"Qual è il tuo vero sogno?" Cinque persone raccontano come si vive con il disturbo bipolare

"Qual è il tuo vero sogno?" Cinque persone raccontano come si vive con il disturbo bipolare
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Di Lillo Montalto MonellaRedazione digital
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"Prendetevi cura di noi come dei bimbi: siamo la punta di un iceberg di un mondo che non riesce a curare neanche se stesso". Cinque storie di vita di cinque persone bipolari in Italia, Spagna, Regno Unito, Russia e Turchia.

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Il 30 marzo di ogni anno è la Giornata mondiale del disturbo bipolare. L'obiettivo è quello di ridurre i forti pregiudizi sociali che ancora oggi gravano sulle persone a cui è stato diagnosticato.

Leggi anche: L'ultimo studio: Cos'è il disordine bipolare, tra neurobiologia e genetica

Per marcare la ricorrenza abbiamo deciso di dare voce ad alcune persone bipolari di ogni età, provenienti da ogni angolo d'Europa. La data del 30 marzo è stata scelta per ricordare la nascita di Vincent Van Gogh, la cui storia personale delinea un quadro che, con altissime probabilità, oggi sarebbe diagnosticato come disturbo bipolare.

Abbiamo fatto a tutti loro queste domande: 1) quando e come hai scoperto di essere bipolare? 2) come ti sei sentito in quel momento? 3) I tuoi amici e i tuoi familiari lo sanno? 4) come hanno reagito? 5) Come convivi oggi con questo disturbo.

Queste sono le loro risposte, che vale la pena leggere da cima a fondo.

Donato Benucci da Prato

Italia: Donato Benucci, 63 anni, di Prato, facilitatore nei gruppi di auto mutuo aiuto con la sua onlus On The Road Again

"Nel giugno 1990 mi sono svegliato una mattina pensando che la mia ex moglie volesse uccidermi, d'accordo con mia figlia e l'amante. Non è stata una semplice immaginazione durata mezz'ora, ma convincimento vero, un attacco di panico. Sono scappato per giorni. Ovviamente quando uno dà fuori di testa non è così semplice come quando uno si rompe una gamba: in famiglia si sono spaventati, come me. Alla fine il percorso ti porta sempre dallo psichiatra, quasi sempre pubblico. Dopo qualche settimana, con la pressione dei familiari che volevano sapere, è uscita la diagnosi. La prima, testuale, è stata: carenza affettiva bipolare mista maniacale. La parte sulla carenza affettiva mi tranquillizzava, quella maniacale un po’ meno. Purtroppo il mio disagio forte è stato cronicizzato in una diagnosi presunta. Il rapporto anima-corpo-mente in questi casi va in tilt e prevale l’istinto, che è guidato dalle emozioni. Non era mia moglie che mi stava uccidendo, ma ero io che non riuscivo ad uccidere il contesto in cui non stavo bene, il contorno. Le cose non andavano tra me e lei, la tradivo, volevo fare carriera in una direzione che non faceva per me".

"Questo succedeva 30 anni fa, mi fidavo dei medici. Per 20 anni ho seguito solamente il percorso farmacologico, ma dove vai così? È come quando avviene uno tsunami intorno a te: cerchi di spegnere l'interruttore ma non funziona, l'acqua è sempre lì. Poi ho abbandonato quel farmaco - compensandolo con altri - e sono stato meglio. Tre righe di psichiatri e assistenti sociali mettono in moto un meccanismo per cui una persona vulnerabile diventa fragile".

"Negli anni ho avuto manie salvifiche, mi ritenevo in grado di salvare il mondo. Non riuscivo a risolvere i miei problemi razionalmente e lo facevo con l'istinto, anche andando in panico. In queste occasioni si esaltano i difetti di ognuno, purtroppo. Ho avuto episodi di rabbia, la pentola in questi casi esplode anche per una bischerata. I bipolari sono macchine potenti, quando si caricano di nuove energie poi esplodono".

Prendetevi cura di noi come dei bimbi: siamo la punta di un iceberg di un mondo che non riesce a curare neanche se stesso

"E così il mondo ti salta addosso, in maniera benevola, e tutti si sentono in dovere di consigliarti, ravvederti. Vieni messo sotto una lente di ingrandimento per cui è quasi impossibile essere felice. Se lo sei, sembra un prodromo di una mania. Tutto ciò è invalidante. Ho perso tanti amici. Ci appiccicano un codice a barre sulla schiena e tutti si sentono in dovere di farci click. Nessuno mi ha chiesto: perché fai così? Qual è il tuo vero sogno? Come posso aiutarti a realizzarlo? Neanche i miei familiari. Forse la mia ironia mi ha impedito di impazzire. Sono stato considerato fin da subito un malato, nessuno ha spiegato che la mia non era una malattia, ma un disagio".

