La scorsa settimana Elon Musk ha avvertito gli investitori che le contromisure ai dazi americani imposte dalla Cina limitano le spedizioni di terre rare. E che ciò ritarderà lo sviluppo di robot umanoidi Optimus di Tesla
I dazi non erano all'ordine del giorno del Robotics Summit di questa settimana a Boston, negli Stati Uniti, al quale hanno partecipato migliaia di lavoratori dell'industria tecnologica (assieme ovviamente a umanoidi e altri robot). L'obiettivo era infatti di confrontarsi sulla produzione e commercializzazione di una nuova generazione di macchine sempre più autonome.
Aaron Saunders, Chief Technology Officer (Cto) di Boston Dynamics, aveva ad esempio invitato la folla a porgli delle domande. Ma aveva avvertito: "Io faccio il Cto, quindi non chiedetemi niente sui dazi". I presenti hanno sorriso e si sono adeguati.
Ma mentre ci si affollava sul palco del centro congressi di Boston, accolti da un umanoide telecomandato prodotto dall'azienda cinese Unitree, era difficile ignorare l'ombra della guerra commerciale avviata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump e delle misure di ritorsione adottate dalla Cina. I dazi rappresentano "l'argomento numero uno di cui si discute nei corridoi e ai distributori d'acqua, anche con persone che conosco da molto tempo", ha dichiarat l'organizzatore dell'evento Steve Crowe, presidente dell'annuale Robotics Summit & Expo. "Penso che si tratti sicuramente un tema molto sentito, perché c'è molta incertezza su ciò che accadrà".
Le terre rare tra le vittime della guerra commerciale
Questa preoccupazione è legata d'altra parte alla stessa, complessa, anatomia di un robot, composto da motori e strumenti atti a muovere gli arti, computer necessari per alimentare l'intelligenza artificiale (AI) e dispositivi di rilevamento per aiutarli a reagire all'ambiente circostante. Per tutto ciò servono sensori, semiconduttori, batterie e magneti. E le terre rare, colpite dalle politiche protezioniste, sono tra le componenti necessarie a tali scopi.
La scorsa settimana l'amministratore delegato di Tesla, il miliardario consigliere di Trump Elon Musk, ha avvertito gli investitori che le contromisure imposte dalla Cina che limitano le spedizioni di magneti di terre rare, ritarderanno lo sviluppo dei robot umanoidi Optimus di Tesla.
Al summit di mercoledì e giovedì, alcuni produttori hanno riscontrato però un potenziale lato positivo nei cambiamenti geopolitici, in quanto le aziende americane cercano più facilmente forniture nazionali di componenti e di sviluppare i robot direttamente negli Stati Uniti. "Questa situazione ha portato alcuni inconvenienti alla nostra catena di approvvigionamento. Ma ha anche aperto delle opportunità", ha dichiarato in un'intervista Pras Velagapudi, Cto di Agility Robotics, con sede in Oregon.
L'azienda sta iniziando a impiegare il suo robot umanoide, chiamato Digit, in uno stabilimento statunitense gestito dal produttore tedesco Schaeffler, che produce cuscinetti a sfera e altri componenti per l'industria automobilistica. Al Makke, direttore dell'ingegneria dell'azienda, ha affermato che i dazi potrebbero spingere molte aziende a localizzare la produzione di una serie di articoli negli Stati Uniti: "Se ciò accade, le aziende locali dovranno fare i conti con gli alti costi della manodopera e con la carenza della stessa, quindi l'automazione verrà ulteriormente spinta. E uno dei volti di questa automazione è rappresentato dagli umanoidi".
Incertezza nelle catene di approvvigionamento
La maggior parte dei grandi robot industriali impiegati negli Stati Uniti è utilizzata per la produzione di automobili e viene importata da Paesi come il Giappone, la Germania o la Corea del Sud. Le case automobilistiche statunitensi hanno installato nei loro stabilimenti il 9,6 per cento di robot in più rispetto all'anno precedente, secondo i nuovi dati dell'International Federation of Robotics.
Per ora, gli umanoidi sono ancora una nicchia che suscita una forte curiosità, in parte grazie alla fantascienza. Saunders, della Boston Dynamics, di proprietà della Hyundai, ha presentato mercoledì un aggiornamento sullo sviluppo del suo robot umanoide Atlas, ma non ha portato con sé un prototipo fisico.
L'unico umanoide presente alla conferenza era il G1 di Unitree. Commercializzato al prezzo di 16mila dollari e controllato a distanza da un dipendente che si trovava nelle vicinanze, il robot stringeva con facilità le mani, salutava le persone e camminava per la fiera, ma non sposterà casse o non lavorerà presto in una fabbrica.
I suoi principali clienti al di fuori della Cina sono ricercatori accademici e alcuni influencer dei social media, e gli attuali dazi di Trump sulla Cina, che ammontano al 145 per cento, farebbero lievitare il costo del robot per gli acquirenti americani a circa 40mila dollari (35mila euro), ha dichiarato Tony Yang, vicepresidente di Unitree per lo sviluppo del business che gestisce le vendite in Nord America.
Tuttavia, la strategia di Unitree di sviluppare rapidamente l'hardware e il software è proiettata sul lungo termine: "È ancora un mercato molto ristretto, ma credo che ci sia ancora un enorme potenziale sul lato industriale, come per la produzione e le fabbriche, ma anche per l'uso domestico", ha spiegato Yang.
Le inquietudini dei produttori: "I dazi hanno portato molta incertezza"
In un campo da pickleball, alcuni partecipanti alla conferenza hanno fatto una pausa per prendere una racchetta e colpire le palle lanciate da un robot su ruote. Quando gli è stato chiesto di descrivere cosa ci sia all'interno del robot Tennibot, il suo creatore non ha potuto fare a meno di citare a sua volta i dazi. "Pezzi stampati a iniezione, rivetti, viti, dadi, ruote, motori, batterie", ha ammesso Haitham Eletrabi, cofondatore e CEO di Tennibot, con sede a Auburn, Alabama. "Le catene di approvvigionamento sono molto complesse. I pezzi ci arrivano da tutto il mondo. I dazi aggiungono molta incertezza".
Non è solo la rivalità commerciale tra Stati Uniti e Cina a pesare su alcuni partecipanti. Francesca Torsiello, dell'azienda di reclutamento Adapt Talent, ha dichiarato di avvertire anche una maggiore diffidenza da parte dei candidati canadesi del settore della robotica e dell'ingegneria ad accettare posti di lavoro negli Stati Uniti in un contesto politico teso: "In passato, le persone in Canada trovavano attraente venire a lavorare per le aziende statunitensi. Ora sono molto esitanti", ha osservato.