Referendum FYROM: sarà un movimento popolare a far saltare l’accordo Skopje-Atene?

Referendum FYROM: sarà un movimento popolare a far saltare l’accordo Skopje-Atene?
Diritti d'autore Courtesy of inicijativa_bojkotiram
Diritti d'autore Courtesy of inicijativa_bojkotiram
Di Irene Dominioni
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button

Sul web spopola la campagna di boicottaggio #Bojkotiram contro il voto in programma domenica 30 settembre

PUBBLICITÀ

Il 30 settembre nell’Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia si terrà un referendum per cambiare il nome del paese, che diventerebbe “Repubblica della Macedonia del Nord”.

Si tratta di una disputa pluriennale che contrappone Atene - che chiede che il nome Macedonia si applichi soltanto ad una delle sue regioni settentrionali - a Skopje - che vuole mantenere quel nome.

Qual è la posta in gioco?

L’orgoglio nazionale, la risoluzione dell’impasse, e possibilmente un posto all’interno dell’Unione europea e della NATO.

REUTERS/Ognen Teofilovski
Il primo ministro della Repubblica macedone Zoran Zaev a Prilep, Macedonia durante un comizio in favore del referendumREUTERS/Ognen Teofilovski

“Posso capire che le persone siano contrarie a questo accordo. Ma dovrebbero comunque andare a votare. Quando la propria nazione chiama, ogni cittadino ha la responsabilità di esprimersi”. Il primo ministro della Macedonia Zoran Zaev sa che il suo paese è in un momento cruciale della propria storia.

Dopo aver abbattuto nel 2016 il decennio di governo nazionalista del precedente premier Nikola Gruevski, il leader socialdemocratico filo-occidentale era stato accolto come colui che avrebbe finalmente risolto la disputa trentennale con la Grecia, che finora ha impedito alla Repubblica di Macedonia di essere integrata nelle istituzioni europee. Ma ora il leader del governo deve affrontare un’altra sfida: #Bojkotiram, un movimento popolare che sta battagliando per boicottare il referendum.

Fin da quando l’Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia ha dichiarato l’indipendenza dalla Jugoslavia nel 1991, infatti, la Grecia le ha impedito di entrare a far parte dell’Unione europea e della NATO sulla base del fatto che il nome che l’amministrazione aveva scelto, Repubblica di Macedonia, comportava delle pretese sui propri confini, la propria storia e la propria cultura. A giugno, però, il primo ministro greco Alexis Tsipras ha acconsentito a togliere il veto sull’integrazione europea del paese, spianando la strada per una risoluzione della storica controversia.

L’accordo, però, è condizionale: i cittadini macedoni dovranno prima approvare il cambio di nome. E anche se il sostegno per l’integrazione europea è da sempre alto nel paese, secondo gli ultimi sondaggi sembra che il 30% dei cittadini sia ancora indeciso sul proprio voto. Sono in tanti a vedere un cambio di nome obbligato come ingiusto, soprattutto per via del requisito ‘erga omnes’, che comporterebbe l’uso del nuovo nome sia a livello internazionale che internamente al paese, ed è problematica anche la formulazione della domanda del referendum, poiché lega la questione del nome direttamente all’adesione all’UE e alla NATO. Non è raro, infatti, che molti cittadini siano a favore della seconda opzione e contrari alla prima.

Ciò che è iniziato come una scelta personale di astenersi dal voto si è velocemente trasformato in una campagna di boicottaggio ben strutturata chiamata #Bojkotiram, che letteralmente significa “Io boicotto”. Partita da un semplice hashtag sui social network, la campagna ha raccolto nel giro di qualche mese grande consenso tra i macedoni, tanto che ora viene vista come un movimento organizzato, malgrado non abbia una gerarchia né un leader. L’entusiasmo ha pervaso la sfera pubblica, tra manifestazioni, magliette stampate e murales disegnati in giro per la capitale Skopje. Il cuore del movimento rimane però nella rete, dove ogni giorno vengono condivisi tweet bellicosi e post raffiguranti simboli nazionalisti.

Courtesy of Insta: inicijativa_bojkotiram
Un attivista nasconde il volto in foto, facendo con la mano il simbolo irredentista del movimento della ‘Macedonia unita’Courtesy of Insta: inicijativa_bojkotiram

Non è chiaro chi abbia avviato per primo la campagna, né quando sia successo, ma non c’è dubbio che le voci dominanti siano quelle della destra. Ciò nonostante, ad animarlo non è il principale partito conservatore del paese, VMRO DPMNE, ora all’opposizione: la linea rispetto al referendum è stata di invitare i cittadini a comportarsi come meglio credono.

“Se quelli di VMRO non sostengono Bojkotiram sono fuori dai giochi” dice Saso Pangovski, un attivista di estrema destra su Twitter, intervistato da Euronews. I suoi messaggi complottisti, anti Soros e apertamente pro Trump riflettono l’essenza del movimento. La rana Pepe the frog che sbuca sul sito ufficiale del movimento sembra allinearlo con l’ideologia alt-right, ma sarebbe una rappresentazione fuorviante: chiunque può far parte del movimento, al di là del proprio credo politico.

Dimitar Dzundev, studente ed esponente di un gruppo giovanile conservatore, rifiuta l’etichetta anti-occidentale: “La maggior parte di noi ha studiato all’estero, abbiamo una mentalità europea e crediamo nella democrazia”. Secondo Dzundev, se la campagna di boicottaggio dovesse prevalere sul referendum, il movimento cercherà di promuovere un nuovo plebiscito, in maniera legale, per “togliere al parlamento il diritto di decidere del nome del nostro paese”.

Vincendo con i numeri, infatti, la campagna di boicottaggio mira a rendere nullo il referendum, evitando di raggiungere il quorum del 50 per cento.

Gli attivisti sostengono che il movimento abbia coinvolto 800.000 persone in un paese che conta 2 milioni di abitanti. Il referendum si terrà domenica 30 settembre.

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

L'ombra delle fake news sul referendum macedone

Macedonia del Nord: code alle stazioni di polizia per i nuovi passaporti

Clima, Grecia: sembra di stare su Marte, è Atene