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Contesa Trinità dei Monti: quali sono le proprietà della Francia a Roma e le opere prese all'Italia

La Chiesa di Trinità dei Monti e la scalinata che conduce a Piazza di Spagna, uno dei simboli di Roma
La Chiesa di Trinità dei Monti e la scalinata che conduce a Piazza di Spagna, uno dei simboli di Roma Diritti d'autore Gregorio Borgia/AP
Diritti d'autore Gregorio Borgia/AP
Di Andrea BaroliniEuronews Roma
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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L'aggiornamento richiesto sugli immobili in Italia da parte della Corte dei Conti francese ha riaperto una vecchia polemica. Trinità dei Monti e Piazza di Spagna sono francesi? Alcuni politici italiani hanno subito rivendicato le opere esposte al Louvre. Vediamo in dettaglio di che si tratta

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"Sono davvero molto stupito che si possa interpretare e deformare il senso di un rapporto della Corte dei Conti francese che si rivolge ai francesi e in particolare ai Pieux établissements per la gestione dei beni religiosi in Italia".

Il presidente della Corte, Pierre Moscovici, ha cercato di spegnere le polemiche sorte sulla proprietà della scalinata di Trinità dei Monti a Roma, esplose in seguito al rapporto sul patrimonio immobiliare gestito dalla Francia a Roma pubblicato a inizio mese.

La questione però, dopo il caso che ha portato alle dimissioni del ministro della cultura italiano, Gennaro Sangiuliano, rimane e potrebbe appesantire il G7 della Cultura che si tiene questa settimana (19-21 settembre) tra Napoli e Pompei.

Il rapporto della Corte dei Conti francese e le polemiche in Italia

Nel rapporto i magistrati francesi hanno scritto che serve una "conferma dello status giuridico" della scalinatadi Trinità dei Monti per "chiarire le responsabilità in termini di manutenzione e restauro".

L'opera, uno dei simboli di Roma per milioni di turisti, è stata progettata da Francesco De Sanctis tra il 1723 e il 1726. Fu costruita con "fondi francesi e gestita fino alla fine dell’800 dai Pieux Etablissements", sottolinea il rapporto, ma successivamente la sua cura è sempre stata italiana ed è stata negligente secondo i giudici francesi.

Tra i primi a commentare la notizia del rapporto, la settimana passata, è stata la ministra del Turismo Daniela Santanchè. "Cosa sarebbe la Francia senza l'Italia. Non possono fare a meno del nostro lusso, delle nostre opere, della nostra bellezza", ha scritto sui social. "Ma ora esagerano. Vogliono prendersi pure la scalinata di Trinità dei Monti".

"Viene da ridere", ha detto invece il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli. "Allora manderemo esperti al Louvre per fare la ricognizione aggiornata dei beni sottratti all'Italia nel corso della storia".

Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma
Chiesa di San Luigi dei Francesi, RomaAndrew Medichini/Copyright 2020 The AP. All rights reserved

Perché la Francia possiede chiese e immobili nel centro di Roma

Il patrimonio francese a Roma consta di cinque chiese: Trinità dei Monti, San Luigi dei Francesi, Santi Claudio e Andrea dei Borgognoni, San Nicola dei Lorenesi e Sant'Ivo dei Bretoni.

Include anche 13 immobili nel centro storico inclusa Villa Medici, situata al Pincio e dove ha sede l'Accademia di Francia. Si tratta di un patrimonio da circa 250 milioni di euro (e che genera un reddito annuale da 4,5 milioni di euro), secondo il quotidano francese Le Monde, amministrato dai Pieux établissements de la France a Rome, un'istituzione posta sotto l'autorità dell'ambasciata di Francia presso la Santa Sede.

L'affidamento delle cinque chiese di Roma all'istituzione francese che le gestisce è parte di accordi internazionali bilaterali tra la Francia e la Santa Sede. Questi accordi risalgono a una decisione presa da papa Pio VI, che nel 1790 incaricò il cardinale François-Joachim de Pierre de Bernis, ambasciatore francese presso la Santa Sede, di porre sotto la sua tutela tutti gli edifici religiosi a Roma.

