L'artista Damien Hirst ne fa un'altra delle sue. Distrugge delle sue opere e lo fa a caro prezzo
E dopo la banana appesa al muro di Maurizio Cattelan, dopo l'opera che si autodistrugge alla fine dell'asta di Bansky ecco l'opera che viene distrutta dall'autore come performance artistica.
In fumo, opera Damien Hirst. Il provocatorio artista britannico ha bruciato centinaia di suoi dipinti in una galleria di Londra nell'ambito di un progetto chiamato "The Currency". Le opere oggetto di masterizzazione sono quelle che gli acquirenti avevano scelto, dopo aver deciso di mantenerle solo in forma digitale, come NFT (token non fungibili).
Così Damien Hirst: "Istintivamente, ho la sensazione che non sia bene bruciare l'opera d'arte. Ma quando ci penso, so che devo bruciarla perché fa parte del processo di quello che sto facendo. Penso che realizzare opere d'arte, sia un processo anche digitale non solo fisico. A volte guardi un dipinto e pensi: 'Ho bisogno di aggiungere un altro tocco di blu', ma po dici: 'no, se lo faccio lo rovino. E poi pensi: 'dovrei o non dovrei?' ti trovi in un grande dilemma. Poi lo fai e lo rovini a volte, e se non lo fai magari te ne penti. È solo una decisione artistica".
I colorati spot dipinti sono stati venduti sulla base del fatto che gli acquirenti avrebbero dovuto scegliere tra la versione cartacea o il modulo NFT. A partire da circa 2000 euro. In realtà ci sono motivi molto meno artistici. Un'opera digitiale può essere riprodotta all'infinito a costo zero e gli NFT sono ormai una nuova forma di speculazione.