I pescatori del Sahara

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Di Diego Malcangi
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Ricerche coordinate dall'Università La Sapienza nel Sahara libico rivelano che in quella zona viveva un popolo di pescatori

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Prima arrivò l'archeologia molecolare di Richard Evershed, dell'Università di Bristol. Ad analizzare alcuni residui millenari di grassi ed altre sostanze, dimostrando l'uso di vasellame non solo per disporvi il cibo, ma anche per cuocerlo e conservare pietanze pronte.

Poi l'ultima scoperta: nel bel mezzo del Sahara erano pescatori.

È storia di diecimila anni fa, venuta alla luce ora grazie alla ricchezza dei reperti ritrovati nel riparo di Tarakori, in pieno deserto libico (nella zona di Wadi Afar, dove sono state trovate anche notevoli pitture rupestri): sono più di 17.500 i resti animali ritrovati, e se le prime tracce erano state analizzate nel Regno Unito l'ultimo studio è invece stato coordinato dall'Università La Sapienza di Roma, con l'Università degli Studi di Milano e l'Istituto Reale delle Scienze Naturali del Belgio.

I ricercatori hanno riconosciuto segni di taglio e di cottura su tutti quei resti animali, e da lì hanno capito che si trattava di scarti alimentari. Li hanno analizzati, e hanno scoperto che quelli più antichi, risalenti a circa 10.000 anni fa, erano per l'80% pesci. Si trattava quindi di un antico popolo di pescatori, laddove ora c'è solo il deserto.

Poi, la datazione dei reperti ha permesso di capire che progressivamente la fauna ittica ha lasciato spazio ai mammiferi, cosa che fa dedurre il progressivo imporsi della pastorizia. E circa 5.000 anni fa il pasce è scomparso dalle tavole (si fa per dire) degli antichi abitanti di Tarakori e dintorni.

Il risultato di questa ricerca è stato appena pubblicato sulla rivista Plos One.

La cosa impossibile da immaginare oggi è che vicino a quella grotta in pieno deserto scorreva un tempo un grande fiume, alimentato con ogni probabilità da abbondanti piogge. Andava da sud a nord, fino all'odierna Tunisia, ma non sfociava nel mare: si esauriva invece in un delta interno.  Il clima della regione doveva essere simile a quello che si vede oggi più a sud, nella savana, secondo Andrea Zerboni, geoarcheologo dell'Università Statale di Milano. 

"La presenza di specie tipiche dell'Africa orientale - dice Savino di Lernia, della Sapienza -  ha permesso di ricostruire la progressiva migrazione di pesci dal Nilo al centro del Sahara, avvenuta quando l'ambiente era più umido e offriva delle vie d'acqua tra loro connesse: questo rende possibile ricostruire l'antico reticolo idrografico della regione Sahariana e la sua interconnessione con il Nilo, fornendo informazioni cruciali sui drammatici cambiamenti climatici che hanno portato alla formazione del più grande deserto caldo del mondo".

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