"Dopo aver rotto tanti cocci, la vita ti regala un'altra chance. Ho rotto i rapporti con mia figlia di 45 anni ma riesco a guardare indietro senza rabbia. Ora sono formatore, sindacalista, ho ritrovato me stesso in quello che mi piace fare. Cerco non tanto di salvare la vita di qualcuno, ma di aiutarlo a non farlo sentire ingombrante. Mi piace ancora sognare e brevettare questi sogni. Mi manca poco alla pensione ma non ho difficoltà economiche vivendo in camper. Mi muovo spesso per andare a trovare gli amici, ho riscoperto questa gioia".

"Per noi l’importante è poterci ritrovare in qualcosa che vogliamo davvero. Bisogna che la collettività ci riconceda degli spazi per poterli autogestire, bisogna cambiare i protocolli e riscrivere le regole. Bisogna partire da questo presupposto: “Se curi puoi vincere o perdere, se ti prendi cura puoi solo vincere”. C’è bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi come se fossimo bimbi, questo si diventa quando si è bipolare [si commuove] Bisogna che la collettività ci aiuti a ricollegarci con quella parte lì che è rimasta indietro e non è potuta crescere. Se ho un sogno, è inutile che mi venga inculcato quello di qualcun altro. Dobbiamo essere aiutati a ricostruire il nostro. Ma nella nostra quotidianità è difficile parlare del nostro disagio in un contesto non accogliente e giudicante. Siamo la punta di un iceberg di un mondo che non riesce a curare neanche se stesso".

Regno Unito: James Trevelyan, 42 anni, Londra, funzionario di supporto a Bipolar UK

James Trevelyan, Londra

"Ho scoperto di essere bipolare nel 2004, dopo molte diagnosi sbagliate nel corso di un decennio. In quegli anni sono stato progressivamente peggio, isolato e impossibile da assumere per un lavoro. Ho iniziato un percorso di cura fai-da-te con la marijuana per sfuggirne. La cosa è culminata in una psicosi indotta dalle droghe, che mi ha lasciato molto vulnerabile, soggetto ad abusi e sfruttamento. Sono stato internato per la prima volta durante questa psicosi, lasciato andare troppo presto e sono piombato in depressione psicotica. Nell'ottobre 2004, mi sono lanciato dalla finestra del secondo piano e sono atterrato sulla testa. Ho avuto serie ferite per il trauma e sono stato fortunato a sopravvivere. Il tentativo di suicidio mi ha sfigurato, mi ha lasciato profondamente depresso e determinato ad impiccarmi una volta uscito dall'ospedale psichiatrico. Lì mi hanno diagnosticato il disturbo bipolare. Ho avuto un leggero senso di sollievo allora perché sospettavo la malattia da qualche tempo, e tutto è stato allora più chiaro. Nel 2006 ho avuto una chirurgia plastica che ha ampiamente migliorato la mia deformazione fisica e ho iniziato il volontariato. Ora sono sposato e mia moglie mi aiuta molto. Abbiamo una bambina di 18 mesi. Ho un piccolo gruppo di amici che sanno della mia diagnosi e mi sono vicini, assieme ai miei colleghi di Bipolar Uk. Nonostante gli eventi traumatici che ho vissuto, da cui non mi riprenderò mai per davvero, vedo come positivo il mio essere bipolare. Senza tutte queste esperienze, non sarei stato in grado di svolgere il mio lavoro come funzionario di supporto ai più alti standard che mi sono prefissato".

Spagna: donna di 62 anni di Las Palmas de Gran Canaria che preferisce rimanere anonima

"A 24 anni sono andata incontro ad un periodo di euforia e ho deciso di lasciare la mia attività ad un'altra persona e viaggiare verso un'altra isola. Allarmata da un cambio d'umore così repentino, i miei amici hanno chiamato la mia famiglia e sono venuti a riprendermi e riportarmi indietro. Stavo vivendo una così chiara psicosi maniaco-depressiva che mi hanno fatto la diagnosi al telefono, anche se i dottori non me l'hanno comunicato finché non sono stata ricoverata in ospedale. Quando i medici mi hanno detto che ero bipolare, è stata dura accettarlo: da un giorno all'altro passi dall'essere una persona normale ad una persona con problemi mentali. La mia famiglia non ha reagito bene, neanche con il passare degli anni. Ho preferito scappare da loro perché sentivo il loro biasimo per il mio disordine mentale e pensavano che non fossi stata in grado di prendermi cura di me stessa. Ma non è così. Con gli anni e le medicine, che nel tempo hanno avuto pochi effetti collaterali, ho vissuto lunghi periodi di stabilità, interrotti talvolta da momenti di forte stress dovuti, per esempio, dalla morte di mia madre o dal divorzio da mio marito. Ho i miei trucchetti per convivere con questa malattia. Quando sento arrivare un periodo di depressione, mi forzo a fare una passeggiata sulla spiaggia e nuotare nel mare; quando il mio umore inizia ad "accelerare", resto a casa e lo controllo. Lo stigma sociale è molto presente, tuttavia. Sono una farmacista, non posso dire alle persone che sono bipolare. So che non capirebbero, perderebbero la fiducia in me. C'è ancora tanto bisogno di sensibilità culturale a riguardo".

