Gli attivisti dei diritti umani lamentano che l'Egitto è un Paese a regime autoritario e stimano che 60.000 persone siano finite nelle carceri egiziane, per motivi politici, da quando il presidente al-Sisi ha preso il potere, con un colpo di Stato militare, nel 2013
La priorità della COP27 di Sharm El-Sheikh è il clima. Ma le proteste a margine dell'evento sollevano anche la questione dei diritti umani nel Paese che ospita la conferenza, l'Egitto.
Un gruppo di manifestanti ha protestato durante una conferenza stampa, chiedendo il rilascio del prigioniero egiziano probabilmente più importante, Alaa Abdel-Fattah.
Nel 2021, l'attivista e blogger Alaa Abdel-Fattah (40 anni) è stato condannato a cinque anni di carcere per aver diffuso notizie falsi, secondo l'accusa.
Da sette mesi Abdel-Fatth sta conducendo lo sciopero della fame.
Amnesty International lo definisce un prigioniero politico.
Hossam Bahgat è il fondatore di "Egyptian Initiative for personal rights":
"Francamente, essere interrotti durante una conferenza stampa è abuso molto, molto lieve rispetto a quello che dobbiamo subire ogni giorno. C'è il rischio di essere imprigionati. C'è l'arresto per accuse politiche. Nel mio caso, c'è il divieto di viaggiare e il congelamento dei miei beni personali e del mio conto bancario".
Egitto, Paese autoritario
Gli attivisti dei diritti umani lamentano che l'Egitto è un Paese a regime autoritario e stimano che 60.000 persone siano finite nelle carceri egiziane, per motivi politici, da quando il presidente Abdel Fattah al-Sisi ha preso il potere con un colpo di Stato militare, nel 2013.
Il primo ministro britannico Rishi Sunak ha sollevato il caso di Alaa Abdel-Fattah durante l'incontro con al-Sisi, esprimendo la sua "profonda preoccupazione".
Anche il Cancelliere tedesco Olaf Scholz ne ha parlato il presidente egiziano.
Prima che Scholz diventasse cancelliere, l'anno scorso il governo di Berlino ha approvato la vendita di sistemi militari di difesa all'Egitto, per un valore di 4,3 miliardi di euro.