere la proposta di Fratelli d'Italia di istituire una nuova commissione d'inchiesta parlamentare per indagare su un eventuale pista "estera". Una decisione dalle motivazioni opache, dopo che anche le nuove sentenze di primo grado, arrivate tra il 2020 e il 2023, che inquadrano il ruolo, prima di Gilberto Cavallini e poi di Paolo Bellini nel concorso alla strage, ribadiscano il ruolo centrale dei gruppi neofascisti italiani. Cavallini è stato anche l'esecutore materiale dell'assassinio del magistrato romano Mario Amato, che stava in quel momento indagando sui legami tra i Nar, la criminalità organizzata e i servizi segreti. Tutti e cinque i terroristi finiti a processo hanno confessato l'omicidio.
Non solo, i nuovi processi hanno puntato il riflettore sui mandanti della strage: Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D'Amato e Mario Tedeschi, membri della famigerata loggia P2 che ha condizionato il periodo stragista e decenni di politica italiana agendo in funzione di quella che è stata definita la "strategia della tensione".

La mano invisibile  tra P2, intelligence e depistaggi

La P2, insieme a diversi membri dell'Intelligence italiana, sarebbe stata alla base dei numerosi depistaggi, volti a coprire il ruolo dell'estrema destra terrorista, che hanno coinvolto anche una fetta più o meno ampia dei servizi di sicurezza dell'epoca, tra cui il generale Giuseppe Santovito e il colonnello Piero Musumeci. I due in particolare hanno pilotato, nel 1981, il ritrovamento, sul treno Taranto - Bologna, di un carico di armi ed esplosivi che combacerebbero con il materiale dinamitardo usato per l'attentato dell'anno prima a Bologna, insieme ai documenti (falsi) di due presunti terroristi stranieri. La Cassazione, il grado supremo di giudizio in Italia, ha confermato che il carico era stato lì posizionato proprio da quella fetta di servizi deviati e collusi con la loggia P2, che hanno partecipato ai molteplici depistaggi, nati proprio all'interno degli apparati corrotti dello Stato.

Una mano invisibile , questa, che indicava  piste estere, tra cui le più celebri sono quelle del terrorista rosso Carlos e quella palestinese che indicava il coinvolgimento palestinese come vendetta perché l'Italia non avrebbe rispettato il "lodo Moro" - il patto informale stretto tra l'Italia e i membri del Fronte popolare per la liberazione della Palestina con cui si riconosceva la legittimità della resistenza palestinese, e secondo cui questi ultimi non sarebbero stati perseguiti se trovati in possesso di armi sul territorio italiano, per porre fine, in cambio, alle violenze che avevano toccato anche l'Italia, come nel caso più eclatante dell'attentato all'aeroporto di Fiumicino nel 1973 che uccise 32 persone -  con l'arresto di Abu Saleh del 1979, riconosciuto come committente del trasporto di alcuni missili aria terra. 

I timori di una nuova commissione parlamentare

Diversi membri della destra italiana hanno continuato negli anni a rivendicare l'esistenza della pista estera, in particolare quella palestinese, anche se bocciata diverse volte dalla magistratura, nell'ambito delle diverse inchieste sul caso. In molti temono che la nuova commissione di inchiesta possa voler a tutti i costi deresponsabilizzare i neofascisti dall'accaduto, in una rilettura che forzando la pista estera, come già successo in passato, distoglierebbe l'attenzione dal ruolo, ben più ampio e al contrario accertato, che i neofascisti, i membri della P2 e diversi esponenti all'interno degli apparati statali hanno avuto nella vicenda. Uno dei capitoli più oscuri ad aver condizionato la storia italiana in modo permanente.

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