Ashley Izhevsk dalla Russia

Russia: Ashley Izhevsk (pseudonimo), 28 anni, studente (si considera di genere neutro e preferisce l'uso del maschile)

"Il mio primo incidente è stato quando avevo 18 anni, studiavo medicina. Ho avuto un declino molto rapido, avevo paura di uscire di casa e una fobia delle persone immotivata. Non capivo cosa mi stava succedendo e ho smesso di studiare, lasciando l'università. Quindi il mio umore ha iniziato a fare su e giù, ho cercato di ritrovarmi per molto tempo, cambiato tanti tipi di lavoro. Ho vissuto a San Pietroburgo, Mosca, Novosibirsk. Ogni periodo di mania è iniziato quando ho lasciato un posto e ricominciato da zero. Sospettavo di essere bipolare molto prima della diagnosi, che è arrivata l'estate scorsa dopo un tentativo di suicidio. Le mie condizioni sono peggiorate dopo il trasferimento nella regione di Sverdlovsk nel 2017. Erano i sintomi tipici della fase depressiva, quando non riesci neanche ad alzarti dal letto e non vuoi fare nulla. La vita perde completamente significato. Sono rimasto in questo stato per sei mesi e ho pensato che se forse non era il caso di continuare a vivere in queste condizioni. Il mio partner mi ha spinto a fare qualcosa. Quando non ero a conoscenza della mia malattia, le fasi maniacali mi sembravano darmi una sorta di superpotere. Mi sembrava di essere diverso da tutti gli altri e fare le cose meglio. Una sensazione bellissima. Cominci a fare cose diverse a cui non ti interessavano prima, conoscere nuove persone. Ad una valutazione attenta, si spendono molte più energie del normale. All'epoca mi bastavano 3-4 ore di sonno, un sonno agitato. Il cervello continua a funzionare di continuo. A poco a poco le persone intorno a me iniziavano a infastidirsi. Quando non erano d'accordo con le mie idee, reagivo aggressivamente. Non riesci ad essere obiettivo in quei momenti. Sono riuscito a raggiungere stati di intermittenza solamente con le medicine. Quando gli antidepressivi hanno iniziato a fare effetto, mi sono ritrovato in una fase neutra, tabula rasa, come le persone normali. Per me è stata quasi una rivelazione. Ho pensato: ecco come funzionano le persone normali, non ne ho avuto idea per quasi 28 anni di vita. I miei colleghi non sanno del mio problema, non sono pronto per parlarne. Chiunque abbia disturbi mentali viene stigmatizzato. Per quanto possa essere aperta una persona, la società è sempre chiusa. Il mio partner naturalmente lo sa, mi tiene monitorato, gli sono grato. Ci sono state difficoltà coi miei genitori, tutte le mie mosse venivano percepite negativamente, non c'è stata comprensione. Ma ora è tutto alle spalle. Dopo la diagnosi ufficiale, mi hanno aiutato. Ora sono pronto per fare il test di ammissione all'università dalla quale sono stato espulso per colpa del mio problema".

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Ozlem Sari, Turchia

Turchia: Ozlem Sari, 48 anni

"Avevo 15 anni ed era l'ultimo giorno di scuola. Non ero riuscita ad avere la lettera di merito per i risultati scolastici per solo un punto. Fu un'esperienza stressante, la notte non riuscii a dormire. Appena ho mostrato segni di depressione, la mia famiglia mi ha portata da uno psichiatra. Dopo poco tempo è arrivata la diagnosi: disordine bipolare. Ci convivo da 33 anni. Pochi anni ha ho fondato un'associazione per creare consapevolezza nella mia comunità e costruire ponti tra pazienti, famiglie e associazioni. Organizzo attività per far sì che le persone con disordine bipolare non vengano stigmatizzate dalla società. Ora ho 48 anni, sono sposata e ho un figlio. Mi ci sono abituata."

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