L'ex primo cittadino di Mosca si è spento in una clinica bavarese dopo un intervento al cuore. Aveva 83 anni
Si spegne un lume dei ruggenti anni novanta russi. Il cuore irruento del sindaco di tutte le Russie, Jurij Luzhkov, ha cessato di battere in una clinica bavarese, dopo un difficile intervento di cardio-chirurgia.
Se ne va 83 anni l'uomo politico che spalancò le porte della capitale dell'ex impero rosso alle roboanti ruspe del mercato immobiliare. Amato e odiato, fece della Mosca post sovietica una steppa sterminata di cantieri, in un turbinio di cemento, cristalli, rubli e tanti dollari.
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Si immaginò come un Tommaso Moro per nuovi ricchi, in grado di costruire la sua "Utopia", la città ideale, a misura dei nuovi Boris Godunov e dei tantissimi Chichikov che affluivano nella capitale con le tasche tracimanti di bigliettoni verdi, dai Kombinat privatizzati, dai campi di gas e di petrolio siberiani e dai disciolti Komsomol. In una sola parola, gli oligarchi.
Facilmente identificabile per le sue coppole in cuoio nero, era di casa al Cremlino ai tempi del primo presidente democratico, Boris El'cin. Politicamente parlando condividevano una certa idea della Russia non più socialista. Ma solo le idee, e non esattamente le faccende quotidiane della politica, perché un pensierino alla presidenza federale, Luzhkov, ce l'aveva anche fatto.
Ma troppi erano gli affari che faceva sue moglie, Elena Baturina, grande impresaria edile, che per la rivista Forbes, con un capitale di un miliardo e duecento milioni di dollari, è la donna più ricca di Russia. E proprio con una consorte così ben lubrificata dai mercati privati, forse non sarebbe stato il caso di mettersi a fare una corsa gomito a gomito con un altro cardiopatico come El'cin.
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Luzhkov è considerato dall'intellighentsija moscovita come una specie di Gengis Khan della ruspa, che ha travolto le ultime palazzine dell'epoca zarista, sopravvissute alla furia architettonica dei soviet. Jurij Luzhkov ebbe rapporti in chiaro scuro con i siloviky, il cerchio magico di Putin.
All'inizio tutto andò bene, ma poi, mano a mano che i suoi ex amici oligarchi venivano eliminati dalla scena moscovita, toccò anche lui, dopo una lite con Medvedev. Finì così una brillante carriera politica cittadina.
Chissà se la sua anima sopravviverà al corpo. Se non altro si portò avanti col lavoro, ricostruendo la Cattedrale del Cristo Salvatore, abbattuta dai bolscevichi dopo la Rivoluzione d'ottobre.