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Siria: chi è contento e chi no, gli equlibri geopolitici dopo la caduta di Assad

Soldati dell'esercito siriano catturati da gruppi armati sulla strada Homs-Damasco
Soldati dell'esercito siriano catturati da gruppi armati sulla strada Homs-Damasco Diritti d'autore  AP /Ghaith Alsayed
Diritti d'autore AP /Ghaith Alsayed
Di Samia Mekki
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Si verificherà un trasferimento pacifico del potere e il Paese eviterà un destino simile a quello della Libia dal 2011 o dell'Afghanistan?

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Alla luce del drammatico scenario siriano e dell'accelerazione degli eventi in pochi giorni, sembra che il Paese stia per entrare in una fase ambigua e aperta a tutte le possibilità. Chi guarda la mappa della regione e anche oltre la regione, si trova di fronte a diversi punti interrogativi che potrebbero non avere una risposta a breve termine, soprattutto per quanto riguarda chi governerà il Paese, cosa ne sarà degli alleati di Assad a Teheran, Beirut e Mosca, cosa dei suoi acerrimi nemici e quale destino attende la Siria dopo Assad?

Il Libano

Il Libano è preoccupato dai suoi problemi interni, dalla devastante guerra israeliana che ha causato la morte di quasi 4.000 persone, e l'ex alleato di Assad, Hezbollah,** è stremato dalla guerra combattuta contro Tel Aviv, conclusasi con l'annuncio di un fragile cessate il fuoco di 60 giorni che ha visto violazioni quotidiane.

Con il cambiamento della scena politica a Damasco, la linea di rifornimento dall'Iran a Hezbollah attraverso la Siria sarà interrotta o, nella migliore delle ipotesi, non sarà più facile.

La Siria non sarà più il cortile di casa di Hezbollah, che è stato cruciale per il successo di Assad nella sua guerra contro i gruppi di opposizione armata. Hezbollah è essere intervenuto nel conflitto nel 2013 con il pretesto di proteggere il territorio libanese dagli attacchi dei gruppi di opposizione siriana, oltre che per proteggere il santuario di Sayyida Zainab nella periferia di Damasco. Sayyida Zainab ha uno status speciale tra i musulmani sciiti che, se compromesso, avrebbe potuto causare ulteriori tensioni settarie e rivalità tra sunniti e sciiti.

La Turchia

La Turchia ha cercato di prendere le distanze dalle avanzate dei gruppi armati negli ultimi giorni e ha sottolineato di non essere coinvolta nell'operazione. Questo nonostante abbia sostenuto l'opposizione fin dall'inizio della rivolta contro il regime di Assad, aprendo le frontiere agli sfollati siriani.

Ankara ha anche ospitato esponenti dell'opposizione e fornito sostegno all'Esercito nazionale siriano. Possiamo aspettarci una soluzione al dilemma dei circa tre milioni di rifugiati siriani in Turchia se la sicurezza viene ripristinata in Siria e il Paese evita di entrare in un nuovo ciclo di caos?

Israele

Israele ha occupato le Alture del Golan per oltre 57 anni prima di annunciarne l'annessione e Washington ha riconosciuto questa annessione sotto la precedente amministrazione di Donald Trump, nonostante le chiare risoluzioni internazionali che considerano le Alture del Golan un territorio occupato.

Tel Aviv sta monitorando da vicino ciò che sta accadendo in Siria, tra le accuse dei gruppi armati che sostengono che la loro recente mossa serva anche agli interessi israeliani e arrivi sulla scia della minaccia del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu al presidente Assad due settimane fa.

Due giorni fa, lo Stato ebraico ha mobilitato le sue forze aeree e di terra nel Golan siriano occupato, in previsione di qualsiasi emergenza. In ogni caso, la caduta del regime è nell'interesse di Israele, soprattutto se emergerà un'entità ripiegata su se stessa e preoccupata dei suoi problemi interni, che non rivendichi il diritto di reclamare le alture del Golan o di raggiungere le rive del lago di Tiberiade.

L'Iran

L'Iran ha perso un alleato importante e vitale nella regione araba, quasi l'unico a eccezione dell'Iraq. La storia delle relazioni tra i due Paesi risale a molti anni prima che Assad Jr. salisse al potere. Gli interessi convergevano tra un regime islamista emerso dalla rivoluzione guidata da Khomeini nel 1979 e un regime nazionalista laico guidato dal partito Baath, guidato da Assad senior.

All'epoca, Hafez al-Assad sostenne Teheran nella sua guerra contro l'Iraq negli anni '80. Le due parti erano unite nell'ostilità al regime del defunto presidente Saddam Hussein e nella rivalità con Washington, che forniva sostegno militare all'Iraq nella sua guerra di otto anni contro l'Iran.

