Dalle difficoltà finanziarie alla possibilità di mutualizzare il debito, passando per le scelte strategiche in termini di approvvigionamento: le questioni sul tavolo rispetto all'aumento delle spese militari sono molte per i Paesi europei
Finanziare l'aumento delle spese militari rappresenta un difficile gioco di equilibri per l'Unione europea. Da un lato, le finanze pubbliche sono in difficoltà; dall'altro, la minaccia della Russia e la prospettiva di una scelta isolazionista degli Stati Uniti incombono sull'Europa.
Così, sono in discussione diverse soluzioni per finanziare la difesa del Vecchio Continente, a partire da possibili appalti congiunti. Tuttavia, le esigenze specifiche degli Stati membri in termini di armamenti talvolta ostacolano questa forma di cooperazione.
L'ipotesi eurobond per finanziare le spese militari
Guntram Wolff, dell'istituto Bruegel spiega che "il punto di partenza deve essere quello di capire per cosa dobbiamo spendere insieme al fine di aumentare l'efficienza, diventare più razionali dal punto di vista dei costi, risparmiare su ciò che stiamo facendo. Intendo dire che, se parliamo di missili ipersonici, difesa aerea, cibernetica, satelliti o ancora droni, sono tutte aree in cui se lavoriamo insieme, otterremo di più a parità di stanziamenti".
Anche gli eurobond, ovvero gli strumenti di emissioni di debito comune da parte dei Paesi europei, potrebbero contribuire a trovare i capitali necessari. Tuttavia, su tale tema resta aperta la querelle con i sostenitori dell'ortodossia di bilancio, a partire dalla Germania, da sempre scettica sulle forme di mutualizzazione del debito.
Jan Joel Andersson, analista dell'Istituto per gli studi sulla sicurezza dell'Ue, ritiene che "l'idea alla base di un maggior numero di prestiti congiunti in Europa è legata al fatto che molti Stati membri hanno problemi con le loro finanze nazionali e in questo caso si tratterebbe in un certo senso di utilizzare la forza collettiva dell'Ue come garante per rendere di fatto meno oneroso l'indebitamento. Lo abbiamo fatto in altri casi.
Il nodo delle produzioni in Paesi non europei
Alcuni, come Emmanuel Macron, chiedono “acquisti europei” in nome di una autonomia strategica. Altri preferiscono effettuare gli ordini altrove per ridurre i costi o i tempi di consegna.
Secondo Philippe Perchoc, direttore di Irsem Europa, "è anche una questione di sicurezza pensare a ciò che acquistiamo perché, ovviamente, per ciò che produciamo in Europa abbiamo la priorità, ma per ciò che viene prodotto altrove no. Abbiamo firmato un contratto e se le condizioni cambiano, se succede qualcosa nella regione dell'Indo-Pacifico o a Taiwan, gli europei non avranno la priorità. Quindi, di fatto, bisogna cautelarsi. Ciò non significa che si debba comprare solo da industrie europee, non credo che nessuno abbia in mente questo, ma dobbiamo forse rivalutare la quota di ciò che è prodotto da noi sul totale di ciò che acquistiamo".