Dal 27 novembre al 2 dicembre Papa Leone XIV sarà prima in Turchia poi in Libano. Si tratta del primo viaggio apostolico del Santo Padre, in occasione dei 1700 anni dal Primo Concilio di Nicea avvenuto nel 325
Nella lettera apostolica In unitate fidei consegnata alla Chiesa il 23 Novembre scorso, Papa Leone XIV ripercorre la storia del Concilio, soffermandosi sul suo “valore ecumenico”, che diventa così la cifra distintiva del suo primo viaggio fuori dall'Italia in Turchia e Libano dal 27 novembre al 2 dicembre.
La ricorrenza serve quindi per promuovere il dialogo tra Oriente e Occidente, rappresentando un invito a “camminare insieme per raggiungere unità e riconciliazione” per promuovere un nuovo ecumenismo che non guarda più al passato, ma al futuro.
La visita in Turchia, è un viaggio alle radici del Cristianesimo che esaudisce uno dei desideri di Papa Francesco, per il quale il Concilio di Nicea è “una delle pietre miliari della storia del Cristianeismo”.
A recarsi in questo Paese già furono altri Pontefici, tra cui Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI nel 2006 e Francesco nel 2014. Mentre in Libano, culla dei Fenici, andarono Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Sia in Turchia sia in Libano oltre all’incontro con le più alte cariche istituzionali, sono previsti anche momenti di pregheria in linea con lo “spirito ecumenico” della missione, come quello quello atteso nel corso del pellegrinaggio a Nicea, l’attuale Yznik, nei pressi degli scavi archeologici dell’antica basilica di San Neofito.
A Istanbul, oltre alla visita alla Moschea Blu, previsto anche il saluto al Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, con firma di una dichiarazione congiunta presso il Palazzo Patriarcale.
In Libano, dopo la visita al Monastero di San Maroun e al Santuario di nostra Signora del Libano ed Harissa, ci sarà anche l’incontro ecumenico ed interreligioso in Piazza dei Martiri nel centro di Beirut alla presenza di tutti i leader religiosi: dal Patriarca assiro-cattolico, a quello maronita, fino al grande Imam sunnita e il rappresentante sciita.
Prima di ripartire per Roma sarà la volta della preghiera silenziosa presso il Porto della città in memoria delle vittime dell’esplosione che ha sconvolto il Paese cinque anni fa.
Denominatore comune, la vicinanza a tutti i cristiani di tutte le confessioni che si riconoscono nel Concilio di Nicea.
Un viaggio, preceduto in queste ore, dal riaccendersi delle tensioni soprattutto nella terra dei cedri, dove in questi giorni si sono intensificati i raid israeliani, che non stanno colpendo solo il sud del Libano ma anche la periferia meridionale di Beirut, dove pochi giorni fa è stato ucciso “il numero due” di Hezbollah.
Il portavoce della Sala Stampa Vaticana, Matteo Bruni, alla presentazione del viaggio apostolico, ha chiarito che in quanto al tema della sicurezza, sono state prese tutte le precauzioni del caso.
“L’idea di unità” nella lettera apostolica sul Concilio di Nicea
“L'Unità come ha spiegato il Papa nella sua lettera apostolica sul Concilio di Nicea è l'unità dei diversi che camminano insieme rispettosi delle proprie diversità”, dice il vaticanista Riccardo Cristiano.
“Sono finiti i tempi dell'annessione tra le Chiese, come si dice nella lettera, l'unità non è uniformità, non è totalitarismo quindi bisogna ragionare insieme riconoscendo la dignità delle proprie diversità senza imporre, ma stando però insieme”.
“L'unità di Nicea è il messaggio di Pace che il Papa rivolgerà in ogni luogo da lui visitato” conclude Cristiano.
