Clima: le città unite per un pianeta verde

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All’ombra della conferenza sul clima, la Cop 21, 700 sindaci provenienti da tutto il mondo si riuniscono giovedì a Parigi per parlare degli impegni

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All’ombra della conferenza sul clima, la Cop 21, 700 sindaci provenienti da tutto il mondo si riuniscono giovedì a Parigi per parlare degli impegni che a livello locale possono cambiare la rotta del pianeta terra.
Il vertice sarà aperto dal presidente francese Hollande, al vertice due copiloti, il sindaco di Parigi Anne Hidalgo e l’ex sindaco di New York, Michael Bloomber, oggi braccio destro di Ban Ki Moon per le città e il cambiamento climatico.

Coordinare l’azione delle città è importante, queste infatti sono all’origine del 70% delle emissioni mondiali di gas a effetto serra.
L’obiettivo delle città è di ridurli annualmente di 3,7 gigatonnellate entro il 2030 e di passare alle energie verdi per il 100% del fabbisogno energetico da qui al 2050.

Contrariamente ai negoziati tra i vari Paesi, quelli tra le città sono più semplici perché ci sono meno rivalità, per cui la municipalità di Parigi è ottimista sull’esito del vertice.

Tra i cambiamenti più importanti da mettere in atto, quello dei mezzi di trasporto, all’origine della gran parte di particolato presente nell’aria e considerato l’inquinante di maggior impatto nelle aree urbane.

Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, nove cittadini su 10 vivono in un ambiente dall’aria quasi irrespirabile.

L’Italia detiene il sinistro record del maggior numero di morti premature dovute a micropolveri sottili, che, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, nel 2012, hanno causato quasi 85 mila vittime.

Il caso di Pechino è emblematico, ma la capitale cinese è in buona compagnia.
Le buone pratiche a livello locale cominciano a avere seguito e le coscienze dei cittadini sembrano svegliarsi.

Da Pechino fino a Montréal.

-Christophe Garach, euronews:
Oggi con noi Denis Coderre, sindaco di Montréal nonché presidente della comunità metropolitana di Montreéal.
Lei era a Parigi questo lunedì, dove il presidente della Cop 21, laurent Fabius, ha annunciato di volere un accordo dinamico, giusto, giuridicamente vincolante.
Pensa che sia fattibile?

Denis Coderre: “Penso di si, perché come ha detto Banki Moon non c‘è un piano B per il pianeta.
Non c‘è altra via uscita, adesso bisogna essere realisti e bisogna assicurare la riuscita del piano e la soluzione è da ricercarsi all’interno delle città.
Come dicono gli inglesi, pensa globalmente e agisci localmente. Se vogliamo assicurare la riuscita del piano, questo dovrà essere applicato e ralizzato dalle città”.

-Come sindaco invita i suoi colleghi a livello internazionale a agire, perché a livello locale si può fare di più?

“Con Anne Hidalgo, sindaco di Parigi, et Michael Bloomberg, ex sindaco di New York, braccio destro di Ban Ki-Moon per gli affari urbani, si riuniranno questo giovedì, diverse centinaia di sindaci, e l’agenda è chiara e precisa. Vogliamo assicurarci di trovare soluzioni attraverso economie circolari, penso ai materiali di risulta.

Bisogna dotarsi di un’agenda che sia pragmatica, che sia realizzabile. Alla fine ci rendiamo conto che i problemi sono gli stessi per tutte le città.

Chiaro ci sono realtà diverse, ma i problemi legati alla buona razionalizzazione dell’acqua, la gestione dei materiali di risulta, etc.etc. penso che siano tutti strumenti che possono aiutarci a realizzare questo piano”.

-Che possiamo fare a breve e medio termine nelle nostre città per combattere il surriscaldamento del pianeta?

“Il 43% dei gas tossici proviene dai mezzi di trasporto.
Montreal, le Quebec, usano per il 99% energia idroelettrica o rinnovabile.
Quindi i trasporti sono meno inquinanti, ci sono più investimenti a livello d’infrastrutture, più lavoro intorno all’economia circolare. Abbiamo un processo di fito-decontaminazione. In cosa consiste?
È un processo che usa le piante per la decontaminazione de suoli inquinati da metalli tossici fatto con piante che sono riutilizzate per fare dei biocarburanti.
Tutto questo avrà un effetto sull’ emissioni tossiche e sulla strategia di gestione dell’acqua”.

-Ha fatto dei calcoli?

“Si parla di diversi milioni di dollari, anche di decine, centinaia di milioni. Si tratta di un investimento e alla fine i soldi che si risparmiano con l’idroelettricità, con i trasporti elettrici, ibridi, rispetto all’energia fossile, sono un investimento che non solo crea del lavoro, ma che ha un impatto sullo sviluppo economico, sullo sviluppo sociale e sicuramente sul surriscaldamento del pianeta”.

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-Il Canada è sempre stigmatizzato: è il 5 produttore mondiale di petrolio, è arrivato alla Cop21 con obiettivi poco ambiziosi secondo le ONG.
Il nuovo premier Trudeau può invertire la rotta?

“Penso di si, il governo Trudeau si è appena insediato e non possiamo chiedere già un programma dettagliato. Ma come ha visto, Trudeau ha investito massicciamente miliardi di dollari sul problema del surriscaldamento del pianeta.

Il fatto che abbiate governo centrale, regioni, province e città che parlano a una sola voce è importante, l’energia fossile esiste ancora, è una risorsa ma bisogna trovare alternative e assicurarsi che si possa avere a livello di trasporti un impatto certo stabilendo tappe di transizione.
Siamo pronti e già lo facciamo”.

-È cambiato qualcosa? “Si, l’atteggiamento è cambiato. Gli inglesi dicono, il Canada è tornato e sinceramente penso che in molti notino il cambiamento che c‘è stato a Ottawa”.

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