Due italiani tra i deputati UE che guadagnano più di 100mila euro fuori dal Parlamento

Due italiani tra i deputati UE che guadagnano più di 100mila euro fuori dal Parlamento
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Di Chris Harris
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Transparency International avverte contro possibili conflitti di interessi e mette in guardia contro i parlamentari che non prestano sufficiente attenzione alla loro attività a Bruxelles

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Dieci deputati al Parlamento europeo hanno raccolto in media oltre 100mila euro l'anno da seconde occupazioni o provenienti da redditi che nulla hanno a che fare con l'attività parlamentare. Tra essi, due italiani, Renato Soru e Remo Sernagiotto. 

Lo rivela Transparency International, sostenendo che la pratica del "moonlighting" crei conflitti di interesse e impedisca ai rappresentanti eletti di dedicare tempo sufficiente al servizio dei propri elettori.

I deputati al Parlamento europeo percepiscono già una retribuzione annua al lordo delle imposte di 101.808 euro, un importo forfettario di 52.992 euro e una serie di altri benefit. 

Facendo due calcoli, i 10 deputati che guadagnano in media più di 100mila euro l'anno da business esterni arrivano a fine mese ad avere un reddito totale di oltre 250mila euro.

L'europarlamentare italiano Renato Soru, fondatore di Tiscali, è colui che nel 2014 ha dichiarato di più. Dal 2014 ha guadagnato in media almeno 386.875 euro all'anno: il suo reddito annuo totale supera il mezzo milione di euro.

L'eurodeputato belga Guy Verhofstadt, coordinatore Brexit del Parlamento europeo, è il terzo nella lista, con un reddito esterno di almeno 230.154 euro l'anno.

Nigel Farage, che da quando due anni fa ha condotto con successo una campagna per Brexit ha lasciato la guida dell'Ukip e ha iniziato a lavorare nel mondo dell'informazione, ha raccolto in media 147.512 euro all'anno negli ultimi quattro anni.

"I redditi esterni possono potenzialmente essere utilizzati per indirizzare pagamenti ai membri in cambio di informazioni privilegiate o di azioni legislative", ha scritto Transparency International nel suo rapporto. "Possono anche essere utilizzati per campagne illecite o per il finanziamento dei partiti".

"Nel 2011, tre eurodeputati sono stati beccati da giornalisti sotto copertura mentre accettavano pagamenti per mettere sul tavolo dei particolari emendamenti".

L'organizzazione sostiene che, da quello scandalo, la pratica del "secondo lavoro" è stata regolamentata. Ma, nonostante l'introduzione di un codice di condotta, il controllo è stato debole, afferma Transparency International.

Le preoccupazioni riguardano anche la pratica di versare agli eurodeputati una somma forfettaria per coprire le spese generali senza che questi debbano giustificare come sono stati spesi questi soldi.

Un gruppo di giornalisti investigativi ha lanciato una campagna per convincere il Parlamento Europeo a rivelare come i deputati spendono l'indennità.

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