Parlando ancora delle parole di pace che il Pontefice pronuncerà dal medio oriente, Cristiano commenta: ”Si rivolgerà a tutta l'area, a partire da quella che non ha problemi di conflitti, dai Paesi del Golfo, fino a Gaza, Cisgiordania, ma anche Giordania e poi lo stesso Libano, ma anche Siria e Iraq”.
Le parole di Giovanni Paolo II, “Il Libano come messaggio”
Un Paese, il Libano dilaniato da numerosi conflitti, ma anche da una crisi economica senza precedenti. A pesare la “dollarizzazione” e la svalutazione della moneta corrente acuita dal tragico evento dell’esplosione al Porto di Beirut, di cinque anni fa che ha causato la morte di oltre duecento persone.
“Si tratta di un Paese estremamente provato economicamente e psicologicamente, dove si sta vedendo una sorta di adeguamento, ha spiegato Cristiano”. Lo Stato va rafforzato grazie alla partecipazione di tutti. Ritrovare questo spirito e questa coesione, è uno dei compiti più importanti, alla base di una comunità come quella cristiana che è al bene comune ci ha sempre pensato e che adesso dimostra un po' di sfiducia che va capita, per la gravità di quello che è accaduto con questa crisi economica”.
Nell’invito a trovare una soluzione, Cristiano cita le parole di Giovanni Paolo II che definì il “Libano un messaggio, dove regna la convivialità tra diciotto comunità diverse”.
“La scelta di Beirut, sottolinea Cristiano, è molto significativa perché indica la necessità dell'apertura per costruire la pace. La dimensione portuale, la storia dello scalo del levante è una storia che travalica i confini libanesi che parla di un incontro tra le diverse religioni a cominciare dal cristianesimo”.
“C'è un rinvio anche a quello che sta accadendo in Siria e in Iraq, visto che Beirut ospita tantissimi profughi anche siriani e anche iracheni. Quindi è il luogo giusto per porre un problema di rinascita regionale che riguarda tutta questa fascia che è una fascia devastata”, conclude Cristiano.
Tensioni Israele-Hezbollah: “Il Papa può favorire il diaologo”
Il Libano, Paese dove continuano a soffiare venti di guerra, ha assistito in questi giorni al riemergere delle tensioni tra Israele ed Hezbollah che ha accusato le forze dello Stato ebraico di aver violato già diverse volte il cessate il fuoco in vigore da circa un anno.
Pochi giorni fa l’uccisione di Tabatai, il numero due di Hezbollah, a cui sono succeduti raid nel sud del Paese.
Nonostante i numerosi appelli da parte dei nuovi vertici politici libanesi, il "Partito di Dio" si è detto contrario al disarmo e a qualsiasi negoziato con Israele.
Le milizie sciite inoltre, hanno fatto presente che la dichiarazione di cessate il fuoco del 27 novembre 2024, "Fa parte dell'attuazione della Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza" e impone a Israele di ritirarsi oltre la Blue Line.
Il gruppo accusa quest'ultimo di proseguire "Le sue violazioni via terra, mare e aria" e di voler "Imporre al Libano sottomissione politica e militare".
“Credo che la visita del Papa possa in un certo senso cercare di stemperare le tensioni interne, ma è difficile che poi spariscano del tutto”, commenta Cristiano.
“L'azione militare israeliana a mio avviso pone oggettivamente un problema a Hezbollah che non è nelle condizioni di dare una risposta militare e quindi eserciterà ulteriori pressioni sul Governo libanese per ottenere appoggio internazionale e per fermare le azioni militari israeliane:” ha sottolineato Cristiano.
”Questo metterà in difficoltà il governo. Il nodo Hezbollah deve scioglierlo il Libano. Non si può pensare che altri trovino una soluzione’.
“Il viaggio secondo me, non può entrare tanto in queste specifiche” ha fatto notare Cristiano, “Anche perché non è nello stile dei pontefici, piuttosto può favorire il dialogo tra i Paesi, favorire cioè l'intenzione del dialogo. Questo è propedeutico al negoziato”.