Non possiamo dimenticare il ruolo del comandante della Forza Quds, il generale Qassem Soleimani , ucciso da un raid statunitense a Baghdad all'inizio del 2020. Solemaini si spese per impedire la caduta del regime e nel gestire le operazioni militari ad Aleppo nel 2015, dove ha guidato personalmente la battaglia per rompere l'assedio alla più grande città siriana e alla capitale economica del Paese. Solemaini venne poi soprannominato dall'opposizione il Macellaio di Aleppo.

Teheran sta perdendo il suo alleato a Damasco ed è il maggior perdente nella regione, ma sembra assumere una posizione cauta sui recenti sviluppi, che si riflette nelle recenti dichiarazioni timide e misurate sulla situazione in Siria. È inoltre preoccupato da altre sfide e dossier, in particolare dall'inasprirsi dell'ostilità tra il Paese e Israele e gli Stati Uniti, che si trovano alle soglie di una nuova amministrazione guidata dal presidente eletto repubblicano Donald Trump.

Con il dossier nucleare ancora irrisolto e le sanzioni statunitensi e internazionali, la Repubblica islamica è in apprensione per la prossima fase, soprattutto con la nomina da parte di Trump del diplomatico veterano Brian Hook, noto per le sue posizioni dure nei confronti di Teheran fin dall'epoca del presidente George W. Bush, a inviato speciale incaricato del dossier iraniano.

La Russia

Naturalmente, la Russia rimane uno degli attori più importanti in ciò che sta accadendo in Siria e la partenza dell'alleato Bashar al-Assad sarebbe un duro colpo per Mosca.

La Russia ha importanti siti militari nel Paese, tra i quali la base aerea di Hmeimim, situata a sud-est della città di Latakia, e la base navale di Tartus, che ha dato alla Russia l'accesso alle acque del Mediterraneo dalla sua sponda orientale.

Esercitazioni russe in Siria
Esercitazioni russe in Siria AP/Russian Defense Ministry Press Service

La Russia di Putin ha fornito un significativo sostegno militare al regime dal 2015, con meno di 4.000 truppe in loco. Questo sostegno, sotto la bandiera della lotta all'Isis e ai gruppi estremisti, è stato fondamentale per mantenere il governo di Bashar al-Assad.

La caduta del regime significherebbe che Mosca non avrebbe più un punto d'appoggio in Siria, data la profonda ostilità dei gruppi armati. Dal punto di vista geostrategico, sarebbe un duro colpo per il presidente Vladimir Putin, che combatte la guerra in Ucraina da quasi tre anni. Questi sviluppi potrebbero essere un fattore di risoluzione della questione ucraina e influenzare il conflitto tra la Nato e i Paesi occidentali da un lato e la Russia dall'altro.

Timori di un modello libico o afghano e quale futuro attende Damasco?

Ora che i gruppi armati guidati da Hayat Tahrir al-Sham (ex al-Nusra) hanno preso il controllo del governo in Siria, e con le diverse agende ideologiche di questi gruppi e l'associazione di alcuni di essi con le potenze regionali e internazionali, lo scenario rimane nebuloso, se non desolante.

La Siria eviterà un destino simile a quello della Libia dopo la rivolta contro il regime di Gheddafi del 17 febbraio 2011?

Un ribelle siriano vicino al tribunale militare di Damasco
Un ribelle siriano vicino al tribunale militare di Damasco AP /Ghaith Alsayed

Il Paese è stato diviso per anni tra un governo riconosciuto a livello internazionale con sede a Tripoli, nella parte occidentale, e un governo nella parte orientale guidato dall'uomo forte della Libia, il feldmaresciallo Khalifa Haftar, in mezzo alla polarizzazione regionale e internazionale. Tutti tentativi di sanare la frattura tra fratelli nemici e porre fine alla rivalità che ha provocato centinaia di morti e l'imposizione di due governi, due banche centrali, forze armate e milizie, un'infrastruttura fatiscente e un'economia al collasso nonostante la vasta ricchezza petrolifera del Paese.

Un altro timore è lo scenario dell'Afghanistan, controllato dai talebani dal 15 agosto 2021, e l'imposizione di un regime islamista duro dopo il ritiro degli Stati Uniti e di altre forze internazionali.

Quali speranze di un governo in un Paese multi-confessionale e multi-etnico, popolato da curdi, alawiti, drusi, sciiti e sunniti, oltre ai cristiani, che sono parte integrante del tessuto demografico della Siria, poiché i loro antenati sono stati i primi ad abbracciare questa religione e a seguire gli insegnamenti di Gesù? L'antica città di Maaloula, situata a 50 chilometri dalla capitale Damasco, è la più antica città cristiana della Siria e i suoi abitanti parlano ancora l'aramaico, la lingua di Gesù.

Dubbi e timori saranno smentiti dalla realtà e si verificherà un trasferimento di potere pacifico, durante il quale il Paese potrà guarire le ferite della guerra civile e voltare pagina rispetto a 54 anni di regime totalitario?

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