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Brexit, la Camera boccia di nuovo la proposta di elezioni

Brexit, la Camera boccia di nuovo la proposta di elezioni
Diritti d'autore Parliament TV via REUTERS
Diritti d'autore Parliament TV via REUTERS
Di Simona Zecchi
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Con 293 sì e 46 no e numerosi astenuti la Camera dei Comuni boccia di nuovo la proposta di Johnson. Il quorum necessario sarebbe stato dei due terzi ma gli oppositori hanno confermato il no

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È arrivata la seconda bocciatura sulla mozione presentata da Boris Johnson per la convocazione di elezioni anticipate nel Regno Unito il 15 ottobre. Tutto come previsto in fondo. La Camera dei Comuni l'ha infatti bocciata con 293 sì contro 46 no e molti astenuti. Gli oppositori laburisti in testa hanno confermato il no facendo così saltare il quorum.

Johnson ha confermato la sua ferrea volontà a non avvalersi di un altro rinvio successivo al 31 ottobre e ha annunciato, rivolgendosi allo speaker dimissionario Bercow fra frecciatine e toni di rispetto, che il governo si presenterà a Bruxelles il 17 ottobre al prossimo Consiglio Europeo cercando di uscirne con un accordo, ma ribadendo che se non sarà possibile accordarsi con la UE l'uscita resta fissata al 31 ottobre.

Le opposizioni sono tornate dunque a chiedere che non vi sia una Brexit senza accordo nel rispetto della legge pro-rinvio appena varata con l'assenso formale della Regina. Johnson aveva osteggiato la legge, cercando di bloccarla e espellendo i parlamentari conservatori che avevano annunciato il loro voto a suo favore. E a questo proposito il leader dei laburisti Jeremy Corbyn ha sottolineato come l'uscita senza accordo sia equivalente a un effetto disastroso per i posti di lavoro, i servizi e le comunità tutte.

Il "disorder" di Bercow!

L'addio di John Bercow, battitore libero e da sempre difensore del ruolo della Camera, ha avuto toni polemici e momenti molto emotivi. Uno statement il suo accompagnato dalle ovazioni esibite in piedi delle opposizioni e da tutti i contestatori di BoJo.  Bercow ha rivendicato di essere stato il difensore dei diritti dell'aula e dei 'backbenchers', i deputati semplici delle retrovie, non senza ricordare i 10 anni da speaker come "l'onore e il privilegio più grande". Tra omaggi e (pochi) sberleffi come quello di Nigel Farage ("bene che ce ne liberiamo"), le dimissioni dello speaker della Camera (equivalente sebbene non perfettamente corrispondente a quello del nostro Presidente della camera) sono state il vero colpo di scena della giornata.  Le dimissioni, ha poi spiegato il presidente ormai uscente dell'assemblea, diverranno esecutive non appena la Camera darà il suo ok al voto anticipato. E comunque al più tardi il 31 ottobre, alla scadenza del giorno X sulla Brexit. Una scelta di tempo che taglia fuori il gabinetto, al momento privo di maggioranza, sull'elezione immediata d'un successore. Ma anche una mossa che evidenzia il clima di scontro e la pressione crescente su Johnson, bloccato nella corsa verso le urne dal muro delle opposizioni.

"Non si tratta di una normale proroga questa in corso - ha affermato poi Bercow rivolto alla decisione di Johnson di sospendere il parlamento -  non è un qualcosa di standard, è una delle più lunghe mai avvenute, e rappresenta  - non soltanto per i nostri colleghi, ma per molte persone fuori da qui - un atto esecutivo di fede.

"I parlamentari non sono delegati, ma rappresentanti del popolo. Degradare il Parlamento è un un pericolo", ha aggiunto poi Bercow.

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