Durante il ventennio fascista, ci fu una notevole pressione senza successo da parte del governo Mussolini per restituire all'Italia i beni dei Pieux établissements, inclusa Villa Medici.

Villa Medici, Roma
Villa Medici, RomaLionel Bonaventure/AP

Trinità dei Monti: il contributo francese e i testamenti di Gueffier

Trinità dei Monti è al centro di una controversia fra Italia e Francia a causa del lascito testamentario del mecenate e diplomatico francese Étienne Gueffier, che investì un'elevata somma di denaro per la realizzazione della scalinata che conduce dal Pincio a Piazza di Spagna.

Quando Gueffier morì nel 1660, lasciò due testamenti distinti: uno per i beni in Francia e uno per quelli in Italia. In quello sui beni italiani, destinò in maniera vincolante ventimila scudi alla costruzione di quei 136 gradini divenuti celebri.

Chiesa e scalinata di Trinità dei Monti
Chiesa e scalinata di Trinità dei MontiAndrew Medichini/ap

Quali sono le opere italiane in Francia

Attualmente, il museo del Louvre a Parigi espone numerose opere italiane portate via dall'Italia.

Viene subito in mente La Gioconda (nota anche come Monna Lisa) di Leonardo. Ma vi sono anche altri capolavori come la Madonna della Vittoria di Andrea Mantegna che si trovava nell'omonima chiesa a Mantova, la Maestà di Cimabue e le Nozze di Cana di Paolo Callari detto il Veronese, di cui la Regione Veneto ha chiesto la restituzione.

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"Un mese fa ho inviato una lettera al presidente francese Macron per fare tornare l'opera nella sua sede originale, ora scriverò al nuovo ministro della Cultura, Alessandro Giuli" ha dichiarato il presidente della commissione regionale per le Politiche istituzionali, Luciano Sandonà, riferendosi al telero (ampia composizione pittorica su tela in voga nel Quattrocento e nel Cinquecento veneziano) dipinto nel 1563 dal grande artista rinascimentale.

Il dipinto "Le nozze di Cana" di Veronese, museo del Louvre, Parigi
Il dipinto "Le nozze di Cana" di Veronese, museo del Louvre, ParigiAurelien Morissard/Copyright 2023 The AP. All rights reserved.

A rincarare la dose sono arrivate le parole dello storico Silvano Vinceti, specializzato nella ricostruzione delle opere e della vita di grandi artisti del passato, tra cui Leonardo Da Vinci.

"Se si accettano le rivendicazioni (francesi), allora il governo dovrebbe svolgere un pressante richiesta per far pervenire in Italia parte delle opere selvaggiamente portate in Francia da Napoleone come bottino di guerra" ha rilanciato Vinceti nei giorni scorsi.

Da anni, lo storico sta portando avanti una campagna per la restituzione temporanea della Gioconda all'Italia per una mostra eccezionale, sottolineando che comunque la vendita dell'opera a Francesco I re di Francia sia ancora avvolta da una scarsità di documenti storici che la certifichino.

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Le spoliazioni di Napoleone: tutte le opere trafugate dall'Italia

Lo storico Paul Wescher ha definito come "il più grande spostamento di opere d'arte della storia" le spoliazioni napoleoniche, ossia la sottrazione di opere d'arte, manoscritti, libri e oggetti preziosi attuata dall'esercito francese in diversi Paesi dell'Europa e soprattutto in Italia.

Le requisizioni ebbere luogo nell'arco di venti anni dal 1796 fino al Congresso di Vienna nel 1815, durante il quale venne ordinata alla Francia l'immediata restituzione di tutte le opere sottratte, "senza alcun negoziato diplomatico" in quanto non esisteva un diritto di conquista.

