Caos in Libano, la crisi del sistema politico-confessionale

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Diritti d'autore REUTERS/Mohamed Azakir
Di Salvatore Falco
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Caos in Libano, la crisi del sistema politico-confessionale. Sullo sfondo le tensioni attorno all'Iran. La Repubblica Islamica è nel paese dei credri con Hezbollah.

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Hassan Nasrallah denuncia il rischio di "una guerra civile" in Libano. Ma la piazza a Beirut ormai non dà ascolto né al leader di Hezbollah, né al resto del sistema politico-confessionale su cui si regge il Paese dei cedri.

La protesta in corso da nove giorni è provocata da ragioni sociali: chi cerca lavoro - la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 40% - deve conoscere un politico cristiano, sunnita, sciita o druso.

Il Libano assicura un tenore di vita paragonabile ai Paesi europei a chi ha un reddito alto ed e' inserito all'interno delle oliate logiche clientelari; allo stesso tempo soffre di una drammatica carenza di servizi pubblici e infrastrutturali, che fanno vivere gran parte della popolazione - circa metà di essa vive sotto la soglia di povertà relativa - in condizioni difficili. 

"Alcune persone stanno cercando di rendere questa protesta violenta - dice la giovane Rawaa Shahabeddine, in merito al tentativo di Hezbollah di attaccare i manifestanti -  ma noi non saremo violenti. Questa è una rivoluzione pacifica e e otterremo quello che vogliamo".

Il Paese dei Cedri ha uno dei debiti pubblici più alti al mondo, ma il livello di profitti delle sue banche commerciali, vicine ad alcuni politici e che detengono gran parte del debito, sono superiori a quelli dei Paesi occidentali.

La ribellione rompe le barriere settarie in un Paese che si regge su un delicato equilibrio confessionale. Sullo sfondo, l'Iran. La Repubblica Islamica è in Libano con Hezbollah. Le proteste esplose il 17 ottobre contro il carovita e la corruzione si sono rapidamente abbattute sull'intera classe politica, da Tripoli (roccaforte di Hariri) a Nabatiyeh ('capitale' di Hezbollah) e si sono abbattute anche sul Partito di Dio.

EMERGENZA RIFUGIATI

L'afflusso di circa 1,4 milioni di rifugiati siriani in un Paese esteso come l'Abruzzo, con meno di 5 milioni di abitanti, con infrastrutture carenti e un mercato del lavoro sempre meno sano, non ha fatto altro che aggravare la già preoccupante situazione.

UE "FIDUCIOSA"

L'Unione Europea "è fiduciosa che le autorità risponderanno rapidamente ed in modo saggio alle legittime aspirazioni del popolo libanese attuando le riforme strutturali necessarie e da lungo tempo attese". È quanto si legge in una nota dell'Alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini a nome dei 28 a proposito delle manifestazioni in Libano, che "stanno seguendo con grande attenzione".

L'Ue, prosegue la nota, "sostiene gli obiettivi di riforma che il premier Saad Hariri ed il suo governo hanno indicato" e ricorda che "la lotta contro la corruzione, l'attuazione di una buona governance come misure di riforme socialmente giuste e responsabili sono la priorità". Da questo punto di vista, sottolineano i 28, "ci aspettiamo un dialogo inclusivo sulle riforme", Infine, nell'esprimere "apprezzamento per la natura generalmente non violenta delle proteste, l'Ue incoraggia le forze di sicurezza a proseguire la loro politica di moderazione".

L'ONU CHIEDE DIALOGO

Il Libano "deve risolvere i suoi problemi con il dialogo". Lo ha detto il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, parlando con i giornalisti al Palazzo di Vetro. Guterres ha chiesto "la massima moderazione e nessun atto di violenza, sia da parte del governo che da parte dei manifestanti".

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