Stati Uniti, ora anche l'estrema sinistra si arma: l'ombra della guerra civile?

Manifestanti armati a Oklahoma City, giugno 2020
Manifestanti armati a Oklahoma City, giugno 2020 Diritti d'autore Seth Herald/AFP
Diritti d'autore Seth Herald/AFP
Di Thomas SeymatAntonio Storto
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Il proliferare di milizie armate negli Stati Uniti non è una novità, ma la morte di George Floyd ha accelerato un processo in corso dal 2016: la corsa alle armi da parte di sinistra e gruppi afroamericani. La nostra inchiesta

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La recente sparatoria di Kenosha, Wisconsin, dove due persone sono morte, non ha fatto che confermarlo: gli Stati Uniti si stanno riempiendo di milizie ed individui armati. Un fenomeno che - con le manifestazioni, le contro-manifestazioni e i disordini cresciuti attorno al movimento Black Lives Matter - ha iniziato a estendersi a macchia d'olio.

Secondo i media locali, il principale sospettato per le sparatorie mortali, un ragazzo di appena 17 anni, è stato visto in presenza di uomini armati, circostanza che è stata in seguito confermata dalle forze dell'ordine. "Si tratta di una milizia" ha detto lo sceriffo della contea di Kenosha "come un gruppo di vigilanti".

Questi gruppi - politicamente schierati a destra e i cui raduni sono in molti casi caratterizzati dal risuonare di slogan razzisti e dallo sventolio di bandiere confederate - fanno dell'ostentazione delle armi (che in molti stati degli Usa possono essere legalmente portate in pubblico) un punto fermo nella propria linea di condotta. Una tattica che la sinistra statunitense, in massima parte favorevole al controllo e alle restrizioni sulle armi da fuoco, si era finora astenuta dall'adottare.

Ma nel tumulto del 2020, anche le mentalità sembrano cambiare rapidamente. "Negli ultimi 3 o 4 mesi, il dibattito sulle armi da fuoco in questo Paese, soprattutto a sinistra, è cambiato enormemente",ha dichiarato Robert Evans a Euronews. Giornalista di guerra, con trascorsi in Iraq e in Ucraina, Evans è attualmente tornato nella sua Portland, in Oregon, dove si sta occupando delle quotidiane manifestazioni contro la violenza poliziesca a danno degli afroamericani. Solo pochi giorni fa, durante un reportage, un contro-manifestante di estrema destra gli ha rotto un dito con un manganello.

Il giornalista, che non fa segreto delle sue simpatie libertarie, è anche un esperto di armi da fuoco: ne possiede diverse e - dopo aver ricevuto minacce di morte - ammette di uscire regolarmente armato da casa, anche durante i suoi reportage. Nei suoi podcast, inoltre, ha apertamente incoraggiato i manifestanti di sinistra ad armarsi.

Mike Stewart/AP
Un gruppo armato d'estrema destra durante una manifestazione in Georgia, 15 agosto 2020Mike Stewart/AP

"Non credo sia un bene per una democrazia - continua Evans - vivere in un Paese con 400 milioni di armi da fuoco registrate per uso civile, quasi tutte nelle mani di una singola parte dello spettro politico. È la premessa per un disastro".

Il timore di Evans è che gli Stati Uniti siano sull'orlo di una nuova guerra civile: un tema che, già l'anno scorso, aveva sviscerato in uno dei suoi podcast.

Dall'inizio del 2020 e della pandemia, secondo il giornalista, un gran numero di persone, "soprattutto persone di sinistra", lo avrebbero contattato "per chiedermi consigli su quali armi comprare, come allenarsi, e via dicendo".