Gran parte delle opere pittoriche e scultoree provenivano dalla secolarizzazione delle istituzioni ecclesiastiche decisa durante il decennio di dominio di Napoleone Bonaparte in parte d'Italia.

È praticamente impossibile stimare quante opere d’arte lasciarono il nostro Paese per raggiungere la Francia. Furono saccheggiati infatti musei e chiese di Roma e Milano, collezioni a Bologna, Parma, Ferrara, Verona, Mantova e Venezia.

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Tra le altre opere portate via figurano anche: il Laocoonte, l’Apollo del Belvedere e il Torso del Belvedere, la Venere capitolina, dei dipinti di Raffaello, Tintoretto e Perugino, la Pala Montefeltro di Piero della Francesca e persino i cavalli in bronzo della basilica di San Marco a Venezia.

È altrettanto difficile stabilire con esattezza quante opere d'arte andarono distrutte o disperse in quei giorni. Un esempio emblematico è il caso del Gioiello di Vicenza del Palladio, l’antico modello in argento della città, che venne fuso dagli ufficiali francesi (e riprodotto nel 2013 per restituirlo simbolicamente alla città).

Non solo, si cercò di sviluppare anche una tecnica che consentisse di rimuovere affreschi. Fra gli obiettivi più ambiziosi c'erano quelli di Raffaello nelle Stanze Vaticane. Il cosiddetto "stacco a massello" non riuscì e si rinunciò all'impresa.

Stanze di Raffaello, Musei Vaticani, Roma
Stanze di Raffaello, Musei Vaticani, RomaAndrew Medichini/Copyright 2021 The AP. All rights reserved

Il recupero delle opere requisite dalla Francia in passato

Oggi, gran parte delle opere è rimasta in Francia, altre sono tornate nei luoghi d’origine o presso musei e collezioni in tutto il mondo.

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Secondo un catalogo pubblicato nel Bulletin de la Société de l'histoire de l'art française del 1936 su 506 dipinti portati in Francia: 248 rimasero lì, 249 tornarono in Italia e 9 vennero indicati come non rintracciabili, raro caso in Europa di opere catalogate e non restituite.

Molte delle opere confiscate nei territori pontifici rientrarono grazie all'intervento di Antonio Canova, inviato a Parigi da papa Pio VII come commissario incaricato di selezionare i beni da far rientrare in Italia. Nell'ottobre 1815 riuscì infatti a fare partire da Parigi un convoglio di 41 carri destinati a varie città italiane.

Moscovici e la sovrintendenza cercano di spegnere la polemica su Trinità dei Monti

"Voglio tranquillizzare i nostri amici italiani: il rapporto chiede solo un chiarimento sulla situazione dei beni, e quando si chiarisce è sempre positivo", ha rassicurato il presidente della Corte dei Conti francese, Moscovici.

"Nulla a che vedere con rivendicazioni, non c'è alcuna intenzione di privatizzare o di svuotare il significato che quegli immobili hanno", ha aggiunto, "l'obiettivo è mettere d'accordo il diritto di secoli fa con i fatti".

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"La Scalinata è un luogo monumentale e di altissimo valore artistico ma è anche un passaggio pubblico ed è quindi senza discussioni parte integrante di Roma capitale d'Italia" ha affermato da parte sua in una nota il sovrintendente ai Beni culturali di Roma.

"Su questa vicenda mi pare ci sia un po' di confusione" ha scritto Claudio Parisi Presicce "è importante innanzitutto separare l'amministrazione dei Pieux établissements de la France a Rome dalla gestione della Scalinata, che dal Novecento in poi è sempre stata mantenuta, restaurata e gestita in tutti gli aspetti dalle amministrazioni comunali di Roma".

Presicce ha ricordato i due grandi restauri della Scalinata di Trinità dei Monti nel 1995 e 2014, oltre ai continui interventi di manutenzione e ripristino effettuati sempre da Roma Capitale su uno dei luoghi più iconici d'Italia.

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