Ecco perché Erdogan dovrebbe riconoscere il genocidio armeno. Intervista con Antonia Arslan

Turchia: le lunghe marce della morte del 1915
Turchia: le lunghe marce della morte del 1915 Diritti d'autore ASSOCIATED PRESS/AP1915
Di Cecilia Cacciotto
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L'autrice dello struggente "La masseria delle allodole" saluta l'apertura di Joe Biden. "Chiediamo che il genocidio armeno sia un dato di fatto". Se Erdogan ambisse all'immortalità storica farebbe quel passo che attendiamo da 70 anni

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La comunità armena della diaspora americana, ma non solo, quest'anno è passata all'incasso. Dopo promesse al vento e a 106 anni dai fatti, accoglie l'apertura del presidente degli USA, Joe Biden, che ha riconosciuto come genocidio il massacro armeno a opera dei turchi che iniziò in modo sistematico nel gennaio 1915.

Al telefono, da Padova, l'autrice del bellissimo "La masseria delle Allodole", Antonia Arslan saluta il passo avanti di Washington e spera che come un domino cadano tutte le altre resistenze perché si arrivi finalmente a riconoscere un dato di fatto: quello armeno fu genocidio.

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A dirlo sono anche i recenti documenti, pubblicati nel libro dello storico Taner Akçam, "Killing orders", di cui Antonia Arslan ha curato l'edizione italiana.

-Come ha accolto Antonia Arslan l’apertura del presidente americano Joe Biden che sabato ha riconosciuto il genocidio armeno?

“È qualcosa che la comunità armena d’oltretlantico attendeva da tempo, era stato promesso da vari presidenti, anche da Barack Obama che poi non lo fece giustificandosi con queste parole: in campagna elettorale si promettono tante cose. L’unico che prese una posizione netta fu Ronald Reagan”.

Di fronte al delirio di onnipotenza del presidente turco Tayyip Recep Erdogan, Joe Biden ha posto un altolà
Antonia Arslan

Per l’autrice di “La Masseria delle allodole” il passo avanti degli Stati Uniti è il frutto di 30 anni di lavoro fatto dagli armeni, aiutati dall'indefessa comunità armena della diaspora.

"E come sottolinea il mio amico Taner Akçam, il riconoscimento va al di là dell'atto simbolico, perché potrebbe innescare tutta una serie di cause che attendevano questa decisione federale. Nel senso che le aziende e gli Stati che hanno avuto dei vantaggi dal massacro degli armeni potrebbero essere chiamati a risponderne nei tribunali americani se hanno avuto relazioni con gli Stati Uniti".

Quest'anno la congiuntura politica sicuramente ha aiutato.

“Di fronte al delirio di onnipotenza del presidente turco Tayyip Recep Erdogan, Biden ha posto un altolà”, commenta Arslan.

È un messaggio chiaro, quello che arriva d’oltreatlantico: la misura è colma.

“Come potrebbe essere altrimenti, di fronte all’iperattivismo di Erdogan in Medio Oriente, nel Mediterraneo e nel Caucaso, di fronte anche situazioni poco chiare che coinvolgono i servizi nelle basi americane in Turchia. Biden ha voluto segnare un punto, non so se sia stato consigliato”.

Ma poco importa, il risultato è quello che conta nella partita impari dei genocidi, tutti mascherati da nobili parole e “attività altisonanti: li trasferiamo e li mandiamo a stare bene. In realtà sin da subito i Giovani turchi, andati al potere a Costantinopoli nel 1908, anche con l’aiuto degli armeni, avevano in mente di eliminare le minoranze, tutte le minoranze”. E anche il genocidio armeno fu fatto in maniera fredda, sistematica e organizzata. I tre quarti della popolazione furono sterminati, prima del 1915 gli armeni erano due milioni, dopo il genocidio rimasero in 500 mila.

“Hanno cancellato l’esistenza di un popolo, appropriandosi di tutto, cancellando addirittura il numero di telefono delle autorità armene e di quei pochi che all'epoca lo possedevano. Volevano non lasciare tracce, negare ogni possibilità di avvenire”.

Come in tutti i genocidi. E giustamente Antonia Arslan commenta “il genocidio armeno e quello degli ebrei sono legati più di quanto non si creda. In tutti i casi alla base c’è avidità, invidia, mancanza di valori e il confine è labile: facile, facilissimo passare dall’altra parte. Da quella degli aguzzini. Purtroppo è umano. Troppo umano. Lo dico sempre quando incontro gli studenti evitando di dire frasi del tipo “perché non accada più”.

Però, subito dopo il massacro, ricorda ancora Arslan, dei misfatti turchi se parlava e se ne parlava tanto. Fu dopo il Trattato di Losanna, che le potenze occidentali decisero che la Turchia poteva costituire una barriera protettiva a est e ne seguì un atteggiamento da realpolitik che determinò "una silenziosa accettazione della questione armena e portò semplicemente alla sua negazione”.

Il 24 aprile resta per Antonia Arslan, che si dice 100% armena e 100% italiana, un giorno importante e le tensioni internazionali sono solo un corollario. Triste.

L'Unione europea? Un corpaccione deludente, immobile senza una sua politica estera

“Penso all’Unione europea, un corpaccione deludente, immobile senza una sua politica estera”.

Di fronte all’ipotesi, ormai non più d’attualità, che la Turchia entri a far parte del club dei 27, che cosa pensa?

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“Lo dice lei, non è più d’attualità. E alcuni anni fa alcuni analisti sottolineavano che l’ingresso della Turchia nell’Unione europea sarebbe stato l’ingresso di un Paese di 75 milioni di abitanti che anche per il peso demografico sarebbe diventato il Paese più importante del club comunitario”.

Un non dire, quello di Antonia Arslan che dice molto. In mezzo c’è “La masseria delle allodole” che nel 2004 suggella a livello internazionale, la sua fama e il suo successo.

È la storia della famiglia del padre, di origini armene. “Mi fu raccontata da mio nonno quando avevo 8 anni e rimase lì. In modo forse inconsapevole la cullai dentro di me per anni fino a arrivare all'età adulta".

Il genocido armeno: una storia che mi raccontò il nonno. Una verità negata che dovevo raccontare al mondo
Antonia Arslan

Per lei "fu da subito una bellissima storia da tenere nel cuore, mi sentivo una privilegiata, perché il nonno raccontò solo a me quelle che, per me bambina, erano avvincenti avventure . Certo in casa, la storia era conosciuta, se ne parlava ma con il pudore e la delicatezza dovuta a storie drammatiche e comunque lontane. E ribadisco lontane, perché la mia famiglia era italiana, e io sono cresciuta nell'Italia della spensieratezza del dopoguerra. In estate venivano a trovarci le zie dalla Siria. Tutto era esotico sì, ma altro. Con il tempo, ho capito che il nonno mi aveva scelto come depositaria di una verità da raccontare perché era stata volutamente ignorata".

“La molla è stata un'amica americana che mi spinse alla scrittura dicendomi: basta parlare è arrivato il momento dei fatti. È arrivato il momento di scrivere. E a quel punto la gestazione era finita, la storia era pronta per essere divulgata. Io ero pronta a scriverla”.

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In attesa che anche in Turchia cambi qualcosa, Antonia Arslan guarda lontano: “Certo che se il presidente turco riconoscesse il genocidio armeno, si guadagnerebbe un posto sacro nella storia”.

Una frase che è più di un invito.

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