Le divisioni ideologiche riguardo alle armi da fuoco negli Stati Uniti sono state finora molto nette e profonde. Uno studio del 2017 pubblicato dal Pew Research Center mostra che i repubblicani e gli indipendenti con simpatie repubblicana hanno il doppio delle probabilità, rispetto ai democratici e agli indipendenti con simpatie democratiche, di possedere almeno una pistola (44 per cento contro il 20 per cento). Altri studi mostrano con chiarezza la stessa tendenza: secondo il Brookings Institute, un think tank con sede a Washington DC, negli stati che hanno votato per i repubblicani alle elezioni presidenziali del 2016 il 39 per cento dei residenti possiede armi da fuoco, contro il 25 per cento degli stati che hanno votato democratico.

La maggior parte delle centinaia di milioni di armi da fuoco in circolazione negli Stati Uniti sono concentrate nelle mani di pochi americani. Stando a un'indagine condotta nel 2015 da Harvard e dalla Northeastern University, il 50% di queste armi apparterrebbe al 3% appena degli adulti americani: un gruppo di "super proprietari", che hanno accumulato una media di 17 armi ciascuno.

"La possibilità di usare un'arma per autodifesa - continua Evans - a sinistra è più accettata oggi che in qualsiasi altro momento che io possa ricordare". Un cambiamento storico, che secondo il giornalista è legato a condizioni eccezionali: crisi sanitarie ed economiche, manifestazioni e repressione poliziesca, la rinascita dell'estrema destra militante e armata.

"Non è un bene che la popolazione abbia tanta paura - continua Evans - ma credo ci sia stato un cambiamento radicale nell'atteggiamento della sinistra verso il possesso d'armi da fuoco, proprio a causa dell'insicurezza che tutti in questo momento percepiscono". 

Simbolo di questa paura, l'acquisto di munizioni che tra febbraio e aprile è cresciuto del 600% negli Stati Uniti.

Il 2016 e l'elezione di Trump

Questa tendenza della sinistra a voler esercitare un diritto "costituzionalmente garantito dal Primo Emendamento", sebbene accelerata dalle turbolenze del 2020, sembra trovare origine nell'inizio del primo mandato di Donald Trump. Un reportage fotografico dell'Associated Press, pubblicato nell'ottobre 2017, mostra una sessione di tiro al bersaglio per il Trigger Warning Queer & Trans Gun Club di Victor, New York.

Adrian Kraus/AP
Ottobre 2017: tiro al bersaglio al Trigger Warning Queer & Trans Gun Club, New YorkAdrian Kraus/AP

Il club di tiro al bersaglio è composto da gay, lesbiche e trans, i quali "preoccupati che gli estremisti di destra diventino più audaci e pericolosi - ha spiegato il fotografo Adrian Kraus - hanno deciso di impugnare le armi".

Secondo Kraus, il club si riunisce una volta al mese in un campo a nord di New York.

Nella foto qui di seguito, Jake Allen (a sinistra) osserva Lore McSpadden sparare su un bersaglio in terra battuta durante una sessione di allenamento. 

McSpadden non aveva mai toccato un'arma da fuoco prima che il club fosse fondato l'anno precedente, nel 2016.

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Adrian Kraus/AP
Jake Allen e Lore McSpadden in una sessione al Trigger Warning Queer & Trans Gun ClubAdrian Kraus/AP

"In generale, dal 2016, gruppi schierati a sinistra come il John Brown Gun Club, lo Huey P. Newton Gun Club  e la Socialist Rifle Association sono andati via via moltiplicandosi", ha detto Evans a Euronews.

Dopo la morte di George Floyd, avvenuta il 25 maggio del 2020, questi gruppi di estrema sinistra - che oltre ad armarsi incoraggiano altri a fare altrettanto - si sono trovati sempre più al centro della scena.

"Le azioni della polizia e dello Stato contro la comunità nera forniscono una giustificazione più che sufficiente perché questa comunità si faccia carico della propria difesa", ha detto il comitato centrale della Socialist Rifle Association (SRA) in una dichiarazione dopo la morte di Floyd.

"Armatevi!"

Tra le iniziative adottate da questa organizzazione di ispirazione marxista ci sono "le marce pacifiche, il mutuo aiuto e il possesso di armi da fuoco".

