Brexit, Theresa May annuncia tra le lacrime le sue dimissioni per il 7 giugno

Brexit, Theresa May annuncia tra le lacrime le sue dimissioni per il 7 giugno
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Di Cecilia CacciottoLillo Montalto Monella
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Dopo un incontro con Graham Brady, presidente del potente comitato del 1922, il primo ministro è uscita dalla porta del numero 10 di Downing Street per annunciare ai media che il 7 giugno prossimo getterà la spugna. Rimarrà in carica fino a che il partito sceglierà il successore.

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Il primo ministro britannico Theresa May ha annunciato le sue dimissioni oggi, 24 maggio 2019, a margine di un incontro con il deputato Graham Brady, presidente del Comitato 1922, potente organismo organizzativo parlamentare del suo partito.

May lascerà il suo incarico il prossimo 7 giugno ma rimarrà in carica finché il partito non sceglierà un successore.

"Ho fatto del mio meglio per assecondare il voto popolare sulla Brexit, negoziare un buon accordo e ho fatto tutto ciò che ho potuto per convincere i parlamentari a votarlo ma non ci sono riuscita. Ci ho provato tre volte. Penso sia stato giusto, ma credo sia nell'interesse del Regno Unito avere ora un nuovo leader. Annuncio che mi dimetterò il 7 giugno prossimo, il processo per una nuova leadership dovrà iniziare nelle prossime settimane. Sarà per sempre motivo di grande rammarico per me non essere riuscita a concretizzare la Brexit. Per riuscirci, il nuovo primo ministro dovrà trovare consenso in Parlamento, ma solo se entrambe le parti saranno disposte a scendere a compromessi. La vita dipende dai compromessi", ha detto Theresa May nella conferenza stampa all'esterno del n. 10 di Downing Street, Londra. "Il referendum non è stato solo una richiesta di lasciare la Ue, ma anche di effettuare profondi cambiamenti nel Regno Unito".

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Alla fine del suo discorso, dopo aver rivendicato i successi del suo esecutivo, la leader Tory è stata sopraffatta dall'emozione e dalle lacrime: "è stato un onore "servire il Paese che amo", le sue ultime parole.

Ieri, 23 maggio, si era recata con il marito Philip al seggio di Sonning per votare alle elezioni europee.

Theresa May era ormai isolata dopo l'ultimo fallimentare tentativo di trovare un compromesso trasversale a Westminster per far ratificare la legge attuativa della Brexit. Rimetterà il mandato alla guida dei Conservatori per consentire l'avvio delle procedure interne d'elezione d'un successore destinato poi a subentrare anche come primo ministro. May sarà quindi in carica per la visita di Stato del presidente Usa, Donald Trump, atteso nel Regno dal 3 al 5.

La scelta di un nuovo leader Tory e la procedura di nomina automatica a premier potrebbe durare in totale sei settimane. Un tempo nel quale May potrebbe, stando al Times, tentare comunque di proporre ancora un disperato voto parlamentare sulla Brexit.

REUTERS/Toby Melville

Theresa May si dimette: una premiership definita e distrutta da Brexit

Theresa May alla guida del Regno Unito: le tappe fondamentali

Il 13 luglio del 2016 inaspettatamente Theresa May diventa il primo ministro britannico. È la seconda donna a ricoprire questo ruolo. Dichiaratamente filoeuropea e contraria alla Brexit la aspetta un compito arduo traghettare il Paese fuori dal club comunitario, dirà: non voglio essere solo la premier della Brexit. Voglio esere la premier di tutti. E promette di riportare equilibrio nella società d'Oltre Manica.

"Uscendo dall'Unione europea, ci ritaglieremo un nuovo ruolo nel mondo e il nostro Paese sarà per tutti e non solo per pochi privilegiati".

Nel gennaio del 2017 ,Theresa May annuncia l'uscita del Regno Unito dal mercato unico ma assicura la firma di nuovi accordi commerciali con i 27 e la totale indipendenza rispetto alla giurisdizione comunitaria.

"Non negozieremo la Brexit pensando che i negoziati possano fallire piuttosto ne anticiperemo il successo. Perché siamo una grande nazione che ha ancora tanto da offrire al mondo".

L'attivazione dell'artico 50 del Trattato di Lisbona

A marzo del 2017 Theresa May attiva l'articolo 50 del Trattato di Lisbona, atto ufficiale per l'uscita dall'Unione che ha innescato i negoziati con Bruxelles. Il mese successivo convoca elezioni generali, nel tentativo di rafforzare la maggioranza in parlamento, ma i calcoli elettorali di May si rivelano sbagliati. O meglio, i conservatori di Theresa Maysarrivano primi ma non hanno la maggioranza assoluta.

Una vittoria che è in realtà una sconfitta. La premier infatti sperava di accrescere il vantaggio del partito Tory in Parlamento per avere maggiore libertà di movimento nei negoziati con l'Unione europea. Che si riveleranno più difficili di quanto atteso e e si concluderenno nel novembre del 2018 con la stesura di un faldone di 500 pagine. DA sottoporre al voto dei parlamentari.

Voleva non essere solo la premier della Brexit, e invece...

Di fronte al malumore dei parlamentari e a un possibile voto contrario all'accordo, May decide di fare slittare il voto, che si trasforma invece in una mozione di sfiducia voluta da una frangia ribelle dei Conservatori. Il governo May supera indenne la prova, ma la parabola discendete della premier britannica è appena iniziata.

A gennaio, quando il piano viene presentato in Parlamento, la Camera dei Comuni lo boccia. ll Parlamento britannico affonda il piano di Theresa May con 432 no e 202 a favore.

L'accordo viene presentato ai Comuni altre due volte e neppure la promessa di May di dimettersi fa presa sui più recalcitranti.

Intanto i due anni per i negoziati previsti dai trattai europei stanno per arrivare a scadenza naturale, il 29 marzo il processo Brexit deve chiudersi. Così non è e May deve chiedere a Bruxelles altro tempo.

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Ma non è tutto, è costretta a aprire un tavolo negoziale con il leader laburista Jeremy Corbyn per riuscire a elaborare un piano alternativo. I laburisti non le tenderanno la mano e i suoi non le perdonano di aver inserito nel piano una clausola che prevede un nuovo referendum Brexit.

Così come Margaret Thatcher, John Major and David Cameron, anche Theresa May cade in disgrazia anche perché tradita dai falchi del suo stesso partito.

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