La deputata della sinistra Cansin Köktürk è stata allontanata dall’aula del Parlamento tedesco per aver indossato una maglietta con la scritta "Palestina". Il Bundestag ribadisce il divieto di simboli politici visibili durante le sedute
Nuova controversia in Parlamento tedesco: la deputata del partito di sinistra Die Linke, Cansin Köktürk, è stata espulsa mercoledì dall’aula del Bundestag per aver indossato una maglietta con la scritta “Palestina”, considerata una dichiarazione politica non consentita durante le sessioni parlamentari.
A richiamarla pubblicamente è stata la presidente del Bundestag Julia Klöckner (CDU), che ha ricordato all’assemblea il regolamento interno che vieta espressamente slogan o simboli politici su abiti e accessori durante le sedute.
“Abbiamo regole chiare: né adesivi né scritte di alcun tipo sono ammessi nell’aula plenaria”, ha dichiarato Klöckner. “Ho chiesto alla signora Köktürk di cambiarsi. Poiché ha rifiutato, le chiedo ora di lasciare l’aula”.
Precedenti simbolici e polemiche politiche
L’episodio di mercoledì non è il primo in cui la deputata si è scontrata con l’etichetta istituzionale. Già al suo primo giorno da parlamentare, Cansin Köktürk aveva fatto discutere presentandosi con una sciarpa simile a una kefiah palestinese, attirando le critiche della Cdu e aprendo il dibattito su un possibile divieto di simboli ritenuti divisivi o provocatori.
La diretta interessata ha replicato duramente via social, accusando il Parlamento di ipocrisia. In un post su X (ex Twitter), ha scritto:
“La Germania continuerà a fornire armi a Israele. Non una parola su oltre 50.000 bambini morti o feriti. Ma io vengo espulsa perché sulla mia maglietta c’è scritto 'Palestina'. Avete fallito”.
Un Parlamento tra decoro e libertà d’espressione
Pur in assenza di un codice di abbigliamento dettagliato, il Bundestag richiede che deputati e visitatori si vestano in modo “consono al prestigio” dell’istituzione. L’applicazione pratica di questa norma, tuttavia, è lasciata alla discrezione del presidente della sessione, alimentando controversie e interpretazioni variabili.
Negli ultimi anni, non sono mancati episodi analoghi: nel 2017, a una studentessa è stato chiesto di nascondere la felpa “Refugees Welcome”; nel 2009, uno studente fu fermato per una t-shirt con lo slogan “Fate l’amore, non la guerra”; più recentemente, il deputato Marcel Bauer è stato espulso due volte per essersi rifiutato di togliere un cappello ritenuto inappropriato.
Il confine tra simbolismo e provocazione
Il caso Köktürk riaccende il dibattito sulla libertà d’espressione nei luoghi istituzionali. Mentre alcuni difendono la necessità di un decoro formale per proteggere la neutralità del Parlamento, altri denunciano un clima sempre più restrittivo verso forme pacifiche di dissenso.
In un contesto politico europeo già teso per il conflitto in Medio Oriente, l’episodio mette in luce le difficoltà delle istituzioni nel bilanciare regole di comportamento e diritti individuali, specialmente quando la posta in gioco è l’identità politica o il sostegno a cause internazionali.