"Queste pratiche - afferma il gruppo - se usate con saggezza, sono strumenti per difendere una comunità dall'oppressione".

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Matt York/Copyright 2017 The Associated Press. All rights reserved.
Ottobre 2017: membri del John Brown Gun Club e del Redneck Revolt durante una protesta anti-Trump a Phoenix, ArizonaMatt York/Copyright 2017 The Associated Press. All rights reserved.

Ma, dice l'SRA, "dobbiamo fare attenzione a distinguere tra l'uso delle armi da fuoco in difesa di una comunità e l'uso indisciplinato o reazionario per altri motivi".

Lanciata tra il 2017 e il 2018, la SRA ha, secondo il suo sito web, "quasi seimila membri e più di sessanta sezioni ratificate" in tutti gli Stati Uniti. Inoltre, se una delle attività del gruppo consiste nell'educazione alle armi da fuoco, " le manifestazioni armate sotto lo stendardo dell'SRA sono comunque vietate, perché non è questo il nostro scopo".

Ma anche altri gruppuscoli della sinistra radicale americana iniziano a mostrarsi armati alle manifestazioni. Anarchici e antifascisti del John Brown Gun Club - gruppo che prende il nome da un abolizionista bianco dai metodi violenti, presente soprattutto nell'area di Seattle - chiedono "una resistenza attiva contro gli effetti sociali corrosivi e distruttivi del suprematismo bianco, del sessismo, dell'intolleranza e dello sfruttamento economico".

Nel luglio 2019, Willem van Spronsen, un ex membro di questo gruppo, è stato ucciso dalla polizia nella città di Tacoma, Washington, mentre lanciava ordigni incendiari contro i veicoli nel parcheggio di un centro privato di detenzione per immigrati.

Secondo una lettera di rivendicazione trovata postuma, van Spronsen aveva intenzione di protestare contro la politica di arresto e di deportazione dell'Immigration Customs and Enforcement (ICE), l'agenzia governativa che negli Usa si occupa di immigrazione. "Incoraggio vivamente i compagni e i nuovi compagni ad armarsi" si legge nella dichiarazione. "Ora siamo responsabili della difesa degli individui contro uno stato predatorio".

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Contro il capitalismo e la discriminazione

Questi gruppi cominciano ad attirare l'attenzione dei ricercatori. A proposito del Redneck Revolt, un altro gruppo di sinistra radicale, favorevole alle armi, la dottoressa Teal Rothschild, sociologa dell'Università Roger Williams, ha scritto nel 2019: "L'ideologia di Redneck Revolt è semplice: i bianchi poveri e i poveri di colore devono combattere insieme contro il loro comune nemico, il ricco. Il loro compito è attaccare la supremazia bianca, che credono sia radicata nel capitalismo".

Il gruppo, fondato nel 2009 e rimodellato nel 2016 come "formazione per la difesa della comunità, antirazzista e antifascista", sottolinea l'origine proletaria dei suoi membri e il diritto di portare armi che "è legato al dovere di rovesciare lo Stato, se necessario", spiega il sociologo. Di conseguenza, negli Stati in cui è legale possedere e portare armi da fuoco in pubblico, i membri del Redneck Revolt organizzano manifestazioni e azioni durante le quali si mostrano armati.

Secondo Rothschild, i servizi che i membri di questo gruppo forniscono vanno dall'addestramento all'uso delle armi da fuoco al primo soccorso, dalle forniture di generi di prima necessità (come vestiti e abbigliamento) fino all'educazione alla giustizia razziale e alle questioni di genere. "Questi sforzi sono concepiti per mettere in contatto popolazioni diverse con nuove pratiche".

Questo lavoro sulla giustizia razziale e di genere "è rivolto particolarmente ai bianchi nelle zone rurali - osserva la sociologa - mentre la formazione sulle armi da fuoco è indirizzata a persone che sono più generalmente escluse da questa cultura: donne e persone di colore". Redneck Revolt sponsorizza addirittura giornate ai poligoni di tiro per donne e transessuali.

La Dr. Rothschild ha detto a Euronews che di recente "molti abitanti di queste zone hanno partecipato agli eventi di Black Lives Matters. Penso che il loro obiettivo sia quello di sfidare lo Stato attraverso il razzismo che considererebbero sanzionato dallo Stato - e perpetrato dalla polizia".

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All'ombra delle violenze poliziesche

Ma non solo la sinistra radicale e i membri della comunità LGBTQ si sono interessati alle armi negli ultimi anni. Anche tra gli afroamericani le armi da fuoco riprendono terreno, sebbene esistano ancora delle evidenti divisioni su base etnica.

Secondo il già citato studio del Pew Research Center, mentre nel 2017 circa la metà degli uomini bianchi (48%) affermava di avere una pistola, solo un quarto degli uomini non bianchi (24% ciascuno) ne possedeva una, così come il 16% delle donne non bianche.

Negli Stati Uniti, il rapporto degli attivisti neri con le armi da fuoco è tumultuoso e non priva di ironia. A partire dal 1966, il Black Panther Party pattugliava le strade di Oakland pistole alla mano, per monitorare la polizia e prevenirne le violenze. Un anno dopo, il 2 maggio 1967, i membri del BPP entrarono con le armi nel Campidoglio della California, a Sacramento, dove siedono l'Assemblea dello Stato, il Senato e il Governatore, per protestare contro un disegno di legge che mirava a limitare il trasporto di armi in pubblico.

"È giunto il momento che i neri si armino" disse un portavoce, mentre il gruppo marciava attraverso l'edificio.

AP/2007
Membri del Black Panther Party a Sacramento, 1967AP/2007

La manifestazione spaventò a tal punto i politici, tra i quali c'era l'allora governatore della California Ronald Reagan, che contribuì a far passare il Mulford Act, una legge che in California vieta il porto di armi da fuoco cariche nei luoghi pubblici.

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Perfino la National Rifle Association (NRA), che si è sempre ferocemente opposta a ogni limitazione controllo sulle armi in America, combatté a fianco del governo californiano per l'approvazione della legge, nel tentativo di tenere le armi fuori dalla portata degli afroamericani, mentre crescevano le tensioni razziali.

Lo Huey P. Newton Gun Club è un gruppo afroamericano favorevole alle armi con sede in Texasm che prende il nome da uno dei fondatori del Black Panther Party. "Nel 2020 siamo cresciuti molto come organizzazione" ha detto a Euronews il fondatore, Yafeuh Balogun "perché i poveri in generale sentono di aver bisogno di protezione". Secondo il loro sito web, il gruppo organizza corsi di tiro e conferenze.

Timothy D Easley/The Associated Press
La milizia afroamericana NFAC sfila per le strade di Louisville, Kentucky, il 15 luglio 2020Timothy D Easley/The Associated Press

Su un piano più istituzionale, la National African American Gun Association è "una rete per tutti i proprietari di armi afroamericani, le loro organizzazioni, i club di tiro e gli appassionati di outdoor". Nel luglio 2019, Philip Smith, presidente e fondatore del gruppo, ha dichiarato a NPR Radio che i membri erano cresciuti dopo l'insediamento del presidente Trump.

Secondo Smith, parte di questo aumento è dovuto a un clima politico nel quale le persone con idee razziste si sentono incoraggiate a parlare e ad agire di conseguenza.

Una simile idea è stata espressa anche dal fondatore del NAAGA in una dichiarazione dopo la morte di George Floyd: "Ahmaud Arbery] Breonna Taylor e ora George Floyd si sono aggiunti alla lista apparentemente infinita di persone che ci sono state strappate prematuramente da un sistema razzista e dal complesso di inferiorità bianca istituzionalizzato che richiede il nostro sangue e le nostre ossa per soddisfare la sua fame perpetua. Questo è il paese in cui viviamo".

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